Ritrovare se stessi dopo la fine di una relazione con una persona narcisista è possibile; lo afferma la dottoressa Silvia Michelini, Psicologa e Criminologa Clinica, in un suo articolo pubblicato su vittimedinarcisismo, dove mostra il tragitto che attende chi, dopo una relazione tossica come quella con un soggetto narcisista, vuole riappropriarsi della propria identità.

Il narcisista, un partner anaffettivo

Se la fine di un amore è un lutto non semplice da elaborare, uscire da una storia con un partner narcisista è molto di più: si porta sulle spalle il peso schiacciante del non essere stati mai amati, dell’umiliazione, dell’indifferenza, della manipolazione e questo perché il narcisismo è una patologia psicologica vera e propria che può colpire sia gli uomini che le donne.

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Come riporta il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM), il soggetto colpito da questo disturbo presenta una personalità caratterizzata dalla mancanza di empatia, da un senso di grandiosità che lo porta a sentirsi speciale, a credere fermamente che tutto gli sia dovuto e a sfruttare i rapporti interpersonali per trarne beneficio.

Il suo senso di grandezza, però, cela in realtà un’autostima molto fragile, ipersensibilità alle critiche e incapacità di sopportare la frustrazione. Date queste caratteristiche, il soggetto che entra in una relazione con una persona narcisista, spiega la dottoressa Michelini, spesso si trova a vivere una storia fatta di “freddezza, svalutazione e tradimento.

La relazione con una persona narcisista: quando l’infelicità è assicurata

Michelini scrive che i narcisistiSolitamente non amano veramente il partner, perché sono interessati solamente a ciò che quella persona può dargli, sia a livello emotivo che pratico”. Questi individui possono apparire carismatici e brillanti oppure timidi, inoffensivi ed emotivamente tormentati. A volte scelgono partner che ritengono inferiori a loro per cultura, intelligenza o reddito, allo scopo di gestire totalmente la relazione e di svalutarli fino farli sentire inutili; altre volte, invece, prediligono persone dalla forte personalità, attraenti e colte per poi entrare con loro in una competizione basata sull’invidia e finalizzata ad annientare la loro sicurezza, autonomia e libertà di essere.

Entrare in una relazione con una persona narcisista, dunque, significa vivere con persone “infantili, anaffettive, invidiose […] ciniche, bugiarde, traditrici, irresponsabili, persecutrici e paranoidi“, alla ricerca di persone empatiche capaci di garantire loro “amore e attenzioni illimitate” per poi “abusarne psicologicamente e a volte, purtroppo, anche economicamente e fisicamente“, avverte la psicologa. Uscire da una relazione tossica di questo tipo è possibile mediante un tragitto che permette di riconquistare la libertà perduta.

Perdere un narcisista, ritrovare se stessi

L’abuso narcisistico lascia segni indelebili sulla vittima: colpa, vergogna, confusione, paura, senso di perdita della propria dignità e identità, per questo può essere paragonato a un vero e proprio trauma“, scrive Michelini. Decidere di porre fine a una storia abusante come questa e affrontare l’elaborazione di un’esperienza così annientante spesso richiede l’aiuto di uno specialista. La dottoressa afferma come la vera sfida cominci una volta avvenuto il distacco iniziale, quando la vittima trova davanti a sé un percorso costellato dalle proprie ferite, traumi e conflitti irrisolti.

Nella prima fase, afferma la terapeuta, regnano caos, disperazione e inconsapevolezza. Raramente si è consci di aver subito un abuso psicologico e si tende a colpevolizzare se stessi. Questo atteggiamento autosabotante è il risultato del lavaggio del cervello subìto nella relazione. In questa fase la propria autostima è compromessa, si può soffrire di insonnia, incubi, ansia, isolamento sociale. La convinzione ricorrente è che non si tornerà più quelli di prima, ma la psicoterapeuta rassicura: “è possibile guarire“.

Segue una fase di negazione e re-idealizzazione, in cui si sarà tentati di provare a recuperare il rapporto con il narcisista, negando ogni suo aspetto negativo. In questo momento la difficoltà maggiore, evidenzia Michelini, sta nell’accettare che questa persona “non può amarci e non ci ama come vorremmo“, ma è questa consapevolezza a permettere di varcare la fase successiva.

Confusione, conoscenza, rabbia e vergogna

La terza fase è caratterizzata da una forte confusione mentale, la domanda dominante è chi sia veramente la persona con cui si ha condiviso una parte della propria vita, se il soggetto amorevole e attraente conosciuto all’inizio oppure quello abusante e crudele degli ultimi tempi.

Inizia da qui un processo di svalutazione del partner che approda alla quarta fase, quella in cui diventa necessario per la vittima informarsi su questo tipo di patologia, ed è a questo punto, avverte Michelini, che “inizia il processo di guarigione vero e proprio“; sulla scorta delle conoscenze acquisite si raggiunge dunque la tappa seguente, dove i pezzi del puzzle sul proprio trascorso cominciano ad andare al loro posto e si è dominati da un turbinio di emozioni, tra tutte rabbia e  vergogna: “la rabbia di non aver visto…per gli anni persi…per l’irrecuperabilità di alcune parti di sè […] la vergogna perché questo rapporto ci ha spogliato della dignità, ma in primis ha ucciso la fede nell’amore“, mette in luce la dottoressa.

Relazione con una persona narcisista: un amore di plastica

Nella sesta fase la vittima abbandona una visione infantile dell’amore in favore di una concezione più saggia, imperniata sulla stabilità, solidarietà e reciprocità. In questo momento diventa finalmente possibile ripiegarsi su se stessi ed entrare nella penultima fase, dove “è il momento di leccarsi le ferite, di piangere per aver perso tempo, soldi, ma soprattutto l’innocenza“, puntualizza la psicologa.

Michelini sostiene che la conclusione di questo viaggio risiede nel capire come la relazione con una persona narcisista, se da una parte è stata deleteria, dall’altra ci ha “aiutato a scoprire ferite che non pensavamo di avere e che quindi è stata utile […] è il momento per ricominciare a vivere e ad apprezzare la libertà come valore imprescindibile, non barattabile  con nessuna forma di amore, tantomeno un amore di plastica“.

 

 

 

 

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Carlotta Mantovani

Carlotta Mantovani

Mi sono laureata in filosofia per cercare di comprendere il fondamento dei fenomeni. Questo interesse si è poi veicolato verso la dimensione morale, portandomi a cercare di analizzare le questioni inerenti la società e le nuove tecnologie. Vorrei fornire un’informazione capace di abbracciare questi temi prospettando anche soluzioni alla complessità della realtà. Da qui la scelta del giornalismo costruttivo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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