Il 15 Febbraio 2024 si terrà la quinta edizione della Green Game Jam (GGJ), un evento a cadenza annuale che permette all’industria di videogiochi di lavorare fianco a fianco con le Nazioni Unite. Lo scopo è quello di progettare mondi virtuali che agevolino la transizione ecologica e il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS).

La prima edizione, tenutasi nel 2019, si era focalizzata sull’obiettivo n°14, La Vita Sott’Acqua: conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani e le risorse marine. I risultati sono stati da subito promettenti grazie a Legacy-Echoes from the Future e Wasted Sea, videogiochi programmati per immedesimarsi e confrontarsi con le difficoltà di specie subacquee a rischio di estinzione. Ogni anno il focus cambia a favore di uno dei diciassette OSS e il 2024 sembra essere l’anno dell’obiettivo n°15 – La Vita Sulla Terra.

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I videogames sono i padroni dell’industria culturale

Durante la pandemia i videogiochi sono riusciti a reinventarsi all’interno dell’economia globale  aggiudicandosi il primato di settore più profittevole dell’industria culturale. Nel 2019, mentre l’industria musicale fatturava 53 miliardi di dollari e quella cinematografica 42, i videogame toccavano cifre spropositate con 152 miliardi di dollari. Un articolo di Noah Smith datato 12 maggio 2020 sul Washington Post ha evidenziato come nonostante lo shock economico causato dalla pandemia, i colossi dell’industria di videogiochi, Microsoft, Nintendo, Twitch and Activision sono riusciti a prosperare.

La crescita esponenziale dei videogiochi ha attirato l’interesse di settori che non appartengono strettamente al panorama dell’intrattenimento, come la sanità e l’educazione. Questo fenomeno è stato denominato ‘gamification’, un termine coniato nel 2001 dal programmatore Nick Pelling per descrivere l’applicazione di elementi e principi di design in contesti non ludici. Nel 2019, cavalcando l’onda di questo fenomeno, le Nazioni Unite hanno deciso di applicare il potenziale trasformativo dei videogiochi alla transizione ecologica.

Durante la prima edizione della Green Game Jam (GGJ) 2,2 miliardi di persone giocavano ai videogiochi: quasi un terzo della popolazione mondiale. Questi numeri mostrano i parametri di coinvolgimento che hanno mobilitato l’interesse delle Nazioni Unite. La collaborazione nasce dall’esigenza di riprogrammare il sociale su una linea compatibile con la transizione ecologica. In questo, le Nazioni Unite hanno capito che il videogame non nasconde il fatto di essere un ‘cosmo – mondo dotato di un potenziale creativo – attraverso cui si può sperimentare alternative agli interessi economici che troppo spesso impediscono, monopolizzando il dibattito, anche solo di immaginare, figuriamoci effettuare, la transizione ecologica.

Capitalismo verde e Nazioni Unite 

A presiedere la COP28  del 2023, c’era il Sultano Al Jaber, il capo della compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti Adnoc, il quale non ha esitato a riportare al centro del dibattito la strategia economica dei crediti di carbonio. Con poca sorpresa si è riconfermata la fiducia nel green capitalism, che spesso coincide con il green washing e vede lo spettro degli interessi economici mascherarsi dietro promesse ecologiche ancora non mantenute.

A problematizzare la soluzione economica dei crediti di carbonio ci pensa il The Guardian il 13 Dicembre 2023 con un articolo di Patrick Greenfield and Fiona Harvey. I due reporter britannici sostengono che la fiducia nei crediti di carbonio è altamente dibattuta e i suoi risultati controversi. I sostenitori, solitamente paesi e aziende con un alto tasso di produzione di combustibili fossili, affermano che, acquistando i crediti verdi, potrebbero finanziare la transizione ecologica. D’altra parte i più scettici evidenziano che  i carbon credits consegnano una licenza per inquinare a coloro che, non volendo ridurre le emissioni, investono invece nei crediti verdi, facendolo in nome della sostenibilità.

Il ruolo dei videogiochi nella transizione ecologica

Una ricerca condotta nel 2023 dall’università di Cambridge con il titolo Millions of carbon credits are generated by overestimating forest preservation, evidenzia come i crediti di carbonio sembrano aggravare la deforestazione che sostengono di prevenire, contribuendo alla recente ondata di espropriazioni che ha colpito molte popolazioni indigene.

Data l’emergenza in corso, i produttori di videogiochi hanno collaborato con le Nazioni Unite nello sviluppare l’obiettivo n°15 dei OSS – La Vita Sulla Terra – che si interessa proprio a combattere la deforestazione, la desertificazione e a preservare i territori delle popolazioni indigene. I dipartimenti di antropologia e informatica dell’Università di Victoria in Canada hanno offerto alle comunità Salish la possibilità di raccontare la storia delle espropriazioni attraverso un videogioco.

Intitolato “Hwkwumluhwuthun”, che in lingua nativa significa ‘posto con radici’, il videogioco permette di viaggiare verso luoghi culturalmente significativi, riappropriandosi di conoscenze tradizionali e mantenendo un legame con i territori espropriati. Grazie alle capacità immersive del videogioco, la cultura indigena trova modo di preservare la propria memoria collettiva in una dimensione digitale. In più, grazie ai dati raccolti e alle mappe create per il design del videogioco, sono stati avviati processi legali che sostengono le popolazioni native in nome di una mancata ripartizione.

In sintesi, la Green Game Jam potrebbe rivelarsi uno spazio consono alla progettazione di mondi virtuali destinati a mettere le basi per una transizione ecologica giusta, che guarda oltre ad accorgimenti di tipo tecnico-economico e si interessa a elaborare soluzioni culturali per i gruppi più colpiti dagli effetti della crisi climatica.

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Tommaso Gori

Tommaso Gori

Laureato in Studi Culturali con focus sui conflitti sociali in ambito urbanistico. Mi interesso a tutto ciò che circonda il nostro panorama culturale, con particolare attenzione alla musica, i film e l'architettura.

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