Il 3 novembre 2023 il Consiglio dei Ministri del governo Meloni ha approvato il disegno di legge di revisione costituzionale che intende riformare profondamente l’assetto istituzionale dello Stato. Il testo è cambiato rispetto alla formulazione originaria. Allo stato attuale, la riforma di Meloni introduce l’elezione diretta del Premier, e gli conferisce la facoltà di sciogliere le Camere.

Il Presidente della Repubblica può conferire un mandato solo a un parlamentare della stessa coalizione limitatamente a casi di morte, dimissioni o impedimento permanente del premier uscente. In tutti gli altri casi di crisi di governo si andrà alle urne. Il premio di maggioranza sarà deciso per legge e non avrà riferimento in Costituzione.

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Pro e contro del premierato di Meloni

Il premierato di Meloni, secondo i suoi promotori, rimetterebbe al centro la volontà del corpo elettorale. Ad oggi, nessun governo italiano è arrivato alla fine della legislatura. Il premio di maggioranza e il meccanismo di scioglimento delle camere assicurerebbero maggiore stabilità ai governi eletti dal popolo. Il D.d.l. chiude alla possibilità di un governo tecnico, poiché in caso di crisi il Presidente della Repubblica non può nominare una figura esterna ai parlamentari di maggioranza, quindi non eletta. La riforma non intaccherebbe i poteri del Presidente della Repubblica, come paventato dai detrattori, limitandosi a conferire al premier prerogative maggiori.

Le critiche mosse alla riforma sostengono che, per come è formulata, la riforma di Meloni non garantisca la stabilità auspicata delle maggioranze. Il nuovo meccanismo di fiducia parlamentare presenta diversi problemi in questo senso. La forma di premierato di Meloni sarebbe troppo rigida. Il vincolo del mandato a un parlamentare dello stesso partito cristallizzerebbe l’indirizzo politico del governo, rendendo più difficile la formazione di una nuova maggioranza e maggiore il ricorso a nuove elezioni.

La riforma mancherebbe di specificazioni riguardo ai procedimenti istituzionali, e non è stata indicata la soglia di sbarramento per un premio di maggioranza che è stato già dichiarato incostituzionale da diverse sentenze della Corte su proposte passate.

La riforma di Meloni riapre il dibattito sulla forma di governo italiana

I sostenitori della riforma di Meloni citano come esempio il “modello Westminster”, ovvero il sistema parlamentare britannico in cui il premier ha la facoltà di sciogliere le camere. Inoltre prevede le dimissioni del governo in caso di sconfitta nelle votazioni parlamentari. Il premier, però, non è eletto direttamente né in questo regime, né in altri regimi democratici. Inoltre il sistema inglese conferisce grande centralità al Parlamento e accentua il ruolo deliberativo e, in teoria, l’assenza di vincoli ideologici dei suoi membri. Il sistema bipartitico, infine, dà stabilità ai governi e garantisce il principio di alternanza.

Diversamente, dicono le voci critiche, si potrebbe guardare al modello del cancellierato tedesco, riformando l’istituto della fiducia parlamentare. Il sistema tedesco prevede infatti la “sfiducia costruttiva”, ovvero la facoltà del Parlamento di sfiduciare il governo solo nel caso in cui sia già in grado di fornire i nomi per un nuovo governo. In Germania tale circostanza si è verificata solo una volta, nel 1982.

Gran parte dei governi italiani, però, sono caduti per problemi interni alle coalizioni di maggioranza. Quindi gli interventi si dovrebbero concretizzare sulla legge elettorale e/o sul troppo frammentato sistema partitico italiano, che quasi obbligano alla formazione di coalizioni troppo grandi per rimanere stabili.

Sia detrattori che sostenitori sono d’accordo sulla necessità di una riforma dell’assetto istituzionale italiano, e il premierato di Meloni riapre il dibattito in materia. La proposta del governo è articolata, l’iter parlamentare è ancora lungo, e la storia delle riforme costituzionali è piena di fallimenti. Il testo della riforma ha ancora molto tempo per essere emendato e perfezionarsi.

 

 

 

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Giovanni D'Auria

Giovanni D'Auria

Laureato in Lettere Moderne, ha da poco iniziato un percorso formativo per diventare pubblicista con diventaregiornalista.it.

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