Ha trovato una nuova famiglia Ismaele, il subsahariano di 7 mesi che, lo scorso 28 aprile, era su un natante diretto a Lampedusa. Con lui viaggiava la madre che, per assicurargli un futuro migliore, ha sfidato le insidie del viaggio ma è morta in mare.

La barca ha ondeggiato, con la donna sbalzata in acqua e non più riemersa dal fondo. A nulla è valsa la cooperazione dei soccorritori, intervenuti per non farle perdere la vita in mare. A bordo c’erano circa 50 persone, unite dal sogno di una nuova vita, che per Ismaele è iniziata dall’arrivo sull’isola.

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La sinergia tra i soccorritori

Militari, poliziotti e civili hanno accudito Ismaele presso l’hotspot di Lampedusa, inventandosi ogni cosa per distrarlo. Tra loro Alessandra Teresi, medico di Palermo che, dopo aver visto quel fagottino, ne ha chiesto l’affidamento. Il Tribunale minorile palermitano ha disposto rapidamente la misura, grazie al lavoro di squadra tra la Questura di Agrigento, i Servizi sociali e le organizzazioni umanitarie.

Il papà del bimbo è stato favorevole alla procedura. L’uomo era in Tunisia, poiché sulla barca non era riuscito a salire, accantonando il sogno di un futuro migliore con la famiglia.

Le morti in mare durante i viaggi della speranza

Quanto accaduto ad Ismaele è la punta di un iceberg, perché le traversate rappresentano un business per i gruppi criminali, indifferenti ai diritti umani. Per il progetto Missing Migrants dell’OIM (Organization International for Migration) sono stati circa 27.000 i migranti scomparsi o morti in mare dal 2014  nel Mediterraneo (circa 1.090 tra gennaio e maggio 2023). Aprile di quest’anno, con 512 persone, risulta il mese con il numero più alto dal giugno del 2018.

Dal piccolo Ismaele sopravvissuto sul barcone, alla cooperazione contro le morti in mare. I trafficanti sfruttano chi è alla ricerca di una nuova vita.

I trafficanti sfruttano chi è alla ricerca di una vita nuova

Antonio Vitorino, Direttore Generale dell’OIM, ha detto:

Salvare vite è un obbligo per gli Stati, che devono coordinarsi nei soccorsi. Le morti in mare vanno ridotte cooperando.

La situazione dell’Italia è complessa anche per la sua posizione geografica, che l’ha resa una delle principali mete per chi emigra per motivi economici, climatici, politici o per raggiungere familiari.

I fattori che incidono sugli sbarchi

Va considerato che le traversate su natanti di fortuna sono condizionate, comunque, dalle condizioni meteo-marine. I dati, dal 1997, evidenziano più persone in arrivo nei periodi di crisi dei Paesi di origine o transito dei flussi migratori. I cali, invece, sono riconducibili agli effetti della cooperazione tra l’Italia e detti Stati.

I picchi di fine anni Novanta sono coincisi con le crisi in Albania e Kosovo, mentre tra il 2001 e il 2007 gli arrivi sono rimasti stabili (circa 19.000 annui). L’aumento nel 2008, con lo sbarco di 36.951 persone, è dovuto principalmente all’allentamento dei controlli costieri da parte libica, che ha indotto l’Italia a sottoscrivere nuovi accordi con Tripoli, i cui effetti si sono prodotti nel 2009 (9.573 migranti sbarcati) e nel 2010 (4.406).

Dal 2011 lo scenario è mutato a causa delle Primavere arabe in Tunisia, Libia, Algeria, Egitto e Siria, con 181.436 sbarcati nel 2016. Nel biennio 2018-2019 la riduzione del flusso e di persone esposte al rischio di perdere la vita in mare ha coinciso con un rinnovato impegno della Libia al controllo del proprio litorale, nonché con le misure del decreto Minniti, in particolare sui rimpatri e sui rigetti delle domande di asilo.

Dal 2020, con ulteriori proteste in Tunisia e in altri Paesi africani e mediorientali, più persone hanno rischiato la morte in mare, pur se in Italia, con l’attuale Governo, il rapporto tra deceduti nel Mediterraneo e sbarcati risulta, in percentuale, inferiore rispetto ai precedenti esecutivi.

La cooperazione tra Paesi per fermare le morti in mare

I gruppi criminali lucrano su chi sogna un futuro migliore e sono abili a cambiare strategia, come nel 2018, quando Italia e Libia si accordarono. All’epoca la rotta con la Sicilia, ritenuta dai trafficanti poco redditizia, fu sostituita con quella verso le coste spagnole e la Fondazione ISMU (Iniziative e Studi sulla Multietnicità) certificò l’arrivo in Spagna di oltre 55.000 persone, il triplo dell’anno precedente.

Nasser Bourita, già Ministro degli Esteri marocchino, osservò che i network criminali  vanno contrastati con azioni sinergiche. Infatti, Madrid e Rabat hanno definito l’accesso in Spagna di un rilevante numero di lavoratori, nonché il rimpatrio di marocchini giunti alle Canarie o nelle enclavi di Ceuta e Melilla.

Il Governo britannico per frenare gli arrivi (quasi 46.000 nel 2022, circa 28.500 nel 2021), avvenuti anche utilizzando kayak, ha rinnovato con la Francia gli accordi del 2022.

 

Anche l’Italia sta ampliando la rete della cooperazione con i Paesi interessati dai flussi migratori, mirando pure a migliorarne lo sviluppo economico. Ciò è già avvenuto nei bienni 2009-2010 e 2018-2019, registrandosi un calo delle partenze e, conseguentemente, di persone a rischio di perdere la vita.

In quest’ottica la sottoscrizione di accordi di cooperazione, la loro efficace applicazione e un approccio “europeo” al fenomeno potranno essere la chiave per contrastare i trafficanti ed evitare il rischio di morire annegato a chi sogna un futuro migliore.

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Paolo Maria Pomponio

Paolo Maria Pomponio

Laureato in giurisprudenza, con Master in "Sicurezza, coordinamento interforze e cooperazione internazionale" e in "Comunicazione e media", ho lavorato nel privato e nel pubblico. Appassionato di calcio, che ho praticato, tendo all’ascolto e a un approccio alle cose con una visione d’insieme.

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