“Adesso basta!” è il titolo del long-seller (ben 24 ristampe) di Simone Perotti, 53 anni, ex consulente ed esperto di comunicazione (ha lavorato con aziende del calibro di AdnKronos, Sisal, Edelman, RCS e altri), che 12 anni fa ha deciso di mollare tutto e cambiare vita! Nel suo libro (150mila copie vendute) ne racconta i motivi con grande lucidità e un filo logico quasi disarmante, ispirando molti suoi lettori a imitare la sua scelta di rallentare nella vita e riconquistare il proprio tempo e il proprio spazio.

Dodici anni più tardi (alla fine del 2019), dopo aver ricevuto oltre 400mila email con domande e richieste di supporto e suggerimenti, mentre i suoi lettori si stavano chiedendo se, tutto sommato, avesse fatto bene o valesse ancora la pena mollare il lavoro al tempo del coronavirus, esce il suo nuovo libro, Rapsodia Mediterranea, in cui racconta l’avventura di questi 12 anni di downshifting.

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Essendo anch’io un appassionato di vela, ho raggiunto telefonicamente Simone Perotti per fargli raccontare la sua storia e la sua esperienza, in un periodo in cui il malcontento prolifera tra i luoghi di lavoro, dove spesso passiamo la maggior parte del nostro tempo in un modo che non ci rappresenta e che non stimola più le nostre vite e i nostri sogni.

Simone, agli italiani piace sognare, ma poi non agiscono. È così secondo te? No, non credo. È a tutti, non solo a noi, che fa fatica andare contro il mainstream. È difficile. Non c’è mai stato un movimento o un’idea che andassero contro i luoghi comuni facilmente. È normale che mettere in discussione le nostre abitudini sia una cosa che vorrebbero in tanti ma poi riesce a una minoranza. Però quella minoranza fa da faro, illumina…

Consiglieresti ancora ai giorni nostri di mollare tutto per inseguire i propri sogni? La vita dura poco, passarla a fare altro da ciò che vorremmo è strano, e ovviamente sbagliato. E invece accade. La maggior parte di noi si ritrova a vivere in una gabbia di convinzioni, paure, legami, vincoli. E l’evasione non è facile. Qualcuno la cerca un giorno a settimana in uno sport no-limit, per emozionarsi e non pensare, altri in un film d’evasione, appunto, alcuni nelle droghe di vario genere, parlo di quelle legali come soldi, simboli… Poi c’è chi vuole evadere davvero dalla fortezza e sente che deve farlo non solo per se stesso, per stare meglio, perché si trova in una condizione di insoddisfazione, ma perché è una scelta di responsabilità sociale che ormai non è rimandabile. E allora invece che evitare di pensare si mette a immaginare di smettere di lavorare. Solo che quello preso da solo, è un gesto insensato. Dopo come vivi? Interrompere non è cosa che si possa fare a pezzetti. Smettere di aderire al mondo del lavoro è una fase di una strategia più ampia per riconnettersi col pianeta, col mondo, con gli altri, con se stessi, per riguadagnare il tempo.

Il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo…

Da quando ho scritto “Adesso Basta! Lasciare il lavoro e cambiare vita” sono passati dieci anni, da quando ho cambiato vita dodici: questi anni non torneranno mai più. Se li avessi vissuti diversamente, oggi cosa penserei della mia vita? Ogni età ha le sue peculiarità, la sua energia, la sua capacità di prendere la vita, le sue potenzialità fisiche… e vanno vissute tutte quando è il momento. Non mi sono mai pentito di questa scelta. Semmai mi sono pentito di averlo fatto troppo tardi.

Com’è stato il momento in cui hai preso questa decisione? Ci ho pensato per ben dodici anni, pensieri che sono maturati in un processo lungo fino al momento dell’azione. L’ultimo giorno in cui sono sceso dall’ufficio per non tornare mai più, mi sono messo a passeggiare. Mi sono ritrovato in via Paolo Sarpi, a Milano, alle 15 di un pomeriggio di sole, e già la cosa mi sembrava straordinaria. Ma non era solo un giorno diverso, e compresi che un ritorno indietro era ormai impensabile. Fu una sensazione molto forte, mai vissuta prima. Ero pieno di energia.

Come riesci a sostenere il tuo attuale stile di vita? Sai che ne ho scritto lungamente nei due libri “Adesso Basta” e “Avanti Tutta”. Il tema è articolato. Ma per sintetizzare: ho ridotto i costi: vivo con 900 euro al mese. Vivere con poco, avere uno stile di vita sobrio, sono armi potentissime nel cammino verso la libertà. Mi sono occupato di trasferimenti di imbarcazioni, ho fatto molto charter a vela. Poi piano piano i libri mi hanno aiutato, ne ho pubblicato 16 (12 in questi 12 anni). Dai libri, sempre scrivendo, senza mai fermarmi, sono arrivati in questi anni una media di circa 6.000 euro l’anno di diritti d’autore. Poi, va detto che faccio lavori vari quando capitano. Ma sempre se serve. Il lavoro deve servire, non va fatto a prescindere.

Dove vive oggi Simone Perotti? Una parte del tempo a bordo di Mediterranea (www.progettomediterranea.com), l’idea che ho avuto sette anni fa e che ormai è diventata un progetto grosso, che aggrega tanta gente. Il resto del tempo tra la Val di Vara, nel levante ligure e un’isola greca, dove lavoro a un rudere di pietra proprio in questo momento. Vivere su un’isola mi affascina molto: ci sono tante cose da scoprire, da imparare. Le isole del Mediterraneo sono la nostra ultima Thule, l’ultimo paradiso dove tentare di rimanere esseri umani.

Qual è stata la tua scoperta più importante nei 6 anni in barca raccontati nel tuo ultimo libro, Rapsodia Mediaterranea? Un universo ancora più grande di quanto pensassi: il Mediterraneo. Ho navigato per 20mila miglia, vale a dire l’equivalente di un giro del mondo, ma tutt’intorno al Mediterraneo, per vederlo tutto. È più grande e ricco di quanto immaginavo. Ho trovato una messe di culture che spesso sottovalutiamo: i suoi lati orientale e occidentale sono mondi lontani eppure collegati, le antiche stirpi mediorientali, ebraiche, turche, ottomane, arabe… questa varietà non ha eguali al mondo, nessun luogo del pianeta gode di tale diversità. Una ricchezza straordinaria. Ho visto una grande potenzialità di sviluppo, di risorse, di idee, di innovazioni…

Qual è il messaggio più importante che Simone Perotti cerca di lasciare ai suoi lettori? “Rapsodia Mediterranea” è la chiusura del cerchio iniziato con “Adesso Basta!”: racconto come sono andate le cose. Anche dove sono andate male e perché, in questi ultimi 10 anni. È il racconto della mia vita, su come ho impiegato io la mia libertà, scegliendo di rallentare e cambiare vita.

Secondo te, che effetto stanno avendo i mass-media sui sogni degli Italiani? Assistiamo perlopiù a programmi di basso profilo, scritti e condotti da uomini macchina senza contenuti, simulazioni senza identità, almeno nella maggioranza dei casi. Quei prodotti mediatici, senza idee, senza slancio, possono trattare solo una merce, l’antica merce che si può vendere a chiunque: la paura. A volte sotto forma di rischio crack finanziario, a volte per un’epidemia, o per gli immigrati, o per la guerra, la politica… Quando ti accorgi che vendi paura vuol dire che non hai più niente da dire. E infatti…

La paura è la grande merce dell’epoca. Nella storia dell’uomo, fatta per millenni di stragi, violenze, assenza di diritti, cure mediche… non siamo mai stati così al sicuro come oggi. Eppure, mai abbiamo avuto così tanta paura…

Quali sono tre cose che possono salvarci da questa situazione paradossale? Le tre cose che possono salvare l’uomo da sempre…. Cioè le tre cose più difficili in assoluto:

  1. consapevolezza, bisogna investire sull’equilibrio e l’armonia per cambiare la nostra vita. Sapere senza infingimenti chi siamo davvero, dunque cosa possiamo permetterci
  2. coraggio di fare delle scelte nella direzione di ciò che amiamo, dopo che la consapevolezza ci ha indicato la via. Ognuno ha scelte da fare, anche grazie all’arma già affilata, ovvero la…
  3. sobrietà, cioè vivere in maniera semplice, ridurre i bisogni economici, ma non solo: sobrietà nei consumi, scegliere il riuso, il riciclo, lavorare con le mani… Ritrovare i ritmi di una vita a misura d’uomo, che si possa fare col cuore, non con i soldi.

 

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Silvio Malvolti

Silvio Malvolti

Ho fondato BuoneNotizie.it nel 2001 con il desiderio di ispirare le persone attraverso la visione di un mondo migliore. Nel 2004 ho costituito l'Associazione Italiana Giornalismo Costruttivo, che oggi gestisce questa testata: una sfida vinta e pluripremiata.

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