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Mano robotica: la natura come modello per integrare la tecnologia

ragazza con arto robotico

La sperimentazione tecnologica in ambito robotico si sta avvicinando sempre più al momento in cui sarà possibile sostituire componenti danneggiate, malate o malfunzionanti del nostro corpo con elementi cibernetici, come la mano robotica.

Natural BionicS è un progetto internazionale tra ricercatori europei che stanno lavorando in sinergia con l’obiettivo di creare sostituzioni simbiotiche completamente integrate per arti umani con parti robotiche, che l’utente sentirà e comanderà come parte del proprio corpo. Secondo Manuel Giuseppe Catalano, ricercatore di robotica morbida per la cooperazione umana e la riabilitazione presso l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova, che sta lavorando al progetto, tali tecnologie potranno essere realtà entro un decennio.

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La robotica morbida: avvicinare la tecnologia alla natura

La robotica morbida è una sottobranca della robotica e si occupa di progettare e fabbricare componenti robotiche, tra cui gli arti protesici, con materiali morbidi. Per fare ciò, trae ispirazione dalle caratteristiche fisiche degli organismi viventi, utilizzando il metodo della biomimetica, ovvero quella disciplina che imita i processi biologici e biomeccanici della natura e degli esseri viventi per migliorare processi, attività e tecnologie umane. Tra questi, ad esempio, la sostituzione delle rigidità materiali robotiche con modelli in grado di imitare i tessuti viventi, portando l’elasticità necessaria per l’interazione corporea con il mondo.

Attualmente, la ricerca sulle protesi bioniche si concentra sul miglioramento delle condizioni di coloro a cui mancano gli arti a causa di traumi, malattie o difetti congeniti. Ogni 30 secondi nel mondo viene amputata una gamba diabetica: più dell’80% delle amputazioni degli arti inferiori a livello globale sono il risultato di ulcere del piede diabetico. I ricercatori di Natural BionicS ritengono che, oltre alle conseguenze di tale patologia, gli innovativi arti robotici protesici potranno risultare utili per le persone con problemi articolari come artrosi o artrite.

Natural BionicS: l’ambizioso progetto per mettere in comunicazione arti robotici e cervello

Un pool di scienziati internazionali sta lavorando all’innovativo progetto Natural BionicS finanziato dall’Unione Europea per connettere per la prima volta un arto bionico con il midollo spinale. Nella ricerca sono coinvolti l’Imperial College di Londra, la University Medical School di Vienna in Austria, e l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). Obiettivo di questa ricerca sperimentale è quello di consentire a coloro che indossano gli arti robotici di giungere ad acquisire modalità intuitive di percezione dell’ambiente per poter agire con naturalezza, eliminando i tipici movimenti goffi e poco armoniosi delle attuali protesi.

Come funziona la mano robotica

Manuel Giuseppe Catalano, ricercatore dell’IIT coinvolto nel team di ricerca ha sviluppato già un’importante esperienza con il progetto Soft Hand Pro, realizzato dall’IIT in collaborazione con l’università di Pisa e che ha visto la creazione di una mano artificiale antropomorfa.

La nuova tecnologia raccoglie i segnali e dati dell’input direttamente dal midollo spinale e non dal moncone come succede con gli arti artificiali convenzionali. “Il nostro cervello può controllare individualmente ogni ditoha dichiarato recentemente Catalanoma mentre cresciamo, costruiamo uno schema di somma attraverso il quale tutte le dita, le articolazioni e il resto delle parti della mano umana agiscono in modo coordinato. Questa sinergia è alla base della complessa coordinazione della mano umana ed è in qualche modo incorporata nel nostro cervello. Non pensiamo davvero a come posizionare ogni dito individualmente quando accarezziamo il nostro gatto”.

I risultati di progetti innovativi di questo tipo, rivolti principalmente a persone con conclamate disabilità, potrebbero un giorno, non troppo lontano, ampliarsi anche alla platea dei “normodotati” sempre più interessati al tema della longevità in un’ancora estremamente delicata, ma sempre più reale commistione tra uomo e macchina.

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