A metà novembre 2022 siamo diventati otto miliardi. Una popolazione in crescita, destinata a salire ulteriormente nel corso dei prossimi decenni: entro il 2050, infatti, si stima che potremmo raggiungere la soglia dei dieci miliardi. Numeri, questi, che ci costringono a interrogarci sul futuro del pianeta e su come riusciremo a sfamare un numero così grande di persone. Una soluzione per garantire l’accesso al cibo a una popolazione mondiale in aumento c’è, anche se può sembrare scontata: dobbiamo fare in modo che l’agricoltura e l’industria alimentare diventino molto più sostenibili. Questa trasformazione, però, richiede dei cambiamenti nelle nostre modalità di coltivazione, lavorazione, trasporto, stoccaggio e vendita. Ciò significa che aziende e governi devono cominciare ad agire subito. Ma anche tutti noi.

Lo stato di salute della popolazione e del settore agroalimentare

Attualmente produciamo abbastanza cibo per sfamare dodici miliardi di persone. Eppure, nel 2021, sono state circa 828 milioni le persone che hanno sofferto la fame e ben 2,3 miliardi quelle che hanno avuto a che fare con una situazione di sicurezza alimentare moderata o grave.

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Oggi, infatti, quasi un terzo di quello che viene prodotto a livello globale va sprecato. Questo accade perché la materia prima non rispetta certi standard; a causa di pratiche di trasporto e di raccolta inadeguate; perché ne viene preparato in eccesso rispetto alle necessità, o ancora perché i prodotti vengono conservati in maniera scorretta, sia durante la fase di vendita, che sulla nostra tavola. Basti pensare che a livello domestico, in Italia, ogni settimana vengono sprecati circa 674,2 grammi di cibo a testa.

La soluzione, quindi, non consiste esclusivamente nell’aumentare la produzione alimentare, ma nel rivedere il modo in cui produciamo, distribuiamo scegliamo e consumiamo il cibo che mangiamo.

Al momento l’agricoltura utilizza il 70% di tutta l’acqua dolce, produce circa un terzo di tutte le emissioni di gas serra e contribuisce alla perdita di biodiversità e al degrado del suolo. Se la popolazione mondiale e la domanda di cibo continueranno a crescere come previsto, però, entro il 2050 avremo bisogno di utilizzare ancora più risorse.

Inoltre, la produzione agroalimentare e le catene di approvvigionamento sono vulnerabili agli shock e negli ultimi anni sono sempre più sotto pressione a causa delle problematiche causate dalla crisi climatica: siccità, carestie, inondazioni, violenze, aumento dei prezzi.

Come sfamare otto miliardi di persone. La popolazione mondiale è in crescita. La strada è in salita ma ci sono alcune soluzione

Dobbiamo sfamare una popolazione in aumento, senza però aumentare la superficie di terreni coltivati e cercando di diminuire le nostre emissioni. Fonte: World Resources Institute

Come si può dare da mangiare a una popolazione mondiale in crescita

Garantire la food security, ovvero l’accesso di tutti, in ogni momento, a cibo sufficiente per una dieta sana, deve essere una priorità di ogni governo.

Per favorire la resilienza dei sistemi agroalimentari, la FAO consiglia che gli Stati diversifichino la produzione e le catene di approvvigionamento (evitando per esempio le monocolture), così da favorire la creazione di alternative che aiuterebbero l’assorbimento di eventuali eventi estremi come crisi economiche, siccità e carestie.

Inoltre devono essere introdotti dei programmi di protezione sociale per garantire la sussistenza e favorire la resilienza delle famiglie più vulnerabili. Ma non solo: è importante che siano implementate delle strategie di gestione di eventi estremi, che comprendano valutazioni multirischio, previsioni, sistemi di allarme precoce e piani d’azione tempestivi.

C’è poi la questione della disponibilità di aree coltivabili. Molte aree potenzialmente coltivabili vengono destinate all’allevamento. Parte dell’impatto del settore agricolo è causato proprio dalla produzione di mangime destinato ai capi di bestiame. La sua produzione, infatti, necessita di grandi superfici, di molta acqua e provoca l’emissione di numerose sostanze climalteranti. Limitando il consumo di carne pro capite riusciremmo a ridurre il nostro impatto ambientale e a riconvertire ettari ed ettari di terreno da destinare alla coltivazione. Una prospettiva che al momento, però, non si prospetta affatto facile.

Da qui al 2050, infatti, si stima che il consumo di carne possa aumentare dell’88%. Una previsione che ci costringerebbe a rivedere le modalità con cui produciamo il nostro cibo. In mancanza di terreni sufficienti da destinare alla coltivazione, saremmo costretti ad intensificare la produzione agricola nei campi già esistenti, attraverso l’introduzione di nuove pratiche e tecnologie, che però potrebbero rivelarsi dannose per il terreno.

In ogni caso, una delle priorità dovrebbe essere quella di provare a contrastare lo spreco di cibo. Come abbiamo visto produciamo già cibo a sufficienza per sfamare dodici miliardi di persone, per soddisfare tranquillamente le necessità di una popolazione in aumento. I governi dovrebbero impegnarsi per attuare misure che prevengano lo spreco: dall’implementazione di iniziative volte a migliorare ogni fase della filiera, al potenziamento delle capacità di raccolta, immagazzinamento e trasporto dei Paesi in via di sviluppo, fino all’introduzione di programmi di educazione alimentare nelle scuole e di etichette alimentari più efficaci.

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Marzio Fait

Marzio Fait

Marzio Fait. Mi occupo di comunicazione per il non-profit. Ho partecipato come observer alla COP 27 e alla COP28. Mi occupo di attualità, di diritti umani e di giustizia climatica. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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