In Occidente, a differenza di quanto avviene in Oriente, quando un oggetto si rompe prevale la logica dello “scarto”, per cui il bene fino a quel momento utilizzato viene messo da parte senza tentare la riparazione che, invece, gioverebbe non solo all’ambiente, a causa della minore quantità di rifiuti da smaltire, ma anche alla psiche di chi, al fine di riutilizzarlo, si ingegnerebbe per imparare ad accomodarlo.

Riparazione, peraltro, resa più complicata dalla “obsolescenza programmata” dei prodotti, una strategia industriale che, specie con lo sviluppo dell’informatica e dell’elettronica, condiziona le politiche commerciali. Le aziende, infatti, programmano la vita dei prodotti in modo da ridurne la durata, inducendo così i consumatori a comprare gli ultimi modelli immessi sul mercato.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Il sistema produttivo, pertanto, spinge a reiterare l’acquisto di un oggetto nuovo, pur se l’eventuale riparazione di quello rotto, oltre a preservare l’ambiente, farebbe risparmiare danaro al consumatore e, come insegna il Kintsugi, arrecherebbe benessere alla sua psiche. 

Imparare a riparare oggetti consolida la psiche

In Giappone l’arte di riparare i propri oggetti è il Kintsugi, secolare pratica radicata nella filosofia, che significa “riparare con l’oro”. La tecnica, utilizzata per unire parti distaccate di crepe e rotture, impiega materiali preziosi mescolati a un collante naturale. Mentre in Occidente la riparazione mira all’occultamento della lesione che, notandosi, induce a disfarsi dell’oggetto incidendo sull’ambiente, in Oriente prevalgono taluni aspetti della psiche.

Per il Kintsugi, infatti, la riparazione avviene senza nascondere crepe ma evidenziandole attraverso l’oro, con un lavoro di attesa, precisione e pazienza che impreziosiscono l’oggetto. E’ una forma di resilienza, attraverso cui ogni manufatto riparato assume una nuova pregevole forma, dando una seconda vita a ciò che si è rotto.

Pertanto, l’individuo con il fai-da-te evidenzia la sua capacità di affrontare e superare momenti difficili, spesso causati da stress o traumi, per riorganizzarsi positivamente. Infatti, chi s’ingegna nelle riparazioni attinge alle proprie risorse per non farsi travolgere da situazioni impegnative e, così, scoprire da quanto accaduto qualcosa di costruttivo.

Le riparazioni fai-da-te

Risistemare oggetti rotti è una tendenza in espansione nel mondo, nonostante il consumismo operi a discapito dell’economia circolare. Esistono, infatti, siti ove esperti riparano oggetti malridotti insieme ai proprietari, contribuendo così a fortificarne la psiche e, contemporaneamente, a salvaguardare l’ambiente.

Si tratta dei Repair Café, luoghi ove viene offerta l’opportunità di condividere saperi, competenze ed esperienze per ripristinare beni senza conferirli in discarica. Negli stessi ci lavorano volontari, il cui intento è quello d’insegnare il fai-da-te a chi lo chiede, per evitare futuri sprechi. Gli esperti d’informatica, di bricolage e di altre lavorazioni diagnosticano l’oggetto e, successivamente, lo riparano insieme al proprietario, che così apprende come farlo autonomamente. Quest’ultimo non deve pagare compensi, ma è libero di fare un’offerta per l’aiuto ricevuto.

Repair Cafè, ideati in Olanda nel 2009, sono più di 2.800 nel mondo e operano supportati da un’apposita Fondazione con sede ad Amsterdam. Gli oltre 40.000 volontari che operano nelle varie città hanno ridato nuova vita a tantissimi oggetti, stimati in oltre 50.500 al mese.

Gli sviluppi normativi

Dal 2019, circa 100 organizzazioni di 21 paesi europei hanno avviato la campagna Right to Repair, per sostenere le riparazioni fai-da-te. La strada da percorrere è ancora lunga, ma già s’intravede qualche segnale a tutela dei clienti. Infatti, la Commissione europea lo scorso 22 marzo ha presentato una proposta di direttiva sul diritto a riparare prodotti, in linea con l’esigenza di non influire sull’ambiente e contribuire al benessere della psiche dei consumatori.

Attualmente, entro due anni dall’acquisto si può chiedere la riparazione o la sostituzione gratuita del prodotto difettoso. Con le nuove regole europee, se la riparazione dovesse risultare più economica o di pari costo della sostituzione, i venditori dovranno risistemare gratuitamente il prodotto entro tempi ragionevoli. Il consumatore, inoltre, potrà chiedere la riparazione anche fino a 10 anni dopo l’acquisto, salvo che risulti tecnicamente impossibile.

Per il fai-da-te l’Apple ha lanciato in Europa, alla fine del 2022, il programma Self Service Repair, offrendo ai clienti accesso diretto a parti, strumenti e manuali originali aziendali. Il programma, partito nel 2021 negli U.S.A per consentire le riparazioni in autonomia ai possessori delle linee di iPhone 12 e 13, nonché per i notebook con chip Apple, dallo scorso 21 giugno è stato esteso all’iPhone 14 e ad altri modelli.

Nel Minnesota sono più avanti, poiché dal 1° luglio 2024 i produttori di elettronica dovranno fornire l’occorrente per riparare taluni oggetti rotti (ricambi, strumenti lavorativi e istruzioni), a vantaggio per l’ambiente e per la psiche dei consumatori. Le nuove regole, a tutela delle officine di riparazione indipendenti e dei consumatori, non si applicano a talune categorie, come attrezzature agricole e dispositivi medici.

Condividi su:
Paolo Maria Pomponio

Paolo Maria Pomponio

Laureato in giurisprudenza, con Master in "Sicurezza, coordinamento interforze e cooperazione internazionale" e in "Comunicazione e media", ho lavorato nel privato e nel pubblico. Appassionato di calcio, che ho praticato, tendo all’ascolto e a un approccio alle cose con una visione d’insieme.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici