Scrivere o parlare di Trieste equivale a percorrere un sentiero che affonda nel passato ma che rivive la propria storia nel presente, continuamente. Vista dal lungomare di Grado, essa si vela in lontananza di un fascino misterioso e malinconico. Sembra che inviti l’osservatore curioso, desideroso di sapere cosa sia, a trovare la propria ragion d’essere nelle acque della storia, più che in quelle della geografia.

Essa sorge laddove iniziano a scorgersi le sembianze della penisola Balcanica, le cui prime luci sbocciano in una storica città imperiale di confine.

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Trieste, una città al confine dell’Impero

A Trieste il confine è metafora e realtà quotidiana. Le espressioni, i volti, i gesti si incrociano con la severità asburgica dei palazzi e con il rigore geometrico delle piazze. La latinità dei tratti affonda nella biondezza slava delle persone e degli stili, come il canal grande incide in profondità lo scheletro della città.

Ma è solo con l’oscurità della notte che le luci della città abbagliano Trieste di fasto e monumentalità. Essa non può che ammirarsi dal mare, dove sembra essere nata. Le forme geometriche sembrano prorompere naturali dal docile sciabordio delle acque, per poi ergersi ferme e ritte lungo tutta la costa.

Al centro di questa, un rettangolo perfetto incornicia Piazza Italia, la piazza ove continua a dimorare in tutto il suo splendore melanconico lo spirito “imperial-regio”. E dove il Palazzo del Municipio convive con lo storico Palazzo della Luogotenenza austriaca. Ma anche dove il celebre Caffè degli Specchi fronteggia la propria presenza con la sede storica del Lloyd triestino.

È in questa piazza, più che in altre, che continua ad aleggiare l’eleganza di Vienna, la robustezza austro-ungarica e il genio latino. È da questa piazza, battezzata dalla sovrastante cattedrale di San Giusto, che continua a sopravvivere quello che lo scrittore Claudio Magris definì “il mito asburgico”.

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Piazza Italia, Trieste

Il castello di Miramare e il mito asburgico

Il mito asburgico sorresse per secoli ragioni e motivazioni di un Impero che solcò le acque della storia, continuando fedelmente ad interpretare un ruolo scrittogli dalla Provvidenza.

Tra i suoi principali “motivi” vi è sicuramente quello “sovranazionale”, che l’Impero asburgico volle ostinatamente incarnare e che rappresentò il più fiero guanto di sfida sferrato in faccia alla modernità. La fisionomia triestina incarna appieno, ancora oggi, questo crocevia etnico-culturale. Esige ancora questo “sacrificium nationis” (sacrificio delle nazioni), spalancando le porte ad una regione geografica e spirituale peculiare: la Mitteleuropa.

Il bianco Castello di Miramare, che svetta imponente sulla costa triestina poco prima di giungere in città, presidia simbolicamente questa “partitura imperiale”. Lo stile architettonico, ancora una volta, è emblema partecipe di questa vena sovranazionale. Esso riprende motivi gotici, medievali, rinascimentali, per lasciarsi infine accarezzare dalle acque del mare Adriatico.

Odori, forme e colori mediterranei si fondono così con stili e forme provenienti dall’Europa danubiana. Il vermiglio imperiale delle pareti delle stanze di rappresentanza si lascia docilmente sedurre dalla tonalità grigio-azzurra presente nella parte inferiore del castello, quasi a voler testimoniare l’unione con il mare.

L’idea di Massimiliano d’Asburgo, fratello del più famoso Francesco Giuseppe (“Franz”), era quella di creare nella città che più amava, un ambiente dove riposare che desse magicamente vita ad una “Vienna di mare”.

Trieste, tra passato e presente

È ripensando a tutto questo che si entra a poco a poco nello spirito di una vecchia città imperiale di confine, come Trieste. È passeggiando lungo il suo esteso litorale, e scrutando i moli del suo immenso porto, primo in Italia per traffico merci, che si entra in contatto con la sua vocazione marinara e la sua tradizione mitteleuropea.

O, molto più semplicemente, è osservando da lontano due operatori portuali provenienti dall’ex idroscalo, che si comprende cosa è rimasto davvero di questa città. Osservare quest’ultimi transitare da piazza della Borsa, superare la statua di Leopoldo I – il cui figlio dichiarò Trieste porto franco dell’Impero – ed entrare in un elegante locale di un’arteria di Corso Italia, chiamato Caffè Sacher, ricostruisce collanti inaspettati e proietta la più comune delle esperienze su uno sfondo epico.

Se l’Impero politico è infatti defunto da più di un secolo, continua però a vivere e a perpetuare i suoi stilemi, l’impero culinario offerto dal marchio Sacher. Quest’ultimo non dà soltanto il nome alla celebre torta di cioccolato e albicocche, ma al più importante hotel viennese e ad una catena di resort, ristoranti e caffè presenti nei vecchi territori della monarchia asburgica.

Ebbene, osservare due portuali triestini mangiare la deliziosa sacher, sorseggiare del caffè all’ombra di moquette color porpora e quadretti dell’Imperatore Francesco Giuseppe, mentre nel locale si ode il Kaiserhymne, ricorda a tutti, ancora oggi, che Trieste è una porta di ingresso verso altre realtà storico-geografiche.

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Diego B. Panetta

Diego B. Panetta

Giurista con specializzazioni in campo notarile, societario e canonistico. Accanto alle norme, una grande passione per la retta filosofia, senza la quale codici e leggi possono ben poco. Autore di tre libri, collabora inoltre con riviste specializzate e testate online, tra cui BuoneNotizie.it.

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