In un sistema penitenziario, come quello italiano, in cui il problema strutturale del sovrappopolamento delle carceri è cronaca quotidiana e la violazione dei diritti elementari dei detenuti ne è la drammatica conseguenza, sembrerebbe impossibile pensare alla pena come a un’opportunità di rieducazione.  Eppure, non sono poche le realtà e le persone che operano, con perseveranza e passione, in questa direzione.

imagesXVOWNLMWE’ questo il caso del Giudice di Sorveglianza Roberta Cossia,  fra i dieci vincitori della XIII edizione del premio “Il Campione”, istituito dal fondatore e presidente dei City Angels Mario Furlan: il costante impegno nella battaglia per il recupero dei detenuti e per la difesa dei loro diritti elementari le è valso il riconoscimento di “Campione per la Legalità” 2013. Convinta dell’importanza di conoscere la vita dei detenuti dall’interno, lo scorso ottobre Roberta è entrata a far parte del coro del Reparto “La Nave” del carcere di San Vittore a Milano, sezione destinata ai detenuti tossicodipendenti; il coro, diretto da Maria Teresa Tramontin, è attivo da dieci anni e riscuote un grande successo presso i carcerati.

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Roberta ci racconta, con passione, quella che considera “l’esperienza più bella e umanamente ricca di significato vissuta in 24 anni di magistratura”. Negli anni, ha sempre partecipato alle feste organizzate nel Reparto, convinta che la presenza di magistrati di sorveglianza in queste occasioni possa dare un po’ di coraggio sia ai detenuti che agli operatori che ci mettono il cuore e l’anima. “A giugno dello scorso anno li ho sentiti cantare ‘Va Pensiero’ e ho avuto  una specie di folgorazione: erano anni che pensavo sarebbe stato importante provare a stare in mezzo a loro durante una di queste attività che noi chiamiamo ‘trattamentali’ – perché questa è la terminologia dell’ordinamento penitenziario – ma che di fatto consistono nelle attività che gli educatori e gli operatori dei reparti organizzano proprio a scopo rieducativo; erano anni che ci pensavo, perché avevo capito da tempo che è fondamentale per loro pensare di essere ascoltati, pensare che sia possibile rientrare nella società civile, pensare che esiste e deve esistere una chance per tutti; pensare, soprattutto, che questo pezzo di strada si può fare insieme, ognuno con il proprio ruolo, naturalmente, ma insieme”.

Dalla folgorazione iniziale alla decisione di diventare parte attiva del coro il passo è stato breve. Dopo il parere positivo della Responsabile del Reparto, la dott.ssa Grazia Bertelli, e la necessaria autorizzazione della Direzione, Roberta Cossia ha sostenuto, l’ottobre scorso, la sua prima audizione, alla presenza della direttrice del coro Maria Teresa Tramontin, mezzosoprano del Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi, del violinista Carlo De Martini e del pianista Pietro Cavedon:  “E’ stata un’esperienza emozionante; quando sono andata quella mattina all’audizione e alla prima prova, i detenuti forse non pensavano che sarei stata presente a tutte le prove successive e, invece, non ne ho mancata una”.

L’attività del coro, così come le altre iniziative rieducative all’interno del Reparto La Nave, hanno un alto valore formativo e una grande valenza rieducativa per le persone che vi partecipano. Sono la conferma di come la pena possa diventare una concreta opportunità di recupero per i detenuti: “Molti di loro sono in custodia cautelare, per cui normalmente si pensa, a livello di amministrazione penitenziaria, che non abbia senso investire energie per attività di recupero nei confronti di soggetti che, anche solo ipoteticamente, potrebbe essere assolti un domani; ma il Reparto della Nave è la dimostrazione del contrario: i numeri dicono che l’aver intercettato delle persone spesso alla prima esperienza detentiva ha fatto sì che non rientrassero mai più in carcere e questo, a livello di sicurezza sociale, è un risultato straordinario. Quanto al coro, ho capito che è un’esperienza veramente formativa sotto molti punti di vista:  perché cantare insieme agli altri insegna, prima di tutto, a rispettarsi l’un l’altro, a non prevaricare il prossimo e soprattutto a rispettare le regole, cosa questa non comune; per molti significa anche un grande rinforzo di autostima, perché cantare ai concerti dà una soddisfazione enorme soprattutto a persone che, come loro, provengono spesso da realtà disastrate”.

Conoscere la vita dei detenuti dall’interno, mescolarsi alle loro vite, è stata e continua ad essere un’esperienza di grande valore umano e professionale per Roberta Cossia: “Per quanto mi riguarda, nel coro, ci tengo ad essere considerata una di loro e sono sicura che lo hanno capito benissimo; essere dall’altra parte del tavolo mi fa bene, mi aiuta a considerare le persone per quello che sono, delle persone, appunto”.

“Personalmente penso che la giustizia, i giudici in generale, debbano uscire, per quanto possibile, dalla mentalità vendicativa, dal concetto retribuzionista della pena che è stato dominante in particolare nell’ultimo quarto di secolo, soprattutto perché i risultati che sono stati ottenuti con le misure alternative alla detenzione e con i benefici penitenziari – il ricorso cioè a una giustizia un po’ più umana – sono vistosamente migliori in termini di abbattimento di recidiva e, quindi, di maggiore sicurezza per tutti”.

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Chiara Cinelli

Chiara Cinelli

Ho collaborato con BuoneNotizie.it per due anni e ho così potuto presentare la domanda di iscrizione all'albo. Grazie alle competenze acquisite nel laboratorio di giornalismo, mi sono messa in proprio e oggi mi occupo di ufficio stampa nel settore della salute e dell'arte.

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