Nel mondo, il 36% delle persone impiegate in agricoltura sono donne. In alcuni parti del pianeta, però, tra cui Africa e Asia, l’agricoltura impiega una percentuale più alta di donne, per le quali la terra rappresenta una fonte di sostentamento determinante. Per rispondere alle sfide epocali che ci attendono, una delle soluzioni consiste proprio nel costruire sistemi agroalimentari inclusivi, sostenibili e resilienti, in modo che il settore agricolo possa funzionare al massimo delle proprie capacità.

Come afferma la FAO, nel report “The Status of Women in Agrifood systems” non possiamo porre fine alla fame, alla povertà, senza dare pari potere a uomini e donne: l’empowerment femminile, ossia a quel processo indirizzato a riconoscere, ascoltare e difendere le aspirazioni, i bisogni e le opinioni delle donne, e l’eliminazione del divario di genere nel settore agroalimentare possono contribuire ad aumentare il benessere delle donne, delle loro famiglie, e a ridurre l’insicurezza alimentare del pianeta.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Le donne in agricoltura

Tendenzialmente, in molte parti del mondo, le donne sono impiegate nella produzione di colture meno redditizie e faticano a emergere come imprenditrici indipendenti. Quando non possiedono un appezzamento di terra sono lavoratrici familiari non retribuite o lavoratrici occasionali, impiegate in mansioni ritenute “secondarie”, come la raccolta di acqua e legna. Quando ne possiedono uno, invece, non sempre possono ricorrere a fertilizzanti, macchinari e servizi finanziari e hanno un accesso limitato alle informazioni di mercato e alla formazione.

Le donne, inoltre, sono spesso le principali responsabili per la cura della casa e dei figli. Mansione, questa, che si aggiunge a quelle molto faticose che già svolgono nei campi. Di conseguenza, il carico lavorativo della popolazione femminile, soprattutto nei contesti rurali e nei Paesi in via di sviluppo, risulta spesso sproporzionato, poco riconosciuto e in gran parte non retribuito. Uno studio condotto in Tanzania, per esempio, ha dimostrato come le donne dedichino generalmente il 60% del proprio tempo alla cura della case e della prole, contro il 23% riservato dagli uomini.

La FAO poi, riporta come in media, nel lavoro agricolo salariato, le donne guadagnino il 18,4% in meno rispetto agli uomini: ciò significa che per ogni dollaro guadagnato da un uomo, una donna intasca 82 centesimi. Questo è un problema perché in caso di crisi economiche o di eventi meteorologici estremi, le risorse limitate e lo scarso potere decisionale concesso alle donne, ne limitano le capacità di adattamento e di resilienza.

Questi ostacoli all’occupazione femminile nei sistemi agroalimentari frenano la produttività e contribuiscono ad aumentare l’insicurezza alimentare.

A cosa porterebbe una maggiore emancipazione femminile

Secondo la FAO, se si riuscisse a colmare i divari salariale e di genere nel settore agroalimentare il PIL globale aumenterebbe dell’1%, ossia di quasi mille miliardi di dollari. Questo, inoltre, ridurrebbe l’insicurezza alimentare di circa 45 milioni di persone. Poi, se la metà dei piccoli produttori beneficiasse di interventi di sviluppo dedicati all’empowerment femminile aumenterebbe in modo significativo il reddito di circa 58 milioni di persone.

È pertanto evidente che l’agricoltura deve essere un campo d’azione prioritario nella lotta per la parità di genere e l’emancipazione femminile.

Ciò nonostante, per quanto la maggior parte dei documenti politici relativi all’agricoltura e allo sviluppo rurale riconoscano il ruolo delle donne e i limiti a cui esse devono sottostare, solo una piccola parte include obiettivi politici di genere.

Cosa può fare la politica per favorire l’empowerment femminile

Secondo la FAO, è necessario rafforzare i diritti delle donne a possedere una proprietà sicura. Questo può avere un impatto positivo sull’empowerment, sulla gestione delle risorse naturali, sull’accesso a servizi e formazioni e sul loro potere contrattuale. Sarebbe poi fondamentale incentivare i servizi formali di assistenza all’infanzia perché avrebbero effetti positivi sull’occupazione delle madri e sul loro rendimento nelle attività agricole.

Favorendo l’accesso delle donne alle attività di formazione, aumenterebbe la sicurezza alimentare di molte famiglie e incentiverebbe la loro partecipazione ai processi decisionali. Per fare ciò, però, quando si organizzano attività che richiedono il loro tempo, come riunioni o eventi di formazione, bisogna tenere conto del carico di lavoro che devono sopportare, domestico e agricolo, e cercare di andare incontro alle loro disponibilità orarie.

Intanto, si stanno moltiplicando le politiche e gli interventi volti a rafforzare l’emancipazione socio-economica femminile tramite la climate-smart agriculture: pratiche agricole volte a ridurre l’impatto ambientale del settore e a renderlo più resiliente agli shock ambientali quali la siccità e l’aumento delle temperature. A questo proposito, l’UN Women, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’empowerment femminile, ha avviato una serie di progetti.

Nell’ambito del programma AgriFed, in Mali, le agricoltrici imparano a proteggere le coltivazioni dai parassiti, a conservare meglio i prodotti, riducendone così le perdite, e a diversificare la produzione. In Senegal, invece, una delle aree al mondo più colpite dal cambiamento climatico, sta conducendo un altro progetto volto a migliorare l’inclusione finanziaria e la resilienza delle coltivatrici di riso.

Condividi su:
Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici