“Mai, mai arrendersi” ripete sempre Maurizio Romeo, campione ipovedente sia nel Paratriathlon che nel paraciclismo. In 15 anni, Maurizio Romeo ha conquistato 18 titoli italiani, 8 medaglie di Coppa del mondo, una all’europeo, e un quarto posto al mondiale. Nel suo palmares manca l’appuntamento più importante: le Paralimpiadi, sogno di ogni atleta. Le prossime si terranno a Parigi nel 2024 e a mettere in forse la sua partecipazione è il ritorno del glaucoma, e non solo. Ma la voglia di sport vince la disabilità e gli ostacoli.

Maurizio Romeo e la forza di un sogno

Maurizio Romeo è ipovedente a causa di un glaucoma. Non è nato cieco, ci è diventato. Lo sport gli ha insegnato a trasformare la malattia in una opportunità. È di fatto campione italiano in Triathlon e ciclismo, dove detiene ben tre record.

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Il glaucoma però è tornato proprio in concomitanza della convocazione alla Nazionale azzurra di ciclismo in vista delle Paralimpiadi di Parigi 2024. Una convocazione scontata, che nel mondo del parasport non lo è: gli atleti rimangono pur sempre soggetti fragili. Maurizio Romeo, infatti, ha subito a gennaio 2023 un intervento a un occhio, e a marzo all’altro. L’intervento è l’unico modo per bloccare il decorso della malattia che porta a una cecità scontata. Maurizio, nonostante tutto, continua a dirsi fortunato, e ripete: “ogni volta che vado al tappeto, mi rincuora il riuscire a rialzarmi”. E poi spiega: “Dopo le difficoltà torno subito alle gare, e riesco a dare il meglio e a vincere”.

Come vivi la tua disabilità, e come la vivono gli altri? “Mi sono accorto che chi sta al mio fianco, sportivamente parlando, dà per scontato alcune cose che io faccio, ma non è così. Mi vedono correre, mi vedono allenarmi, mi vedono nuotare in piscina e quando guardano me, si misurano con me, ma io per fare questo faccio tanta fatica e rischio tantissimo anche a livello di salute. Però mi fa piacere che pensino sia una cosa semplice e che vedano la normalità e non l’ostacolo. Nella vita di ogni giorno si vive l’impotenza dell’essere disabile. I miei pari a volte stanno con le braccia incrociate davanti alla televisione o sul divano, ma io non do mai nulla per scontato. Non siamo tutti uguali su certi aspetti, ed è corretto che vi siano giornate dedicate alla disabilità. Anche a livello burocratico dovremmo avere tutti gli stessi diritti”.

Tra te e le olimpiadi ci sono state molte difficoltà? “Per una persona cieca o ipovedente che pratica sport è necessaria una guida. La guida è un atleta abile, adeguatamente formato, che mi affianca negli allenamenti e nelle gare. Si diventa quasi un tutt’uno. La mia guida è stata Paolo Simion, ex campione ciclistico, fino a gennaio, perché ora è nel team di Luna Rossa. Non mi sono arreso e ho provato a portare risultati con un’altra guida, ma senza successo. Nel frattempo la mia squadra, il Team Equa, ha preso in forze un altro atleta”.

Maurizio Romeo con la sua guida, Paolo Simion

Maurizio Romeo con la sua guida, Paolo Simion

“È incredibile che un campione italiano rimanga a piedi” commenta il suo storico allenatore, Leo Vona, che insieme a lui abita in Sicilia, dove, a Palermo, proprio a marzo, la bicicletta tandem di Maurizio Romeo è stata rubata. Una bicicletta particolare perché adeguata alle sue caratteristiche fisiche e con doppio sellino per pedalare insieme alla guida.

La tua voglia di sport vince la disabilità e gli ostacoli? “Assolutamente sì, non mi arrendo. Vivere in Sicilia e sostenere i costi di viaggio per partecipare alle gare è penalizzante, ancor più quando si è disabili. Nel calendario del triathlon e in quello del paraciclismo, infatti, le gare si disputano tutte da Roma in su. C’è un divario territoriale dovuto anche alla presenza di strutture non accessibili. Il messaggio però è non arrendersi mai, troverò qualcuno che mi sponsorizza”.

Qual è il messaggio che vuoi dare ai giovani? “Spesso oggi c’è un senso di rinuncia nell’impegnarsi e si cercano alibi. Ma il lavoro, prima o dopo, paga. Poi, a prescindere dal risultato, l’importante è che tu ti diverta, perché vincere non è tutto quello che conta. L’importante è esserci nei momenti salienti della vita e poi il resto viene da sé. Oggi vedo i genitori fare i diavoli a quattro per accontentare i figli, ma quando arriveranno a 25 o 30 anni, al primo rifiuto a livello professionale o a livello sentimentale, o da parte della società, perderono la ragione e arrivano a capire il fallimento. I femminicidi ne sono un triste esempio. Lo sport aiuta, invece, a imparare a coordinarsi con gli altri e in questo senso anche per l’inclusione lo sport è fondamentale. Lo sport è un un’arma che permette di mettersi a livello con gli altri e di avere pure un’inclusione con la società”.

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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