Sono 309 i caseifici che lo producono tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena, Bologna e Mantova, oltre 4 milioni le forme vendute nel 2022, 50mila le persone coinvolte nella filiera produttiva, 1.8 miliardi di euro il giro d’affari alla produzione, 2.9 miliardi quello al consumo. Queste le cifre da record del Parmigiano Reggiano, riconosciuto DOP europea nel 1992, ma con origini risalenti a quasi nove secoli fa, a quando alcuni monaci benedettini lo produssero per la prima volta.

Divenne subito popolare per il suo sapore deciso e la sua capacità di invecchiare, migliorando nel tempo. Sebbene il Parmigiano Reggiano sia un pilastro della cucina nostrana, la sua fama si estende ben oltre i confini italiani. Nel 2022 la celebre rivista Taste Alas lo ha decretato il formaggio più apprezzato al mondo.

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Come viene prodotto il Parmigiano Reggiano

Da disciplinare, il Parmigiano Reggiano può essere prodotto solo in determinate zone (provincia di Parma, Reggio Emilia, Modena, e parte di quelle di Bologna e Mantova), e solo i caseifici appartenenti al Consorzio di tutela istituito nel 1934 sono autorizzati ad utilizzare il marchio di fabbrica. Il Consorzio fin dalle sue origini porta avanti l’arte e la tradizione di un’eccellenza alimentare del Made in Italy riconosciuta in tutto il mondo.

Il Parmigiano è molto più di un semplice formaggio stagionato. È il racconto vivente di una terra, di mani sapienti, di antiche tradizioni e di passioni tramandate di generazione in generazione. Fonte di orgoglio per tutti i produttori, costituisce l’esempio più performante del legame profondo tra un prodotto e il suo territorio.

L’attività dei caseifici non si ferma mai, neanche a Natale e Pasqua. Ogni notte e ogni giorno le vasche vengono riempite da centinaia di litri di latte e il siero non utilizzato viene dato in pasto ai maiali del Prosciutto di Parma (questo il networking che autoalimenta le due più note eccellenze emiliane).

Le forme prodotte ogni mattina vengono messe a riposo, tenute sotto sale per ventidue giorni e pronte per i magazzini della stagionatura, veri e propri “santuari” dove questo prelibato formaggio trascorre un periodo vitale della sua esistenza. A seconda del grado di maturazione desiderato, una forma può rimanere nel magazzino per 12, 24, 36 mesi o anche più. Durante questo lasso di tempo, il formaggio subisce trasformazioni chimiche e fisiche che ne intensificano il sapore, la texture e l’aroma.

Dai magazzini di stagionatura alla “battitura”

Dietro ogni magazzino di stagionatura ci sono gli stagionatori, maestri e custodi che con occhio esperto e mano ferma controllano tutte le forme, accertandosi su ogni dettaglio del processo. La loro conoscenza è fondamentale per garantire la qualità e l’autenticità del Parmigiano Reggiano.

Prima di essere messa in commercio, ogni forma viene sottoposta al rigido controllo di un “battitore” ufficiale inviato dal Consorzio di tutela che “ascolta il formaggio” verificandone la qualità. Quando il martelletto (di legno o osso) colpisce la forma, produce un suono. L’esperto può distinguere, attraverso il suono, se il formaggio ha difetti interni come bolle d’aria, spaccature o altre anomalie. Un suono pieno e omogeneo indica una forma perfetta, mentre tonalità diverse rivelano imperfezioni.

In base al suono il battitore stabilisce se la forma sia di prima scelta (e quindi destinata al mercato), di seconda o terza. Nel secondo caso il formaggio, pur presentando dei difetti, può essere commercializzato, ma non può riportare il marchio di Parmigiano Reggiano DOP. Un caseificio del consorzio deve produrre almeno il 90% di forme di prima scelta.
Per 4 milioni di forme prodotte annualmente e destinate alla vendita in tutto il mondo, esistono soltanto una ventina di battitori.

Parmigiano Reggiano, un formaggio sostenibile e “inclusivo”

Il Parmigiano vede una produzione di foraggi che è legata a quella del latte, a sua volta connessa a quella del formaggio. Senza questo equilibrio, la produzione non sarebbe più sostenibile. Gli unici ingredienti utilizzati sono latte, caglio animale e sale, è vietato utilizzare additivi per conservare meglio le forme. Infatti, ogni quindici giorni vengono spostate dalla loro postazione, girate e ripulite da eventuali muffe.

Un rigido processo di produzione e di controllo tutela la qualità del prodotto e l’immagine di un territorio legato alla bontà di questo formaggio “inclusivo”, adatto agli intolleranti al lattosio anche nella sua stagionatura minima di 12 mesi.

Oggi per i consumatori è importante conoscere come un prodotto viene realizzato. Il Consorzio periodicamente organizza “Caseifici Aperti”, iniziativa gratuita rivolta a chi è interessato ad assistere al processo di produzione, scoprirne tutte le fasi e i luoghi, dalla posa delle forme nella stanza del sale ai magazzini di stagionatura. L’esperienza termina con una degustazione dei vari tipi di parmigiano (12, 24 e 36 mesi).

Con la visita guidata in un caseificio si intraprende un viaggio nell’eccellenza italiana, che evoca ricordi e celebra l’arte del saper fare in armonia con il territorio.

 

 

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Mariarita Persichetti

Mariarita Persichetti

Laureata in Management con una tesi in marketing territoriale. Viaggio, scrivo, fotografo e degusto formaggi. Su Buonenotizie.it parlo di progetti sostenibili e innovativi nel turismo, cultura gastronomica e mondo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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