Il suo nome è Neve Shalom Wahat al-Salam: un villaggio, situato in Israele, il cui toponimo in ebraico e arabo significa “oasi di pace”. Qui, a metà strada tra Gerusalemme e Tel Aviv, famiglie ebree e palestinesi convivono da anni in modo pacifico, con i bambini che studiano insieme fino alla fine delle elementari, seguendo un programma bilingue. Per Buonenotizie.it abbiamo intervistato Giulia Ceccutti, del consiglio direttivo dell’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam, allo scopo di approfondire tale realtà.

Una comunità nata dalla speranza e dalla pace al centro di Israele

Neve Shalom Wahat al-Salam si trova su una collina, a circa mezzora di strada da Gerusalemme e da Tel Aviv ed è nato all’inizio degli anni Settanta. «Si tratta di una comunità spontanea, in cui ebrei e palestinesi hanno scelto di risiedere liberamente – spiega Giulia Ceccutti – Per questo motivo rappresenta un caso unico in Israele. Oggi, all’interno dell’oasi, vivono circa cento famiglie, per metà ebree e per metà palestinesi. Si deve infatti considerare che una parte dei cittadini dello Stato d’Israele ha origini palestinesi, poiché discende da quella minoranza di palestinesi che, al momento della nascita dello Stato nel 1948, vi rimase ad abitare».

L’educazione alla pace deve aver inizio nell’infanzia. Questo è uno dei punti cardine su cui Neve Shalom Wahat al-Salam ha fondato la sua esistenza. «Nel villaggio – dice Giulia Ceccutti – ha sede la prima scuola primaria bilingue e bi-nazionale creata in Israele. È una scuola pubblica in cui studiano bambini ebrei e palestinesi, l’85% dei quali proviene da altri villaggi e cittadine vicine. In Israele il sistema d’istruzione è separato per ebrei e arabi e prevede due percorsi differenti. Di qui la piccola, grande “rivoluzione” portata da questa scuola. Va anche detto che tale modello di scuola bilingue è stato poi imitato in altre zone del Paese».

Israele, convivenza e pace

Educazione alla pace: genitori nella prima scuola primaria per ebrei e arabi nata in Israele. Fonte: Archivio Neve Shalom Wahat al Salam

Costruire il dialogo tra israeliani e palestinesi: la Scuola per la Pace

Un’altra istituzione importante nel villaggio è la Scuola per la Pace, creata nel 1979. Essa lavora con adulti provenienti da vari ambiti professionali, organizzando corsi e incontri incentrati soprattutto sull’educazione al dialogo. «L’obiettivo – spiega Giulia Ceccutti – è far prendere coscienza del conflitto israelo-palestinese e del modo in cui esso influenza la vita di ognuno. In questo modo è possibile portare un cambiamento operando, però, dall’interno della società».

Per questo, istituzioni come la Scuola della Pace beneficiano del sostegno di varie associazioni “amiche” diffuse a livello internazionale. «L’Associazione Italiana Amici di Neve Shalom Wahat al-Salam – specifica l’intervistata – ha sede a Milano. Come le altre presenti nel mondo, essa lavora per far conoscere la realtà del villaggio e per sostenere le sue attività, anche a livello materiale».

Condivisione, più che semplice coesistenza

Secondo le istituzioni di Neve Shalom Wahat al-Salam, per costruire la pace occorre usare le parole giuste. Come sottolinea Giulia Ceccutti «Esse preferiscono che si parli di convivenza, più che di semplice coesistenza. Infatti, la convivenza implica la condivisione. Si pensi alla recente iniziativa della “tenda del lutto”, un luogo del villaggio dove ebrei e palestinesi si riuniscono, con cadenza periodica, per condividere i propri lutti, familiari e non, causati dal conflitto, mettendo a confronto i loro diversi punti di vista».

Dunque, Neve Shalom Wahat al-Salam esiste per dare a tutti un messaggio di speranza. E, soprattutto, per dimostrare che il dialogo e il rifiuto della violenza sono sempre possibili, anche nei luoghi in cui i conflitti sembrano insuperabili.

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Edoardo Monti

Ho lavorato per anni come freelance nell'editoria, collaborando con case editrici come Armando Editore e Astrolabio-Ubaldini. Nel 2017 ho iniziato a scrivere recensioni per Leggere:tutti, mensile del Libro e della Lettura, e dal 2020 sono tra i soci dell'omonima cooperativa divenuta proprietaria della rivista.

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