Dai primi anni duemila inizia a prendere forma il concetto di Food Valley, l’area ricompresa tra le province emiliane di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Modena e Bologna, celebre in tutto il mondo per le eccellenze gastronomiche e le tradizioni secolari che si celano dietro a prodotti come il prosciutto crudo di Parma, il Parmigiano reggiano o l’aceto di Modena.

La “Silicon Valley italiana”: come si afferma il distretto agroalimentare della Food Valley

Il turismo enogastronomico in Italia ha un valore significativo e in costante crescita. Secondo recenti stime di Coldiretti, il settore ha raggiunto un valore di oltre 5 miliardi di euro, tornando ai livelli pre-pandemia. Tra le prime dieci eccellenze DOP-IGP italiane per valore di produzione, tre sono prodotte nelle province emiliane.

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Il Parmigiano reggiano, il prosciutto di Parma e l’aceto di Modena sono rispettivamente al secondo, terzo e quarto posto della classifica. Il gradino più alto del podio è del Grana Padano, il quinto posto va alla mozzarella di bufala campana e il sesto alla Mortadella Bologna IGP.

Tutte le eccellenze emiliane, oltre ad avere alla spalle una certa tradizione, contribuiscono significativamente all’economia nazionale sia con l’export che in termini di produzione e impiego. Prodotti iconici che vengono costantemente imitati all’estero (in particolar modo parmigiano e prosciutto di Parma), tanto da rendere necessarie delle apposite normative di contrasto all’Italian sounding, fenomeno che consiste appunto nell’utilizzo (su etichette e confezioni) di denominazioni, riferimenti geografici, immagini, combinazioni cromatiche e marchi che evocano l’Italia e alcuni dei suoi più famosi prodotti tipici.

I dati non lasciano dubbi sull’importanza del distretto agroalimentare emiliano e le circostanze hanno portato a rafforzare naturalmente l’idea di Food Valley. Il concetto si afferma per emulare il modello della Silicon Valley in California, che in Emilia viene applicato all’industria alimentare. Qui la produzione, la ricerca, l’innovazione e la formazione si incontrano e si sviluppano fino a rendere l’intera area un polo di attrazione per gli amanti del cibo, i gastronomi, i professionisti del settore e i turisti, grazie alle tradizioni culinarie radicate e all’alta qualità dei prodotti.

Parma, città creativa Unesco per la gastronomia

In virtù della sua importanza nel campo della produzione agroalimentare, della cultura culinaria e dell’innovazione nel settore, dal 2015 Parma è Città Creativa Unesco per la gastronomia. Un ulteriore importante passo verso la consacrazione della prima Food Valley italiana come distretto enogastronomico di rilevanza mondiale.

A Parma, oltre alla filiera del parmigiano e a quella del prosciutto, ce n’è almeno una terza che riveste un’importanza notevole. Si tratta della filiera ittica e in particolare delle acciughe sott’olio che fin da tempi antichissimi dai porti di Genova raggiungevano la pianura padana attraverso le vie del sale. E negli anni, alla storica Rizzoli che proprio a Parma ha la sua sede principale, si affiancano Zarotti e Delicious, complessivamente responsabili del 70% delle alici sott’olio prodotte in Italia. E sempre a Parma, grazie al genio di Pietro Barilla, è nata la prima produzione automatica di pasta.

I Musei del cibo: l’ultimo prodotto della Food Valley

Per celebrare le eccellenze, accanto alle visite guidate con degustazione nei caseifici, nei prosciuttifici e nelle acetaie, nascono i “Musei del cibo” ad opera dell’associazione omonima costituita nel 2005. Sono in tutto otto, disseminati tra Parma e provincia, e si snodano in un itinerario naturalistico, culturale e gastronomico immersivo con la finalità di promuovere, tutelare e valorizzazione la tradizione agro-alimentare e il patrimonio culturale, artistico ed economico dell’agro-alimentare parmense.

Raccontano la storia della produzione, oltre che del Parmigiano e del prosciutto di Parma, della pasta, del pomodoro e dell’industria conserviera, del culatello di Zibello, del vino, del salame di Felino e del porcino di Borgotaro, unico fungo IGP d’Europa. Tutti questi prodotti valorizzano l’immagine e qualificano l’intero territorio, raccontandone anche l’economia e la cultura locale. Contribuiscono alla costruzione di un nuovo prodotto turistico e all’affermazione di veri e propri itinerari enogastronomici, che si integrano e sviluppano con quelli classici già esistenti sul territorio.

Una spinta in più al turismo enogastronomico

Secondo un’indagine Coldiretti, oltre un terzo della spesa turistica nell’estate del 2023 è stato destinato alla tavola, per un valore superiore ai 15 miliardi di euro. ​

Il 58% dei turisti italiani ha compiuto almeno un viaggio con la principale motivazione legata all’enogastronomia, con un aumento di 37 punti percentuali rispetto al 2016. Questo dimostra l’interesse crescente verso le esperienze enogastronomiche non solo tra gli italiani ma anche europei. Circa 5,5 milioni di cittadini hanno dichiarato di voler fare un viaggio con motivazione primaria enogastronomica​​.

Dato che conferma quanto distretti come quello della Food Valley emiliana, dove tutto ruota attorno al cibo, siano un esempio positivo da emulare nel Paese simbolo dell’enogastronomia mondiale.

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Mariarita Persichetti

Mariarita Persichetti

Laureata in Management con una tesi in marketing territoriale. Viaggio, scrivo, fotografo e degusto formaggi. Su Buonenotizie.it parlo di progetti sostenibili e innovativi nel turismo, cultura gastronomica e mondo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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