I profitti derivanti dagli asset (beni) della Banca centrale russa detenuti all’interno dell’Ue non saranno immediatamente destinati all’Ucraina, ma verranno temporaneamente allocati su un conto separato. È questa la proposta avanzata dalla Commissione europea il 12 dicembre. Sono circa 200 miliardi di euro i profitti generati dai beni attualmente congelati in Europa, derivanti dalle sanzioni alla Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

Mossa che segna un passo indietro rispetto a quanto affermato pochi mesi fa dalla presidente Von der Leyen. A ottobre quest’ultima aveva infatti assicurato che i profitti dei beni russi immobilizzati in Europa sarebbero stati impiegati per la ricostruzione dell’Ucraina. Notizia che giunge nelle medesime ore in cui Zelensky è negli Stati Uniti per cercare di scongiurare lo stallo verificatosi alla Camera, dove la maggioranza repubblicana blocca lo stanziamento di ulteriori fondi da destinare a Kiev.

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Zelensky a Washington per chiedere lo sblocco dei fondi

Secondo un recente sondaggio della Associated Press, quasi la metà dell’opinione pubblica statunitense è contraria allo stanziamento di ulteriori fondi da impiegare in Europa. La maggioranza repubblicana che controlla la Camera dei rappresentanti, si è detta disposta a concedere un ulteriore finanziamento a patto che vengano soddisfatte due condizioni.

La prima, legata alla gestione dei flussi migratori con il Messico, chiede l’irrigidimento delle misure di asilo e immigrazione. La seconda, riguardante invece il conflitto russo-ucraino, chiede che venga resa pubblica la strategia finale, il cosiddetto “end-game”, per parafrasare lo speaker repubblicano Mike Johnson.

Ebbene, per comprendere i meccanismi che si muovono dietro il congelamento degli asset russi detenuti in Ue, non si può ignorare il dibattito in corso Oltre oceano. Le sorti dell’Ucraina sono infatti appese al filo delle forniture statunitensi, di cui l’esercito ucraino ha assoluta necessità. Chi siede nella Commissione europea, oltre ai capi di Stato e di Governo dei Paesi membri, sta assistendo a quanto accade a Washington e il legittimo interrogativo che ci si pone è se quanto proposto qualche giorno fa dall’Ue possa avere un nesso.

Gli asset della Banca centrale russa e la cautela dell’Ue

La proposta che la Commissione europea presenterà al Consiglio, in merito all’uso dei profitti generati dagli asset russi detenuti in Ue, si articola in due passaggi. Il primo di questi prevede la creazione di un conto apposito presso Euroclear, un istituto finanziario belga, dove verranno depositate le somme di denaro.

Il secondo passaggio dovrà passare dal voto unanime del Consiglio, che deciderà se e come sia opportuno utilizzare il denaro in questione. “Visto la natura senza precedenti di questa proposta – osserva un alto funzionario europeo – si è deciso di procedere per gradi all’uso materiale dei profitti generati dagli asset della Banca Centrale russa”.  Sottolineando, inoltre, un aspetto importante, ovvero “che Mosca non detiene la proprietà dei profitti generati, ma solo del capitale iniziale” (Ansa, 12 dicembre).

Fonti giornalistiche (Euronews) evidenziano la discrasia tra quanto proposto e quanto affermato un paio di mesi fa dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen. In ottobre, infatti, quest’ultima aveva riferito ai giornalisti che di lì a breve avrebbe presentato dei piani, al fine di utilizzare i profitti degli asset russi per finanziare la ricostruzione dell’Ucraina. Ricostruzione il cui costo ammonta a circa 383 miliardi di euro secondo la Banca mondiale.

La mossa dell’Ue di non utilizzare i profitti degli asset della Banca centrale russa potrebbe avere un significato ben preciso

La cautela dell’alta dirigenza dell’Ue nell’impiego dei profitti dei beni russi, si incrocia con l’estrema diffidenza dei repubblicani nel voler concedere il via libera ad un ulteriore stanziamento di fondi da destinare all’Ucraina. Il pacchetto di aiuti temporaneamente bloccato ammonta a circa 111 miliardi di dollari (di cui una parte da destinare ad Israele).

Difficile immaginare che si tratti di una semplice casualità. Molto più probabile che sia all’opera una legittima cautela strategica da parte di Bruxelles, in accordo con i principali Paesi membri. Intanto, sempre nelle ultime ore, il Consiglio europeo ha deciso di aprire i negoziati di adesione all’Ue con l’Ucraina.

Vedremo cosa accadrà. Tuttavia, il dato che sembra possibile trarre da questi eventi così repentini e contrastanti, è la volontà di guardare le cose in un’ottica più pragmatica. Sembra essere questa, infatti, la molla determinante per indirizzare le cose verso un esito maggiormente rispettoso degli interessi dei due contendenti del conflitto.

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Diego B. Panetta

Diego B. Panetta

Giurista con specializzazioni in campo notarile, societario e canonistico. Accanto alle norme, una grande passione per la retta filosofia, senza la quale codici e leggi possono ben poco. Autore di tre libri, collabora inoltre con riviste specializzate e testate online, tra cui BuoneNotizie.it.

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