Promosso nel 2006 dal Dipartimento delle Pari Opportunità con il fine di sviluppare un’ampia azione di sistema per il contrasto del fenomeno della violenza a danno delle donne, oggi il 1522 è il numero di pubblica utilità per il sostegno alle vittime di violenza e stalking attivo 24 ore su 24.

I dati dell’ISTAT ci raccontano che nel 2020, anno in cui la costrizione in casa ha estremizzato alcune situazioni già violente, i contatti al 1522 sono aumentati del 79,5% rispetto al 2019, sia per telefono, sia via chat (+71%) e l’escalation di chiamate si è avuta a partire da fine marzo, con picchi nel mese di aprile (+176,9% rispetto al 2019) e a maggio (+182,2 rispetto al 2019). In occasione del 25 novembre 2020, giornata internazionale contro la violenza nei confronti delle donne, grazie anche al forte impatto della campagna mediatica, le chiamate sono più che raddoppiate (+114,1% rispetto all’anno precedente). Nel 2022 si sono superate le 30.000 richieste di aiuto.

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Cosa dicono i numeri che ci aiutano a capire il fenomeno? Fra gli abusi, le violenze psicologiche sono le più frequenti

Operatrici specializzate e multilingue accolgono centinaia di richieste di aiuto al giorno sia tramite chat che via telefono – racconta la dottoressa Vanessa Schena, corresponsabile 1522 di Differenza Donna -. La chat è, per molte donne che subiscono maltrattamenti, il primo approccio, un contatto più morbido, quasi informale, dove abbiamo la possibilità di rassicurarle che la chiamata, che eventualmente seguirà, sarà in totale anonimato.

Fonti ISTAT ci dicono che “le vittime che hanno contattato il 1522 e hanno segnalato di avere subito più tipologie di violenze sono il 67,4% dei casi nel secondo trimestre e il 65,3% nel terzo trimestre. I dati relativi al secondo e terzo trimestre 2022 continuano a confermare quanto analizzato finora, ovvero che quando le vittime contattano il 1522 più di frequente segnalano la violenza fisica come la violenza principale che subiscono, ma considerando tutte le forme di violenza subite, quella psicologica è la più frequente“.

In un periodo storico decisamente importante a livello di comunicazione, riconoscere e combattere le forme di abuso nella società apre indubbiamente un varco, nelle vecchie come nelle nuove generazioni, verso la comprensione che il silenzio è un’arma a esclusivo vantaggio del carnefice.

Grazie al supporto professionale, inizialmente dato dalle operatrici del 1522 e in seguito dai centri antiviolenza o, nei casi più urgenti dalle case di accoglienza, è possibile uscire da quella che viene chiamata spirale della violenza: intimidazioni, denigrazioni, isolamento, svalorizzazione, violenza economica, fisica, sessuale e psicologica.

Richieste di aiuto: prima, durante e dopo la pandemia

A 10 anni dalla ratifica della Convenzione di Istanbul, in Italia le considerazioni non sono positive. Se nell’arco temporale che va dal 2017 al 2019 le chiamate al numero gratuito 1522 non superavano le 24.000 (nel 2017 sono state 17.616 le chiamate utili,  23.233 nel 2018 e 21.280 nel 2019), il 2020 ha visto un picco che ha toccato le 31.688 richieste di aiuto.

Nonostante l’aumento delle chiamate si è però assistito a una diminuzione degli accessi ai centri antiviolenza – dichiara Antonella Veltri, Presidente D.i.Re -. Le donne sono state costrette a rimanere a casa. Gli accessi ai centri nel 2020 sono stati 20.015 con un decremento del 2% rispetto al 2019, ma il decremento più importante (7,2%) lo abbiamo avuto sulle nuove donne accolte“.

Nonostante siano aumentate le campagne di comunicazione per sostenere e informare le donne tramite i principali social media e televisioni offrendo innumerevoli modalità e strumenti per chiedere aiuto e sottrarsi al controllo dei maltrattanti, nei periodi di lockdown si è inevitabilmente registrato un calo dei nuovi contatti.

Questi scostamenti mai verificatisi prima vanno letti nel contesto pandemico che ha caratterizzato l’anno di riferimento della rilevazione. Nel corso dell’ epidemia Covid 19 e soprattutto durante il periodo di confinamento nei mesi di marzo, aprile e novembre – continua Veltri -, la coabitazione giorno e notte con il violento, l’aumento dello stress e l’oggettiva difficoltà delle donne di rivolgersi ai servizi dedicati per chiedere aiuto hanno portato a un aumento drammatico delle violenze“.

Sempre secondo i dati ISTAT le richieste di aiuto al numero 1522 dopo il periodo pandemico sono andate crescendo raggiungendo, nel 2021 il numero di 36.036 chiamate a fronte di 32.430 nel 2022.

Grazie alle intense campagne di sensibilizzazione da parte degli attori principali della rete di sostegno diffuse su tutti i canali di comunicazione, cresce la consapevolezza anche nell’entourage delle donne che subiscono violenza. Le richieste di informazioni sul servizio 1522 sono sempre in aumento: 7,77% nel 2017,  13,29% nel 2018, 16,79% nel 2019, 14,24% nel 2020, 17,01 nel 2021 fino ad arrivare al 19,44% nel 2022

I percorsi di uscita dalla violenza

«La prima forma di violenza sulle donne avviene con le parole, perché anche il linguaggio è una forma di potere. Purtroppo capita ogni giorno, a ognuna di noi, di essere invitata al silenzio […], insegnando che il mondo appartiene ai maschi e che noi siamo un recipiente vuoto da riempire con la loro saggezza». Questo scrive Rebecca Solnit, scrittrice statunitense e attivista per i diritti delle donne, nel suo libro “Gli uomini mi spiegano le cose“.

La donna che decide di intraprendere un percorso di uscita dalla violenza si trova di fronte a infinite difficoltà: la paura di non essere creduta, il timore di essere attaccata in un momento di estrema difficoltà o ancora, la possibilità di una vittimizzazione secondaria, ossia la richiesta di spiegazioni che portano la persona a rivivere l’esperienza subita, a livello sociale, mediatico e giuridico. Per questo è importante che la presa in carico sia basata su un approccio integrato e focalizzato sulla persona, in un contesto di sistemi di governance territoriale che coinvolga e attivi le reti locali.

Se il numero di pubblica utilità 1522 rappresenta la prima possibilità di aiuto in grado di fornire una prima concreta risposta, strumenti e luoghi essenziali per l’uscita dagli abusi sono rappresentati dai centri antiviolenza e dalle case rifugio che aiutano la donna nelle situazioni di emergenza. L’accoglienza della donna è mirata e la vittima viene presa in carico secondo una metodologia di accoglienza consolidata che risponde ai bisogni della singola donna.

Nel periodo pandemico è cresciuta anche l’offerta di servizi sia dei centri antiviolenza che delle case rifugio per le donne maltrattate. Secondo l’ISTAT sono stati aperti 11 centri antiviolenza e 12 nuove case rifugio. In queste ultime, le misure che garantiscono la sicurezza delle donne che vengono ospitate sono innumerevoli: quasi il 90% è ad indirizzo segreto con l’aggiunta di altri sistemi preventivi per proteggere le ospiti dagli autori della violenza.

Tanta strada ancora c’è da fare soprattutto in termini di educazione fin dall’infanzia per la creazione di relazioni paritarie, rispettose ed empatiche per procedere ad una seria destrutturazione dei ruoli e delle relazioni basate su stereotipi ancora troppo marcati. Uscire dalla violenza si può.

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Florinda Ambrogio

Florinda Ambrogio

Laureata in Scienze e Tecniche Psicologiche con specializzazione in Scienze Forensi, amo la cronaca tanto quanto la narrativa. Da sempre impegnata per portare l'attenzione sui sempre attuali temi della crescita personale. Il cassetto mi piace riempirlo fino all'orlo di sogni che sostituisco non appena diventano realtà. Aperta al cambiamento solo se porta a migliorare.

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