Tra poco più di un anno, il 5 novembre 2024, si terranno le sessantesime elezioni presidenziali della storia degli Stati Uniti d’America (Usa 2024).

Le elezioni statunitensi cadranno in un periodo cruciale della storia. Saranno dunque importanti non solo per gli Stati Uniti d’America, ma, più in generale, per le dinamiche geopolitiche mondiali su cui inevitabilmente finiranno per riflettersi. È quanto mai opportuno, dunque, comprendere le modalità con cui si vota e la posta in palio che vi è dietro.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Elezioni Usa 2024, le regole del gioco

Intanto, è bene ricordare che le elezioni statunitensi prevedono l’elezione di un presidente e del suo vice, per un mandato complessivo di quattro anni. Il giorno delle elezioni (election day) cade il martedì successivo al primo lunedì di novembre. E le elezioni si svolgono in modo indiretto. Ovvero, i cittadini scelgono i cosiddetti “grandi elettori” che andranno a comporre il Collegio elettorale degli Stati Uniti d’America formato da 538 membri. Saranno quest’ultimi, poi, ad eleggere il presidente e il vice presidente degli Stati Uniti d’America, a maggioranza assoluta (270 voti).

Occorre ricordare che ogni Stato americano si compone di un numero di elettori in proporzione alla popolazione che esprime. Inoltre, in quasi tutti gli Stati (fanno eccezione Maine e Nebraska), le leggi elettorali prevedono che i grandi elettori siano assegnati in blocco al partito che ha ottenuto più consensi.

Questo aspetto spiega anche gli strani effetti che si sono verificati in alcune delle recenti tornate elettorali. In quelle del 2016, ad esempio, nonostante Donald Trump ottenne circa 3.000.000 di voti in meno (su base popolare) della sfidante Hillary Clinton, si aggiudicò comunque il podio in virtù della vittoria nei principali “Stati chiave” (swing states).

Le implicazioni geopolitiche dell’esito elettorale statunitense

Poc’anzi si è fatto riferimento ad una “posta” in palio che avranno queste elezioni. E, naturalmente, il riferimento era volto a sottolineare le implicazioni geopolitiche dell’esito elettorale statunitense.

A maggior ragione, se si tratta di elezioni che cadono in un momento della storia particolarmente caldo e assai complesso, come quello in cui ci troviamo. Washington, infatti, si trova sia a fronteggiare la Russia sul suolo europeo, essendo la principale finanziatrice dell’Ucraina. Sia a contrastare il radicalismo di Hamas in Medio Oriente, difendendo l’integrità d’Israele. Senza dimenticare l’aspra contesa con la Cina per l’isola di Taiwan.

Tutti dossier sui quali i nuovi inquilini della Casa Bianca dovranno confrontarsi, non dimenticandosi delle eventuali ricadute sociali ed economiche che tali questioni possono avere negli equilibri interni.

Se con Trump, ad esempio, avevamo assistito ad un approccio tendente ad un progressivo disimpegno dalle questioni internazionali, da parte degli Stati Uniti, con Biden invece si è ritornati ad un approccio di tipo classico. Ovvero, ad una postura tendente a presidiare l’ordine internazionale. Con innegabili ricadute per l’Europa, il Medio Oriente e tutto il panorama mondiale.

Dietro le elezioni Usa 2024, l’ordine internazionale del futuro

In gioco, dunque, vi è più in generale l’avvento o il differimento della creazione di un ordine internazionale multipolare effettivo, a discapito di quello unipolare. Sistema multipolare, ricordiamo, di cui la Russia di Vladimir Putin, la Cina di Xi Jinping e, più in generale, il gruppo dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica), sono i principali fautori.

Contrariamente agli Stati Uniti d’America ed all’Unione Europea, uniti sotto l’egida dell’Alleanza Atlantica. Quest’ultimi non intendono rinunciare a difendere un ordine internazionale che riconosca e difenda criteri e principi formatisi in Occidente. E ciò ha un certo peso rispetto ad un’ampia gamma di tematiche: dalla difesa dei diritti umani alle libertà, dalla separazione tra poteri (secolare e religioso) alla difesa della democrazia (nella forma liberale diffusasi in Occidente).

Tutt’altro, quindi, che delle “semplici” elezioni. In gioco vi è l’assetto internazionale del futuro, in cui volenti o nolenti gli Stati Uniti d’America, ovvero la principale potenza del mondo, dovranno dire la loro. E la risposta che daranno, unita alle modalità con cui l’attueranno, inciderà in maniera rilevante nell’ordine internazionale del futuro.

Condividi su:
Diego B. Panetta

Diego B. Panetta

Giurista con specializzazioni in campo notarile, societario e canonistico. Accanto alle norme, una grande passione per la retta filosofia, senza la quale codici e leggi possono ben poco. Autore di tre libri, collabora inoltre con riviste specializzate e testate online, tra cui BuoneNotizie.it.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici