Il così definito disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, sempre più diffuso anche in Italia, ha cause complesse, tra cui fattori genetici, sociali e psicologici. Le conseguenze possono includere perdita di peso, ritardo nella crescita nei bambini e difficoltà sociali. Tuttavia, un’adeguata informazione potrebbe non solo fornire indicazioni utili, ma aiutare a prevenire l’insorgere di ulteriori impedimenti. Quali sono, dunque, i campanelli d’allarme e come si possono affrontare le complicazioni che derivano da questo disturbo?

Il disturbo evitante-restrittivo non é sinonimo di schizzinosità

Negli ultimi tempi, sentir parlare di disturbi alimentari è all’ordine del giorno. Proprio a causa della sua ampia portata, questo argomento, spesso, suscita dubbi o incomprensioni. Anoressia e bulimia, troppo di frequente, vengono considerate le uniche due varianti possibili. In questo modo, però, viene tralasciato uno spettro di disturbi meno conosciuti ma egualmente presenti. Uno di questi è il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, caratterizzato dall’evitamento del cibo o dalla limitazione dell’assunzione di alcuni alimenti specifici.

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Il disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, o ARFID (Avoidant restrictive food intake disorder), può presentarsi in modi che, inizialmente, sembrano simili ai comportamenti alimentari selettivi, fin troppi comuni durante l’infanzia. Si tratta di preferenze o limitazioni specifiche che influenzano la scelta e l’assunzione alimentare, causando restrizioni significative nella dieta quotidiana. La schizzinosità nei confronti di certi colori, consistenze o odori è spesso presente in fase di crescita; tuttavia, nel caso dell’ARFID, riscontriamo differenze significative.

Bambina selettiva davanti a un piatto con diversi alimenti

Contrariamente alla schizzinosità tipica, esso coinvolge una restrizione più ampia dell’alimentazione, spesso riguardando una varietà molto limitata di cibi. Questo, a lungo andare, può causare carenze nutrizionali e influenzare negativamente la crescita e lo sviluppo del bambino. Inoltre, nel disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo, il suo appetito è ridotto: potrebbe addirittura verificarsi un rifiuto totale nei confronti dei pasti portando, di conseguenza, a complicazioni fisiche e nutrizionali potenzialmente gravi. Riconoscere le differenze tra i comportamenti alimentari selettivi tipici e l’ARFID è fondamentale per la diagnosi e il trattamento adeguati. Quest’ultimo potrebbe richiedere un supporto specifico, per affrontare le sfide nutrizionali e comportamentali che ne derivano.

ARFID: una sintomatologia ben precisa

I pazienti con disturbo evitante-restrittivo dell’assunzione di cibo evitano di mangiare oppure limitano la loro assunzione di cibo tanto da sviluppare una sintomatologia ben precisa, la quale può tradursi in: significativa perdita di peso o, nei bambini, mancata crescita prevista; in casi di deficit nutrizionale; in dipendenza da nutrizione enterale come, ad esempio, tramite un sondino, in casi estremi; oppure, il più delle volte, in uno scorretto funzionamento della sfera psico-sociale dell’individuo. È risaputo che le carenze nutrizionali possono rappresentare un potenziale pericolo per il benessere e per la vita sociale di chi ne è affetto. Cene in famiglia, uscite con gli amici o pause pranzo tra colleghi rischierebbero di essere compromesse a causa dell’elevato stato d’ansia correlato alle situazioni in cui si può e, tendenzialmente, si dovrebbe mangiare.

Tuttavia, i pazienti con assunzione di cibo evitante-restrittivo non riescono ad alimentarsi in modo sano e regolare perché temono che il cibo stesso possa portare a conseguenze dannose per la propria salute come, ad esempio, reazioni allergiche o avverse, soffocamento o vomito. Il controllo del peso, invece, non rappresenta un fattore scatenante tuttavia, chi si ammala sceglie di evitare determinati cibi sulla base di precisi criteri di selezione quali: l’odore, la consistenza e il colore.

Diagnosi e intervento: la terapia cognitivo-comportamentale

La diagnosi si basa sulla verifica dell’effettivo calo nell’assunzione di cibo dopo l’esclusione di altre cause mediche. È opportuno fare un’attenta anamnesi e sottoporre la persona ad esami medici specifici per escludere eventuali complicazioni mediche quali: un’eziopatogenesi medica (come, ad esempio, una mancanza di ferro) e fattori di rischio ambientale, come possibili casi di scarsa disponibilità di cibo in famiglia, o presso il proprio nucleo abitativo. Secondo il report della Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare (SISDCA) ogni anno in Italia 8500 nuove persone soffrono di DCA (disturbo del comportamento alimentare). Si stima che i disturbi alimentari siano aumentati del 40% dal 2019 ad oggi.

Tra le diverse soluzioni disponibili, la terapia cognitivo-comportamentale emerge come un’opzione preziosa per supportare coloro che soffrono del disturbo evitante-restrittivo dell’alimentazione. Questo approccio mira a guidare l’individuo nell’apprendimento di tecniche che favoriscano un rapporto più sereno con il cibo, consentendo la gestione efficace dell’ansia associata a tale disturbo. È necessario adottare un approccio integrato di tipo cognitivo-comportamentale, per migliorare il proprio comportamento alimentare, anche attraverso un percorso nutrizionale realizzato su misura da medici professionisti.

Una dieta sana ed equilibrata, così come un’alimentazione serena e consapevole, costituiscono una fonte di benessere primario e, proprio per questo, non andrebbero sottovalutate. Anche in presenza di un effettivo disturbo alimentare è importante affrontare eventuali complicazioni con sensibilità e comprensione, senza esprimere giudizi affrettati, imparando a distinguere le diverse casistiche grazie a un’informazione chiara ed efficiente.

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Kelly Di Blas

Kelly Di Blas

Insegnante e Dottoressa in Scienze Politiche Internazionali scrivo per passione. Credo fortemente nella necessità di un nuovo approccio alla scrittura e alla comunicazione e, per questo motivo, ho scelto di formarmi in giornalismo costruttivo. Una parola scritta ha un enorme potenziale, pertanto sceglierla con cura è un dovere. Sono curiosa, leggo molto e parlo troppo. I miei interessi primari sono rivolti al mondo dell'educazione, della letteratura e delle politiche sociali. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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