Lasciare un bambino in auto e dimenticarsi di lui è un fenomeno che può coinvolgere chiunque e concludersi, talvolta, con la morte del piccolo. E’ accaduto recentemente a una baby-sitter in Florida e a una mamma in Spagna, mentre a Biella fortunatamente i tempestivi soccorsi hanno evitato lo scorso luglio una tragedia. E’ la “sindrome del bambino dimenticato”, definita dagli esperti “amnesia dissociativa”: il disturbo, che si può prevenire, provoca un “buco” nella memoria, dovuto perlopiù a eventi traumatici o allo stress e può colpire persone inconsapevoli di avere problemi cognitivi. In Florida, infatti, la baby-sitter era in macchina con una bimba e aveva raggiunto un’abitazione per occuparsi di altri bambini ma, avvedendosi che la piccola dormiva, aveva deciso di non svegliarla e di andarla a riprendere più tardi, scordandosi di farlo.

Lo studio USA sui bambini dimenticati in auto

La National Highway Traffic Administration del Dipartimento dei trasporti americano ha certificato, nel periodo 1998-2022, il decesso per un colpo di calore di 955 bambini (38 l’anno) dimenticati in auto. I ricercatori dell’Università di Roma La Sapienza, tuttavia, hanno rilevato che la ricerca USA ha avuto un limite nelle fonti d’informazione, trattandosi di articoli giornalistici, spesso incompleti nella ricostruzione degli eventi.

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Comunque, su 171 casi monitorati negli Stati Uniti, il 27% ha riguardato bambini liberi di accedere a veicoli aperti, mentre nel 73% gli adulti avevano lasciato i bimbi soli in macchina. Inoltre, circa un quarto degli adulti era consapevole di averli lasciati, mentre la metà lo ha fatto inconsapevolmente o perché se ne era dimenticato.

Dalla ricerca, inoltre, è emerso che nel 40% dei casi la dimenticanza è avvenuta durante attività ordinarie, come genitori usciti da casa per accompagnare il bambino all’asilo, ma hanno dimenticato di farlo e raggiunto direttamente l’ufficio. Talvolta non sono stat il papà o la mamma a dimenticarsi del bimbo, bensì chi l’aveva in custodia, come l’autista dello scuola-bus o la baby-sitter. In relazione al trend del fenomeno, i dati mostrano una generale diminuzione, pur con l’aumento degli abbandoni per dimenticanza dell’adulto.

La situazione in Italia dei bimbi dimenticati

I ricercatori della Sapienza ritengono che gli studi su bambini dimenticati in auto nel nostro Paese siano limitati. Su 16 situazioni del periodo maggio 2011-agosto 2012, è emerso che nel 75% dei casi l’adulto aveva lasciato intenzionalmente nel veicolo il minore, poi sopravvissuto. Pertanto la situazione italiana è in controtendenza rispetto a quella internazionale, ove prevale l’abbandono involontario.

In relazione ai decessi, il colpo di calore ha causato in Italia dal 1998 la morte di 11 bambini. Il primo tragico evento, avvenuto a Catania, risale al 3 luglio 1998, mentre l’ultimo si è verificato lo scorso 7 giugno a Roma. I rimanenti casi sono avvenuti nelle province di Lecco (2008), Teramo e Perugia (2011), Piacenza (2013), Vicenza (2015), Livorno (2016), Arezzo (2017), Pisa (2018) e ancora Catania (2019). Tutti i bimbi avevano genitori premurosi e, pertanto, nessuno è immune da un possibile “buco” nella memoria, ma le soluzioni ci sono.

Bambini dimenticati: la memoria si congela

Per Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia, l’amnesia dissociativa induce a “non ricordare quanto accaduto nell’arco di poche ore”. Il disturbo “congela” la memoria e porta l’individuo, verosimilmente a causa di un forte trauma o stress, a cancellare inconsapevolmente quel momento dalla mente.

La sindrome del bambino dimenticato in auto: un fenomeno da prevenire con pochi accorgimenti (foto di Taylor Deas Melesh da Unsplash).

La memoria rimane congelata (foto di Taylor Deas Melesh da Unsplash).

David Diamond, docente di Neuroscienze cognitive presso il Dipartimento di Psicologia dell’Università della Florida meridionale, studia da decenni il fenomeno dei bambini dimenticati in auto e sostiene che “il cervello immagazzina più abitudini, permettendo di agire senza pensarci”, come se fosse attivato il pilota automatico. Accanto alla memoria “delle abitudini” vi è quella “prospettica”, che permette di ricordare di compiere, durante lo svolgimento di altre attività, un’azione già programmata. Diamond ha precisato che un blackout mentale può accadere “quando la memoria delle abitudini prende il sopravvento”.

Più netto è Andrea Fiorentini, Direttore del Comitato scientifico della Società Scientifica Italiana Ipnosi Clinica in Psicoterapia e Medicina Umanistica, che ha dichiarato a Vanity Fair che “siamo iperconnessi e questo influisce sulla memoria”, aggiungendo cheil cervello non è fatto per essere multitasking, ma per fare una cosa alla volta e farla bene”

La sindrome del bambino dimenticato in auto: un fenomeno da prevenire con pochi accorgimenti.

Il cervello non è multitasking (foto di Markus Winkler da Unsplash)

Come evitare blackout mentali

Talune situazioni, come difficoltà di concentrazione, insonnia, irritabilità o automatismi comportamentali, rivelano un livello di stress che può indurre a dimenticare bambini in auto. Pertanto, buona regola è monitorarle, poiché sono segnali premonitori del disturbo.

Inoltre, l’adulto può evitare amnesie lasciando sul sedile posteriore oggetti propri come il telefonino o una borsa, mentre su quello anteriore le cose del bambino, tra cui dei giochi o il ciuccio.

Anche la tecnologia supporta gli adulti nell’attività di prevenzione: infatti, dal 7 novembre 2019 in Italia è obbligatorio l’uso del seggiolino antiabbandono per trasportare chi ha un’età inferiore ai 4 anni.

Infine, può essere utile ai genitori e a chi accudisce il figlio condividere puntualmente le informazioni sugli accompagnamenti da effettuare, trascrivendole sull’agenda o sul telefonino.

 

 

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Paolo Maria Pomponio

Paolo Maria Pomponio

Laureato in giurisprudenza, con Master in "Sicurezza, coordinamento interforze e cooperazione internazionale" e in "Comunicazione e media", ho lavorato nel privato e nel pubblico. Appassionato di calcio, che ho praticato, tendo all’ascolto e a un approccio alle cose con una visione d’insieme.

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