La violenza non si esplica solamente nell’aggressione fisica, ma può assumere diverse forme, talvolta sottili, difficilmente individuabili, ma non per questo meno gravi. La manipolazione affettiva è una forma di abuso psicologico presente soprattutto nelle relazioni di coppia, ma non solo: può intercorrere nel rapporto tra genitore e figlio, tra amici, tra colleghi. Il manipolatore affettivo “usa” gli altri per soddisfare i propri interessi, come spiega la Psicoterapeuta Francesca Giove in un suo articolo su UnobravoTuttavia, dalla manipolazione è possibile “salvarsi”, riacquisendo il dominio di se stessi. 

Manipolazione affettiva, la violenza psicologica non è una questione di genere

Sia gli uomini che le donne possono essere vittime di violenza psicologica. Se i dati riferiti al 2022 riportati dall’Istat indicano come la prima forma di abuso subìto dalle donne sia proprio quello psicologico, l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna evidenzia come queste ultime abbiano una maggiore propensione a utilizzare il sopruso psicologico come arma.

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Questo genere di maltrattamento può assumere la forma dell’offesa, dell’umiliazione, ma anche della manipolazione: una violenza che, quando presente, viene agita da persone che rivestono un ruolo significativo nella vita della vittima, la quale difficilmente si accorge di essere manipolata perché, come afferma la dottoressa nel suo articolo, il manipolatore cerca di fare breccia nel mondo emotivo dell’altro, agendo sulla sua sensibilità, sulle ferite passate, sul bisogno di amare e di essere amato.

Il manipolatore affettivo, identikit di un insicuro

La dottoressa Giove mette in luce come la maggior parte delle persone, in certi momenti della vita, possano attuare una strategia manipolatoria per ottenere qualcosa, come ad esempio può accadere da bambini per avere una caramella. La manipolazione, però, può divenire patologica laddove diventi la modalità predominante tramite cui un soggetto interagisce con le altre persone, cercando di ridurle a oggetti su cui esercitare il proprio dominio. “L’obiettivo del manipolatore è il controllo. Secondo la psicoterapeuta e psichiatra A. Lowen, il controllo ha la stessa funzione del potere: proteggere da una possibile umiliazione” evidenzia la terapeuta.

Il manipolatore tende a scegliere un soggetto sottomesso e insicuro, nel quale poter trovare una zona vulnerabile che consenta l’instaurarsi di un rapporto di dipendenza affettiva. Poi, “mosso da un’invidia incontrollabile e del tutto inconscia, individua nell’altro tutti quegli aspetti che a lui mancano e lavora metodicamente per distruggerli, così da non rappresentare più un pericolo per la propria carente autostima” chiosa Giove.

Il manipolatore, poi, scrive la specialista, non ha un profilo univoco; se in alcuni casi a mettere in atto la manipolazione è un individuo narcisista, che tende a manipolare l’altro allo scopo di ottenere soddisfacimento alle proprie richieste, in altri casi il manipolatore presenta una personalità remissiva e fa leva sulla propria presunta debolezza e fragilità per esercitare il proprio potere.

Tecniche manipolatorie: molteplici i disagi per la vittima

Le tecniche che il manipolatore può mettere in atto per assumere il dominio sull’altro sono molteplici. Tra queste, attribuire agli altri colpe inesistenti, allo scopo di far sentire la vittima inetta e preda di emozioni negative; ricorrere a bugie, omissioni, false promesse; mettere in atto il gaslighting, ovvero negare di aver fatto o detto delle cose al fine di difendersi e non mettere in discussione le proprie affermazioni, creando confusione nella vittima. “Coloro che subiscono questo genere di soprusi – avverte la dottoressa – possono sviluppare diversi disturbi sia di carattere psichico che fisico”.

Se i sintomi della manipolazione possono essere difficili da identificare, è pur vero che il primo passo per liberarsi da questa “prigione” psicologica è proprio cogliere i cambiamenti che hanno luogo dentro di sé. Tra gli effetti della manipolazione spicca la perdita di sicurezza in se stessi, la diminuzione dell’autostima e difficoltà nel prendere decisioni, la convinzione di non essere in grado di soddisfare le aspettative dell’altro, con conseguente senso di colpa verso quest’ultimo. La manipolazione può causare anche disturbi fisici come insonnia, tachicardia, vertigini, mal di testa, senso di confusione e depressione. Sebbene la psicoterapeuta sottolinei come sia difficile per il manipolato liberarsi dal giogo che lo imprigiona, sottrarsi dalla manipolazione affettiva è possibile.

Manipolazione affettiva: mettere al primo posto se stessi

Liberarsi dalla manipolazione, afferma la terapeuta, richiede un cammino di riappropriazione di sé non semplice; è normale e consigliabile, laddove il proprio disordine interiore sia difficilmente gestibile nonché fonte di disagio e dolore, rivolgersi a uno specialista in grado di accompagnare la vittima nel tragitto psicologico che possa condurla fuori dalla sottomissione.

Sottrarsi al manipolatore significa “rinunciare alla sua approvazione e visione del mondo, smettere di accontentarsi delle briciole e sintonizzarsi sulla propria approvazione, autostima e visione di sé“, scrive Giove. Inutile cercare di mostrare al manipolatore la propria prospettiva tentando di instaurare un dialogo sano, perché il rischio, a detta della psicoterapeuta, è quello di perdersi “in un labirinto di perplessità e confusione. Uno dei primi step per difendersi dalla manipolazione affettiva sta nel capire cosa senti tu da solo, cosa vuoi fare e poi seguirlo.

Smettere di corrispondere alle volontà del manipolatore espone la vittima alla rabbia e disapprovazione di quello che è a tutti gli effetti un aggressore, ma è un passo assolutamente necessario per riappropriarsi di sé stessi; bisogna cessare di compiacere il manipolatore e di cercarne il sostegno rispetto a quanto si pensa o si fa. La chiave di volta per liberarsi, conclude la psicologa, consiste nel ” lasciare andare le sue richieste per prenderti cura dei tuoi desideri e bisogni. Imparare ad ascoltare maggiormente le proprie emozioni, le proprie idee come degne di valore, e come unica e vera bussola per capire qual è la giusta via da intraprendere“.

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Carlotta Mantovani

Carlotta Mantovani

Mi sono laureata in filosofia per cercare di comprendere il fondamento dei fenomeni. Questo interesse si è poi veicolato verso la dimensione morale, portandomi a cercare di analizzare le questioni inerenti la società e le nuove tecnologie. Vorrei fornire un’informazione capace di abbracciare questi temi prospettando anche soluzioni alla complessità della realtà. Da qui la scelta del giornalismo costruttivo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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