«La Turchia è nata secolare e tale rimarrà» questo è uno degli slogan scanditi nelle piazze turche dopo le elezioni amministrative del 31 marzo 2024. Esse hanno visto – dopo ventidue anni – il partito AKP del presidente Erdoğan perdere la propria supremazia nel Paese. Ad aggiudicarsi la vittoria – ad Ankara, Istanbul e in altre città importanti – è stata invece l’opposizione laica. Per la potenza mediorientale tale evento sembra indicare il declino di un Governo spesso accusato di accentrare il potere e agire in contrasto con i fondamenti laici della Repubblica. Il popolo ha espresso la voglia di un cambiamento: una richiesta che parte soprattutto dai giovani.

Una presidenza che ha lasciato un segno profondo

L’attuale presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, ha indubbiamente lasciato un segno nella politica del suo Paese, essendo stato Primo ministro dal 2003 al 2014 e Presidente dal 2014 a oggi. La sua storia è legata a quella dell’AKP – partito di cui è stato fondatore nel 2001 – che si richiama a un islamismo moderato e conservatore. Per questo, egli ha sempre teso a favorire il ritorno dell’Islam nella politica, a dispetto dei principi secolari propugnati da Mustafa Kemal Atatürk, padre della Turchia moderna.

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A rendere importanti le ultime elezioni amministrative è stato il fatto che Erdoğan puntasse molto su di esse, vedendo in un eventuale successo dell’AKP un “mandato popolare” con cui rafforzare il suo potere. Sebbene la costituzione turca preveda un massimo di due mandati presidenziali, nel 2017, subì modifiche per dare il pieno potere esecutivo al capo dello Stato. Di conseguenza, nulla garantisce che in futuro non si possa sottoporla a ulteriori modifiche.

In Turchia il cambiamento parte dalle grandi città

Tuttavia, nonostante l’impegno dell’AKP, le elezioni amministrative del 31 marzo hanno premiato l’opposizione secolarista nelle maggiori città turche: in primis Ankara, Istanbul e Izmir. Il risultato più indicativo degli umori del Paese è stato, in particolare, quello ottenuto a Istanbul – in quanto centro nevralgico dell’industria e dell’economia turca. Qui il laico Ekrem Imamoglu è stato riconfermato come primo cittadino. Il suo partito, il CHP – principale avversario di Erdoğan – ha vinto nella maggior parte dei distretti della metropoli.

Imamoglu ha definito tale sorpasso «Una vittoria per donne, giovani, curdi, cristiani, siriani, ebrei e le persone di tutti i credi», riferendosi all’orientamento confessionale dei suoi avversari. «È finita l’era dell’uomo solo al comando» ha aggiunto inoltre, rimarcando la valenza nazionale di un simile risultato – che è un esplicito messaggio al Governo.

La voce del popolo della Turchia nello scenario mediorientale

Naturalmente, alla débâcle dei conservatori hanno contribuito anche fattori meno ideali: primo fra tutti quello economico. In questo momento, infatti, l’inflazione in Turchia si mantiene a livelli elevati: molti elettori, invece, si aspettavano una ripresa economica più rapida, sotto la guida del governo attuale. Sarà interessante vedere se ciò, in futuro, inciderà anche sulla politica estera turca – spesso definita “neo-ottomana”, in quanto orientata a un certo espansionismo.

In ogni caso, seppur in un contesto differente, le vicende della Turchia ricordano quanto è accaduto nelle ultime elezioni parlamentari in Iran. Anche lì – tramite la scelta opposta dell’astensionismo – è emersa la protesta dei giovani e delle donne verso l’immobilismo delle politiche islamiste. Dunque – anche in un Medio Oriente scosso da molte tensioni – la voce del popolo è in grado di farsi sentire, usando mezzi tanto pacifici quanto efficaci.

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Edoardo Monti

Edoardo Monti

Ho lavorato per anni come freelance nell'editoria, collaborando con case editrici come Armando Editore e Astrolabio-Ubaldini. Nel 2017 ho iniziato a scrivere recensioni per Leggere:tutti, mensile del Libro e della Lettura, e dal 2020 sono tra i soci dell'omonima cooperativa divenuta proprietaria della rivista.

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