Artigiani e musei: le opportunità di lavoro per immigrati ed ex detenuti nonostante il coronavirus

Per molti è difficile trovare un lavoro o semplicemente essere accettati e reintegrati nella società. Le chiusure imposte dal Coronavirus rischiano di mettere in crisi il processo di riqualificazione e la possibilità di trovare un lavoro per categorie più deboli come immigrati ed ex detenuti.

Nonostante ciò, molti sono i progetti, regionali e nazionali, che hanno come obiettivo l’integrazione e che continuano a fornire alternative. Spesso si rivolgono ad artigiani e musei, i quali dimostrano di avere grande vitalità e resilienza nonostante le chiusure imposte dalla quarantena. Ed ecco che gli artigiani insegnano l’arte degli antichi mestieri ad ex detenuti, mentre i musei coinvolgono gli immigrati per renderli mediatori culturali e inserirli in un contesto di lavoro e scambio, cercando la normalità nonostante la pandemia.

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Le veneziane Michela Bortolozzi, artista e artigiana, e Anna Vercellotti, designer e guida d’arte, raccontano le loro esperienze e soddisfazioni in merito a questi progetti.

Ex detenuti: i nuovi artigiani

Spesso chi esce dal carcere non riconosce più il mondo in cui viene riproiettato. Molti non riescono a competere con i giovani, iper laureati e qualificati per qualunque mansione. Il lavoro manuale, però, richiede abilità e fantasia, e molti ex detenuti nascondono un animo da artista. Michela ha lavorato a molti di questi progetti dove ha scoperto dei veri e propri talenti: “I bandi a cui partecipo sono variegati e sono davvero una grande opportunità per uomini e donne usciti dal carcere. Per loro non è semplice ritornare alla quotidianità. Mi diverto molto a vedere il contrasto fra l’aspetto esteriore e l’animo di queste persone; alcuni arrivano tatuati, con la voce roca, ma sono abili intagliatori di angeli o delicati soffiatori di vetro. Le prime volte ero intimorita, perché dovevo gestire e dare ordini a uomini, usciti da un ambiente ostile, ma mi sono resa conto che hanno semplicemente una storia diversa da raccontare. Il loro impegno è ammirevole ed è commovente vederli coinvolti sia durante il lavoro che dopo. Questi progetti sono davvero utili per dare nuova speranza a chi l’ha persa”.

Immigrati: i nuovi mediatori culturali all’interno dei musei

Il progetto “Altri sguardi”, alla sua seconda edizione, nasce in collaborazione con Palazzo Grassi. Il lavoro viene svolto nell’area musiva di Punta della Dogana; fra sculture e quadri, i ragazzi selezionati per questa esperienza commentano, apprendono e diventano protagonisti, senza giudizi.

Anna racconta la sua esperienza di guida, in questo progetto di integrazione e comunicazione. “I ragazzi e le ragazze, selezionati dalle scuole e dalle associazioni, sono davvero sorprendenti; provengono da varie parti del mondo, in particolare Africa. Condividono lo stesso spazio e la medesima esperienza. Sono liberi di girare nel museo e individuare le loro opere preferite, parlarne e ricordare il loro paese.  Siamo affiancati dai ragazzi che hanno partecipato all’edizione precedente, che si sono riqualificati e offrono un ottimo supporto. Il valore di questi laboratori nasce per far vedere con nuovi occhi l’arte e ricevere nuove interpretazioni. Siamo ancora lontani da un’idea di integrazione, ma queste possibilità di incontro sono un valore fortissimo per le istituzioni e gli immigrati; un modo per porsi domande e abbattere le differenze sociali con un terreno comune come può essere quello dell’arte, che è solo un pretesto per parlare dell’umano”. 

L’integrazione e il lavoro per immigrati e ex detenuti sono possibili

Queste esperienze sono realizzate in ambienti stimolanti: avvolti dall’arte, dal colore, dalla materia, accomunando il senso del bello e del pratico. Per molti ex detenuti e immigrati, in un periodo che il coronavirus rende così difficile, questa è stata un’opportunità per imparare un nuovo mestiere, conoscendo inoltre nuove persone. Nonostante la difficoltà imposta dalle chiusure, è possibile continuare a lavorare a distanza, facendo tesoro delle relazioni che si sono create.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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