I crediti di carbonio sono nati con l’obiettivo di compensare l’impatto dell’anidride carbonica sul clima. Si tratta di titoli certificati (CER) a livello internazionale dalla Convenzione delle Nazioni unite sul cambiamento climatico (Unfccc). Questo organismo, infatti, ha stabilito che un credito di carbonio è pari a una tonnellata di gas serra non emessa nell’atmosfera e ne attesta l’effettiva riduzione.

I progetti green, che hanno sede soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, generano quindi i crediti e possono venderli ai grossi produttori, cioè ai debitori di Co2. Si origina perciò un mercato del carbonio che ha sede sulla piattaforma ufficiale delle Nazioni Unite. Le grosse aziende inquinanti hanno due opzioni: acquistare i crediti e/o supportare proprio i progetti dei creditori. Non solo dunque compensano la propria impronta, ma possono anche implementare le buone pratiche.

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Come funziona la piattaforma digitale delle Nazioni Unite per acquistare i Cer

La piattaforma delle Nazioni Unite è il canale ufficiale dove si possono acquistare i crediti di carbonio e dove poter scegliere il progetto cui devolvere il proprio denaro. Innanzitutto il sito consente di calcolare la propria impronta di carbonio, cioè quanto ne produce un individuo o un’organizzazione. Partire dai dati concreti, infatti, permette di capire ed è il primo passo da compiere se si vogliono ridurre le proprie emissioni.

Fatto ciò, è possibile selezionare un’iniziativa verde, una buona pratica. In questo modo si aiuta il clima, ma anche la comunità locale perché si generano posti di lavoro e quindi ricchezza. Non solo, se gli abitanti guadagnano di più, mangiano meglio, riescono a comprare le medicine e l’economia locale si sviluppa.

Le iniziative green che generano crediti di carbonio, dall’Asia all’Africa

Sulla piattaforma delle Nazioni Unite è presente l’elenco di tutti i progetti che generano crediti di carbonio e che un individuo o un’azienda può scegliere di finanziare. Le iniziative green sono divise per tipologia (ad esempio agricoltura, rifiuti, trasporti, energia, riforestazione), per Paese, per benefici e metodo di pagamento.

Per quanto riguarda i rifiuti, esiste in India, vicino a Delhi, un progetto che prevede di creare 200 impianti per il compost. Questo è un concime molto importante, che serve a ripristinare il suolo danneggiato da un uso eccessivo di fertilizzanti chimici in passato. Sempre in India, poi, è in atto la costruzione di un grosso impianto elettrico a gas e, nel Rajasthan, la comunità lavora per produrre energia solare.

In Cile, invece, la vendita dei crediti di carbonio consente di realizzare una centrale idroelettrica, mentre in Thailandia esiste un impianto che ricava energia dagli escrementi dei suini. In Africa, per esempio, si punta sulle stufe a biomassa, a basso consumo di carburante. Queste sono benefiche per diversi motivi: primo, si consuma meno legna e secondo, le donne impiegano meno tempo a cucinare e possono dedicarsi ad altro. Si calcola, infatti, che il risparmio per donna è pari a 10 ore ogni settimana.

I sostenitori e i critici: chi approva il sistema e chi lo contesta

Sul meccanismo dei crediti di carbonio c’è chi lo sostiene e chi lo critica. Questi ultimi affermano, infatti, che il sistema premia proprio le aziende più inquinanti, non le piccole realtà. Solo chi fa grandi profitti, dicono, può investire in progetti benefici per il clima.

Si instaura, così, un “sistema delle indulgenze”: chi pecca (ossia chi inquina di più) paga per le proprie emissioni o finanzia i progetti green, purificandosi dal “peccato ambientale”. Il mercato dei crediti di carbonio non è davvero efficace in termini trasformativi poiché non intacca le strutture produttive e perché basta acquistare i diritti di emissione della Co2.

Tra i principali sostenitori del sistema dei crediti di carbonio, invece, c’è Rete Clima. Si tratta di un ente non profit che supporta le aziende proprio per sviluppare progetti a beneficio dell’ambiente, dall’economia circolare alla forestazione. Rete Clima è favorevole al sistema dei crediti per diversi motivi.

Innanzitutto, l’iniziativa è coerente con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030; in secondo luogo, permette di calcolare il proprio impatto ambientale e di rendicontare l’attività di un’azienda su iniziative di tutela ambientale. Inoltre, se un gruppo investe in buone pratiche, la sua competitività aumenta e migliora la sua posizione sul mercato.

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Francesca Iaquinto

Francesca Iaquinto

Laureata in Lettere Moderne alla Statale di Milano, è stata studentessa di merito presso il Collegio di Milano per 5 anni. Nel dicembre 2019 ha vinto una Borsa di Studio per la scrittura della tesi presso la Duke University (North Carolina). Attualmente è docente di scuola secondaria, proofreader e scrive per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo costruttivo per diventare pubblicista.

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