Proprio in questi giorni sono iniziati i lavori necessari all’adeguamento di un immobile confiscato alla ‘ndrangheta nel 2009. La struttura, attualmente ancora allo stato rustico, è stata assegnata dall’Anbsc al Comune di Cirò Marina. L’edificio diventerà la nuova sede del Centro per l’Impiego del Comune, in provincia di Crotone. Il riutilizzo dei beni sottratti alla mafia passa da un processo di adeguamento molto impegnativo, ma che rappresenta un esempio concreto di giustizia. Inoltre gli edifici che sono stati trasformati da sedi della malavita a luoghi costruttivi e utili alla società sono molti e celano storie veramente interessanti.

Il nuovo Centro per l’impiego di Cirò Marina

L’immobile, confiscato ben 14 anni fa, cambierà finalmente volto. L’Anbsc (Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati) ha assegnato la struttura al comune di Cirò Marina, che utilizzerà l’edificio come nuova sede del Centro per l’Impiego. Fino ad ora gli uffici in questione erano collocati in strutture private, con un costo di locazione a carico dell’Ente. Un cambiamento che permetterà quindi non solo di fare giustizia, ma anche di risparmiare.

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Il progetto era stato già elaborato nel 2021 ed è stato finanziato dalla Regione Calabria con un milione di euro a valere. Il sindaco Sergio Ferrari sottolinea quanto questa iniziativa riesca a sfruttare al meglio le potenzialità del territorio, nonostante le criticità presenti: “Siamo consapevoli di operare in una realtà che ha molteplici criticità ma, allo stesso tempo, anche grandissime potenzialità, nella quale necessita agire tutti i giorni con visione e partecipazione nel solco della legalità“.

Altri esempi di beni confiscati alla mafia

I dati relativi al sequestro dei beni alle mafie sono facilmente consultabili su confiscatibene.it. Per quanto riguarda gli immobili confiscati e già destinati a usi sociali, si contano quasi 20000 beni. Le strutture ancora in cerca di una collocazione sono invece più di 24000. Questo rappresenta un’ottima opportunità di riscatto per la collettività. Sono infatti molti gli esempi di riadeguamento di strutture una volta adibite ad affari malavitosi.

Una delle tante storie che riguardano strutture sequestrate è quella della sartoria Borseggi a Milano. L’attività ha sede proprio in un immobile sequestrato alla mafia e adesso gestito dalla Cooperativa Sociale OPERA in FIORE. Il progetto vede la partecipazione dei detenuti del carcere di Milano-Opera. Non solo inclusione sociale, ma anche economia circolare. L’attività utilizza infatti materiali destinati allo scarto per produrre borse, astucci e tanti altri accessori.

Un altro esempio di riutilizzo costruttivo di un bene tolto alla criminalità organizzata è quello della scuola alberghiera Pietro Piazza a Palermo. L’istituto professionale è stato aperto proprio quest’anno, presente all’inaugurazione il ministro dell’Interno. La scuola si trova in corso dei Mille 181 e propone agli studenti due indirizzi di studio: servizi turistici e servizi ristorazione. L’accordo tra l’Agenzia nazionale dei beni confiscati e sequestrati alla mafia e la Regione Sicilia ha permesso di far sorgere una scuola pubblica in un edificio fino a qualche anno fa gestito dalla mafia.

Come funziona la confisca dei beni alla mafia

La confisca dei beni alla criminalità organizzata trova le sue fondamenta in una storia lunga decenni. Tutto parte nel 1982, anno in cui la legge Rognoni-La Torre introduce il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso e la confisca o il sequestro dei beni ai condannati. Nel 1995, dopo le note stragi, si è diffusa l’idea di restituire questi beni alla collettività, in modo tale che gli immobili potessero essere usati per finalità socialmente utili.

L’idea sfocia ben presto in una petizione con la quale viene chiesta la restituzione dei beni confiscati alla mafia ai Comuni e la destinazione a finalità sociali. L’anno successivo la proposta viene accolta e il riadeguamento degli immobili sequestrati è diventato l’obiettivo di ogni confisca. Come ultimo step di questo excursus storico, nel 2010 nacque l’Anbsc, agenzia che si occupa della gestione, della destinazione e dell’amministrazione dei beni confiscati.

Per quanto riguarda la destinazione, quasi il 79% dei beni è in mano ai Comuni. I restanti sono invece assegnati alle forze dell’ordine o ad altri organi statali. I Comuni possono scegliere se amministrare direttamente l’immobile, oppure affidarlo in concessione gratuita ad associazioni, cooperative e organizzazioni di volontariato. In alcuni casi i beni vengono venduti per risarcire i danni alle vittime di mafia. In questi 40 anni di storia il sequestro di beni immobili alle mafie è diventato uno strumento efficace di lotta alla criminalità organizzata. Il riutilizzo sociale delle strutture rappresenta una rivincita della legalità sulla mafia.

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Andrea Simoni

Andrea Simoni

Studente di giurisprudenza e appassionato di contrasto alla mafia. Il mio scopo è quello di raccontare e approfondire il tema della legalità da più punti di vista. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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