Ogni anno in Italia, in media, 4.000 persone decidono di togliersi la vita, ma i dati attualmente disponibili non sono aggiornati. Le ultime evidenze fornite dall’Istat si riferiscono all’anno 2017: 3.940 sono stati i suicidi, uomini in oltre tre casi su quattro.

Per far crescere la consapevolezza sulla salute mentale nella comunità scientifica e nella popolazione generale, nel 2003, è stata riconosciuta a livello internazionale e promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità insieme alla Federazione Mondiale per la Salute Mentale la Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio. Oggi si cerca quindi di fare il punto sulle attività di ricerca e sulle iniziative assistenziali per riuscire ad intercettare segni precoci di tendenza suicidaria.

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Monitorare per prevenire

Nel 2019 l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ha evidenziato l’urgenza di creare un organo, l’Osservatorio epidemiologico suicidi e tentativi di suicidi (Oestes), che sia in grado di monitorare i tentativi di sottrarsi la vita. Secondo l’International Association for Suicide Prevention (IASP), associazione internazionale affiliata all’OMS che si occupa della prevenzione dei suicidi, ogni anno nel mondo togliersi deliberatamente la vita è tra le prime 20 principali cause di morte per persone di tutte le età e la terza causa di morte tra i ragazzi di 15-19 anni.

Il 2022 viene tristemente ricordato da Antigone, l’Associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale, come l’anno dei suicidi in carcere. Sono stati 84 quelli avvenuti negli istituti di pena italiani. Uno ogni 5 giorni. Il precedente primato negativo era del 2009, quando in totale furono 72, ma il numero dei detenuti era di gran lunga superiore. Delle 99 carceri visitate nel corso del 2022 dall’Osservatorio di Antigone, nel 39% degli istituti sono state trovate celle dove il parametro minimo dei 3 mq di superficie calpestabile a testa non era rispettato.

Prevenzione del suicidio: una sfida aperta

A livello mondiale il suicidio si colloca tra le tre principali cause di morte per le persone di età compresa tra i 15-44 anni. I tentativi di suicidio sono fino a 20 volte più frequenti dei suicidi effettivi.

Come riportato dall’Istituto Superiore della Sanità nel 2020, “lo spettro dei comportamenti suicidari va dall’ideazione e gesti autolesivi, fino al tentato suicidio e alla morte. Per ogni decesso si stima che siano più di 20 le persone che hanno tentato di togliersi la vita senza riuscirci e ancora di più quelle che almeno una volta nella vita ci hanno pensato seriamente“.

Nonostante i dati non siano aggiornati, la necessità di intervenire per prevenire è diventata improcrastinabile. «Il suicidio è un fenomeno complesso e multifattoriale – spiega Maurizio Pompili, psichiatra, maggiore esperto italiano di suicidologia e autore del libro “Il rischio di suicidio. Valutazione e gestione” -. Non c’è solo il disturbo mentale, ma un mix di variabili che si allineano in maniera avversa. I soggetti non vogliono morire, ammesso che qualcuno riduca il livello di sofferenza che in quel momento si trovano ad esperire nella loro mente».

In Italia, gli uomini rappresentano il 78% dei suicidi e la percentuale è più elevata nelle regioni del Nord Italia rispetto a quelle del Centro e Sud. Sebbene i tassi di mortalità per suicidio siano più elevati tra gli anziani, è tra i giovani dai 15 ai 29 anni che la volontà di togliersi la vita si colloca tra le più frequenti cause di morte (circa l’8%) dopo gli incidenti stradali e i tumori.

Suicidi nelle carceri: strategie efficaci di prevenzione

Dall’inizio del 2023, nelle carceri italiane si sono suicidate 39 persone detenute e l’arrivo dell’estate sta facendo registrare un aumento di questi episodi. Dall’inizio di giugno se ne contano già 11. Questi sono i dati riportati da Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che dichiara: “Entrare anche solo pochi minuti in una cella condivisa da 5-6 persone è un’esperienza claustrofobica“. Nel 44% delle carceri Antigone ha rilevato celle senza acqua calda, nel 56% senza doccia, nel 10% non funziona il riscaldamento, e in 6 istituti, il 9%, ci sono stanze di segregazione in cui il wc non è in un ambiente separato da una porta.

«La salute mentale è ancora molto sottovalutata all’interno delle carceri – racconta Cinzia Perotta, pedagogista, formatrice e volontaria all’interno degli Istituti di pena –  Con l’arteterapia, la scrittura e lo yoga della risata noi volontari riusciamo a portare nuova luce negli occhi dei detenuti. Si crea un legame profondo. I detenuti aspettano l’incontro settimanale con entusiasmo e arrivano pieni di gioia e trascinanti. Molti di loro continuano gli esercizi anche nei giorni seguenti».

Negli istituti di pena dove il senso di frustrazione e di abbandono, la perdita della dignità, la paura, la monotonia, la mancanza di stimoli, il sovraffollamento e carenza di igiene fanno parte della quotidianità e rendono precario lo stato di salute mentale dei detenuti, gli appuntamenti prefissati danno ai soggetti in espiazione di pena un motivo per continuare a sperare, per migliorare se stessi e il rapporto con i compagni di cella.

«Di volta in volta diminuisce l’aggressività e la sensazione di soffocamento – continua Perotta -. La pena, in Italia, è ancora fine a se stessa, si crede molto poco nell’utilità dei percorsi di riabilitazione e nella possibilità di miglioramento tramite tecniche che procurano benessere. Dal carcere molti escono più soli, più poveri e più anziani, più incattiviti dall’esperienza e, a volte, ancora più radicati nel personaggio“.

Il rafforzamento delle singole persone, l’aumento e il miglioramento delle risorse per il luoghi di incontro e per l’attività fisica, gli interventi diretti a promuovere l’accettazione di sé e la capacità di affrontare e risolvere problemi, portano ad un potenziamento delle abilità sociali e di quelle educative. «Aumentare il benessere, diminuire l’isolamento – conclude Perotta -, mettersi in ascolto e permettere di creare delle aspettative creando curiosità e stimolando positivamente l’immaginazione in un ambiente di per sé monotono, alleggerisce e fa scaricare le tensioni. Fa continuare a vivere, semplicemente vivere!».

Prevenire i comportamenti suicidari di chi ci sta accanto deve essere obbligo morale di tutti, non solamente degli addetti ai lavori. Le persone in difficoltà mandano segnali in continuazione. È umanamente un dovere rimanere in ascolto.

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Florinda Ambrogio

Florinda Ambrogio

Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche con specializzazione in Scienze Forensi, amo la cronaca tanto quanto la narrativa. Da sempre impegnata per portare l'attenzione sui sempre attuali temi della crescita personale. Il cassetto mi piace riempirlo fino all'orlo di sogni che sostituisco non appena diventano realtà. Aperta al cambiamento solo se porta a migliorare.

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