Riparare e imparare a riparare, per contrastare la crisi e dare una mano all’ambiente, rispolverando competenze artigiane dimenticate, invece di buttare via tutto quello che non funziona più. Per chi non ha dimestichezza con cacciaviti e fili elettrici, e per chi – invece – vuole mettere a disposizione degli altri le proprie capacità, è nato “The Restart Project”, progetto di condivisione di informazioni e capacità, che ha l’obiettivo di stimolare un modo più responsabile di utilizzare gli apparecchi elettrici ed elettronici (RAEE), dal PC alla cara vecchia radio.

L’idea è di Ugo Vallauri (nella foto sotto) e Janet Gunter, 35 e 33 anni, che a Londra si occupano di tecnologie per la comunicazione nell’ambito dello sviluppo. Ad accomunarli, l’esperienza fatta nei Paesi in via di sviluppo dove, contrariamente a quanto normalmente, sono stati loro ad imparare qualcosa (in Kenya, soprattutto): e, cioè, che gli occidentali sono degli “spreconi”.

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Nella capitale britannica, Ugo e Janet organizzano i “Restart Party”, incontri pubblici in pub, biblioteche o gallerie d’arte, a cui partecipano volontari disposti ad aggiustare oggetti vari portati dalle persone. Il tutto con un discreto successo, tanto che l’obiettivo è di organizzare gli “incontri riparatori” anche in altri Paesi, “e magari tornare in Italia con un “Restart Italy”, perché no?”, ha detto ad Adnkronos Ugo Vallauri, che è originario di Bra (Cuneo).

Per chi volesse aderire e contribuire a diffondere il progetto, basta contattare Ugo e Janet attraverso il sito “The Restart Project“, twitter o facebook.

Nel frattempo, ai Restart party londinesi arrivano persone di ogni genere: “c’è chi vuole riparare la radio a cui è affezionato e chi, colpito dalla recessione, non ha i soldi per comprarsi un PC nuovo, ma c’è anche chi ha portato ad aggiustare il lettore DVD, perché gli hanno risposto che non conviene e che è meglio comprarne uno nuovo”, ha sottolineato Ugo.

Restart Project è anche una piattaforma online che punta a stimolare la collaborazione degli utenti per creare una mappa “dal basso” delle attività commerciali e dei singoli a cui rivolgersi per riparare un apparecchio o comprarne uno di seconda mano, e creare anche gruppi di “riparatori volontari” e fornire agli utenti consulenza immediata e suggerimenti utili per fare da sé le riparazioni, magari con un tocco di creatività.

“L’obiettivo è anche quello di utilizzare la rete per rigenerare abilità e competenze, soprattutto nei giovani che cercano di crearsi nuove opportunità di lavoro. Un lavoro”, ha aggiunto Ugo Vallauri, “che sia davvero in linea con la green economy: aggiustare invece di creare rifiuti“.

Quegli stessi rifiuti elettrici e d elettronici che Ugo, in Kenya, ha visto accumularsi in enormi discariche illegali quando collaborava con la Ong inglese “Computer Aid” (che recupera PC usati per distribuirli a basso costo in Africa e in America Latina). “Vorremmo cercare di stimolare un approccio diverso con queste tecnologie e rivedere la folle velocità con cui ne compriamo sempre di nuove, e rimediare al fatto che, quando si rompono, ormai non sappiamo più a chi rivolgerci e preferiamo comprane di nuove”, ha spiegato Ugo.

Un altro obiettivo di “The Restart Project” è quello di creare un database online, che serva a raccogliere informazioni utili sul mondo dell’Ict: dalla qualità dei servizi alla durata di vita di un prodotto, alla disponibilità dei pezzi di ricambio e di assistenza, nonché quali sono le aziende che posseggono certificazioni verdi.

E per il prossimo futuro “pensiamo di sperimentare nuove forme di riparazione, sia utilizzando spazi dismessi e creando shop temporanei, sia dando vita alla figura del “riparatore a pedali” che gira per la città offrendo le proprie competenze“. Ispirato, quest’ultimo, alla figura dell’arrotino italiano. Fonte:  AdnKronos

Per approfondire:

I rifiuti RAEE sono vere e proprie “miniere d’oro”

 

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