Aria di cambiamento in Algeria. Paradossalmente grazie al boicottaggio del referendum.

Ci si aspetta sempre che il cambiamento in un Paese arrivi con una votazione di massa, fatta di seggi affollati e di manifestazioni. In Algeria, invece, l’esigenza di cambiamento si è fatta strada in silenzio, con il boicottaggio degli elettori al referendum costituzionale.

Il referendum proposto dall’attuale presidente Abdelmadjid Tebboune per apporre modifiche costituzionali, in seguito al grande malcontento creatosi in quest’ultimo anno di governo, è stato rifiutato dal popolo. Il fatto potrebbe dare vita ad una transizione democratica nuova, che cambierebbe le dinamiche socio-economiche non solo algerine, ma di tuttto il Nord-Africa.

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La silenziosa protesta algerina per ottenere una nuova democrazia

La storia politica algerina di questi ultimi mesi è stata estremamente caotica e gravata da un cambiamento di governo rapido e non approvato dalla popolazione. Il presidente Abdelaziz Bouteflika, in carica dal 1999, è stato costretto alle dimissioni alla fine del 2019, accusato di infermità mentale dopo un ictus.

Per giorni le strade di Algeri sono state popolate da centinaia di manifestanti, esausti dalla presenza dell’ex leader politico che ha basato i suoi cinque mandati su uno stampo dittatoriale e repressivo, spesso poco limpido. Nel mese di dicembre è stato eletto l’attuale presidente Abdlemadjid Tebboune, legato indissolubilmente al vecchio regime. La sua presenza ha creato molto malcontento e visto soffocare le richieste di un cambiamento politico. Le manifestazioni a causa della pandemia sono state sospese e la situazione sanitaria attuale ha fortemente messo in crisi il Paese, creando ancora più malcontento.

Il risveglio dell’Algeria

Ali Mubi, operaio specializzato algerino, residente a Mogliano Veneto, descrive questi anni di governo come una dittatura. Vede, nel referendum mancato in Algeria, l’inizio di una presa di consapevolezza della popolazione della necessità di cambiamento.

“Sono cittadino italiano da parecchi anni, ho lasciato la mia terra nel 2000 e da allora il presidente non è mai cambiato. L’Algeria è un Paese ricco, ma dalla morte di Gheddafi in poi ha risentito del suo ruolo di esportatore di petrolio. Come in molti altri paesi del Nord Africa ci siamo ritrovati affamati, poveri e non rappresentati dal governo che ha assunto il ruolo di una dittatura. Mia madre e due fratelli abitano al confine marocchino, una zona di campagna dove si può vivere più liberi rispetto alla città. Anche loro hanno boicottato il referendum”.

In questi ultimi mesi l’opposizione, guidata dal movimento popolare Hirak attivo dal 2019, si è riunita ogni venerdì per chiedere un cambiamento nelle imposizioni governative. In queste ultime settimane il suggerimento dato ai sostenitori è stato quello di astenersi al voto.

“Seguo spesso gli avvenimenti politici – continua Alì – e mi è sembrata una presa in giro l’elezione del nuovo presidente nel mese di dicembre: una continuazione del governo precedente con un altro volto. Credo molto nell’Hirak, il partito populista: riscuote molto consenso da parte della popolazione. Credo che questo non voto, sia l’inizio di un movimento che porterà il mio Paese ad essere una vera democrazia”.

Perché il cambiamento dell’Algeria passa per il boicottaggio del referendum

Il referendum era suddiviso in due parti: la prima si presentava come un contentino per la popolazione, limitando la presidenza a due mandati. L’altra, di matrice più accentratrice, dava al presidente il potere di nominare come primo ministro il leader del blocco di maggioranza e di scegliere il governatore della banca centrale. L’affluenza alle urne è stata bassissima e lo scontento si è percepito da subito: la percentuale di elettori che hanno partecipato è la più bassa registrata dal 1962, anno dell’indipendenza algerina. Inoltre il disappunto degli algerini nei confronti della gestione dell’emergenza sanitaria ha motivato ancora di più la scelta del silenzio.

Il movimento Hirak ha quindi vinto con il silenzio, convincendo la popolazione algerina ad astenersi al referendum senza manifestare. Questo scuoterà la popolazione, dando così nuova voce ai movimenti di protesta nei confronti dell’attuale situazione. L’Algeria sembra dunque essere pronta per ritrovare una nuova democrazia.

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Erika Mattio

Erika Mattio

Erika Mattio, giornalista, autrice, archeologa, antropologa, viaggiatrice, dottoranda in Antropologia fra Madrid e Venezia. Ho studiato a Istanbul e Mashhad per poi intraprendere spedizioni in Medio Oriente e in Africa. Scrivo per BuoneNotizie.it e sono diventata pubblicista grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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