Negli Stati Uniti per la prima volta durante un esperimento di fusione nucleare è stata prodotta più energia di quanta ne sia stata utilizzata per generare la reazione di fusione. In un esperimento condotto presso la Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) sono stati prodotti tramite fusione a confinamento inerziale 3,15 MegaJoule (MJ) a fronte dei 2,05 MJ iniettati dal laser. Adesso le centrali elettriche a fusione nucleare non sono più solo un’ipotesi teorica. L’energia pulita, su vasta scala e da fonte praticamente inesauribile potrebbe non essere più una chimera.

Cosa permetterà la fusione nucleare

Sino a qualche settimana fa le centrali nucleari a fusione erano una ipotesi avveniristica che si scontrava con le difficoltà nel controllare reazioni che avvengono normalmente solo nelle stelle.  Con il risultato raggiunto dai ricercatori della National Ignition Facility NIF sembra non essere più così.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Il risultato dell’esperimento condotto al LLNL e poi comunicato dal Dipartimento dell’Energia USA segna un momento di svolta nella ricerca sull’energia nucleare pulita. 1,10 MJ in più rispetto ai 2,05 MJ necessari per avviare le reazioni di fusione nucleare mostrano al mondo che è possibile non solo avviare la fusione nucleare ma anche trarre energia da essa. Proprio questo risultato rende le centrali nucleari a fusione una realtà più che plausibile.

Usato il laser più grande del mondo

Per alimentare tutti i dispositivi necessari per dare potenza al laser utilizzato dai ricercatori del NIF sono comunque stati necessari 300 MJ di energia: quasi quanto consumano gli Stati Uniti. Quello della LLNL è il laser più grande e potente al mondo: è stato necessario un laser delle dimensioni di un campo da calcio per  sparare i 2,05 MJ nella capsula contenente gli atomi di deuterio e trizio e far raggiungere le temperature necessarie per indurre il processo di fusione nucleare.

Come saranno le future centrali a fusione

I ricercatori del NIF hanno affermato che LLNL non è una centrale, ma un centro di ricerca che ha utilizzato tecnologie sviluppate negli anni ’90, meno efficienti delle future. Per vedere centrali a fusione in funzione l’attesa è nell’ordine temporale dei trent’anni e dovranno, tra l’altro, essere più semplici, voluminose e resistenti. 

Le centrali a fusione sono speranza non solo per l’effettiva decarbonizzazione, ma anche per evitare catastrofi radioattive dall’impatto globale, come accaduto nelle centrali nucleari a fissione di Chernobyl, Fukushima, Three Mile Island e rischi come a Zaporizhzhia. La fusione nucleare non è la fissione. Non solo non produce CO2, scarta il rischio di radiazioni letali e rifiuti pericolosi per territori e popolazioni e che sono difficili da contenere per secoli se non per migliaia di anni.

Fusione, un vantaggio strategico per gli USA

Il risultato raggiunto alla LLNL non apre solo la strada a questo tipo di centrali elettriche, concede agli USA anche un vantaggio strategico: quello nella distribuzione di energia su scala globale. Il numero di centrali a fusione attive sarebbe molto ridotto al netto dell’enorme quantità di energia da esse prodotta. Il loro sviluppo è complesso e necessitano di una rete energetica preesistente.  Anche il trizio, elemento che insieme al deuterio è necessario per le reazioni di fusione e raro in natura, ne limita la diffusione.

Perché il trizio è l’elemento più caro al mondo

Il trizio è l’elemento più costoso presente sulla Terra, è utilizzato nelle bombe termonucleari come combustibile con la stessa logica della benzina nel Napalm, la bomba tragicamente conosciuta con la guerra in Vietnam. Il trizio costa perché è prodotto, per adesso,  solo tramite irradiazione del litio o dall’acqua pesante usata dalle centrali nucleari a fissione delle prime generazioni. Di queste ne rimangono poche e si trovano solo in Russia, ma con l’occidente non corre buon sangue, in India che però ne ha vietato la vendita all’estero ed in Canada che invece la permette solo per scopi pacifici.

Il Lawrence Livermore National Laboratory, anche per questo, ricopre una certa importanza nel settore difesa, permette, infatti, tramite il confinamento inerziale, test termonucleari senza la necessità di esplosioni atomiche. Cosa, quest’ultima, molto comune nel secolo scorso.

Una buona notizia anche per l’ITER

L’approccio statunitense è profondamente diverso da quello europeo e cinese, dove si utilizza il confinamento magnetico che è invece di grande importanza civile, ma di scarsa importanza per il settore difesa. Nonostante questa tecnologia non produca ancora più energia di quella consumata, i tokamak del confinamento magnetico permettono reazioni di fusione per tempi prolungati.

Il risultato del confinamento inerziale della LLNL ha comunque dimostrato che produrre energia tramite fusione è possibile ed è di buon auspicio anche per l’approccio europeo impiegato nel grande progetto ITER International Thermonuclear Experimental Reactor, la più grande centrale a fusione al mondo in costruzione in Francia che avvierà il proprio tokamak dal 2025.

Leggi anche:

Cosa prevede il progetto europeo Fit For 55

Avvenuto con successo il primo esperimento sulla fusione nucleare negli Usa. E l’Italia non resta indietro

Condividi su:
Pasquale De Salve

Pasquale De Salve

Sono laureato in Filosofia e scrivo per passione. Qui scrivo di ambiente, politica, diritti e qualche volta anche di altro. Cerco di intendere il mondo per quello che è, ma di utilizzare quelle poche parole che ho a disposizione perché possa migliorare. Il suo cambiamento, però, dipende dallo sforzo di ognuno di noi!

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici