“È ora di un processo democratico per la causa dei Curdi, porre fine alla lotta armata e sciogliere l’organizzazione”. Una dichiarazione storica, che apre un possibile scenario di pace. A farla dal carcere in Turchia, dove è rinchiuso dal 1989, è il leader curdo Abdullah Öcalan del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) a fine febbraio.

Poco dopo il comitato direttivo del PKK annuncia che “rispetterà pienamente l’appello del leader Öcalan” dichiarando il cessate il fuoco a partire dal 1° marzo. Per quanto riguarda la richiesta di scioglimento, il PKK chiede alla Turchia garanzie di sicurezza e lancia la proposta di un congresso da svolgersi sotto la guida dello stesso Öcalan, di cui ha chiesto la scarcerazione.

Al momento il cessate il fuoco sembra reggere. Il 12 marzo, il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che è in programma un incontro tra membri del suo partito AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo) ed i deputati del partito filo-curdo, che hanno visitato in carcere Abdullah Öcalannon.

Il Kurdistan e l’origine del conflitto

Il Kurdistan è un altopiano di 200.000 kmq che occupa l’attuale regione geografica dell’Asia sud-occidentale. Non è uno Stato autonomo, ma un’area suddivisa tra Turchia, Iran, Iraq e Siria abitata da 35 milioni di Curdi divisi nei quattro Paesi: 20 milioni in Turchia, 8 milioni in Iran, 5 milioni in Iraq, oltre 2 milioni in Siria.

La fine della Prima Guerra Mondiale, la sconfitta dell’impero Ottomano e la divisione dei suoi territori avevano fatto sperare i Curdi di potere ottenere uno Stato indipendente, come previsto dal trattato di Sèvres con le potenze vincitrici (Francia e Gran Bretagna). Questo trattato non venne mai applicato. L’esercito turco intanto, guidato da Mustafa Kemal Atatürk, vinse la guerra d’indipendenza e convinse Francia e Inghilterra in quel momento sue alleate, a firmare un nuovo trattato che cancellò i diritti concessi ai Curdi.

Da quel momento i Curdi hanno subìto tentativi di assimilazione culturale forzata, discriminazioni e persecuzioni. L’identità curda è strettamente legata alla lingua, che li distingue dai vicini arabi e turchi.

I Curdi in Turchia

La comunità curda rappresenta circa il 20% della popolazione della Turchia. La loro presenza si è scontrata con il nazionalismo turco di Kemal Ataturk, il fondatore della Repubblica Turca nel 1923. Ataturk ha negato per decenni i diritti di espressione della minoranza curda, chiamandoli “turchi dell’Est“.

Nel 1977 le istanze di indipendenza dei gruppi Curdi separatisti sono formalizzate in un manifesto intitolato: “La strada nazionale per la rivoluzione curda”, scritto da Abdullah Öcalan, leader e fondatore del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK).

Il PKK è un’organizzazione militante nazionalista che lotta per l’indipendenza dei Curdi. Inizialmente si ispirava al marxismo-leninismo, adottando successivamente il federalismo democratico. Nel 1984 il PKK, dal nord dell’Iraq, inizia a compiere attentati terroristici contro la Turchia dando il via ad una guerra che durerà quarant’anni. Una guerra costata circa 40.000 morti tra combattenti curdi, soldati turchi e civili.

Il primo tentativo di pacificazione tra Curdi del Pkk e Turchia

Nel 1999 Turchia, Stati Uniti e Unione Europea hanno dichiarato il PKK un’organizzazione terroristica, mentre il suo leader Öcalan è arrestato e condannato all’ergastolo.

Dopo 12 anni di conflitto interno, nel 2012, Öcalan e Recep Tayyip Erdoğan hanno avviato una trattativa per risolvere la questione curda tramite una riforma costituzionale. L’accordo prevedeva il disarmo del PKK in cambio di concessioni: autonomia, insegnamento del curdo nelle scuole, possibilità di entrare in politica e miglioramento delle condizioni carcerarie di Öcalan.

Nel luglio 2015 un attentato attribuito all’ISIS  ha provocato la ripresa delle ostilità. La tregua è stata interrotta e ha portato alla riapertura del conflitto con una serie di nuovi attentati terroristici, fino all’ultimo avvenuto nell’ottobre 2024.

Perché ora la pace potrebbe essere un traguardo raggiungibile

Il Presidente turco potrebbe sfruttare quest’occasione per cambiare la Costituzione ed assicurarsi un terzo mandato presidenziale. Erdogan ha bisogno di una maggioranza qualificata quindi è alla ricerca di un allargamento della maggioranza parlamentare. Il gruppo parlamentare curdo diventa dunque fondamentale per realizzare questa riforma.

Il Presidente turco sembra disposto a fare alcune concessioni come quella della liberazione di Öcalan e l’interruzione della pratica della nomina di sindaci turchi nei comuni amministrati dai curdi, con la rimozione dei sindaci eletti.

Un altro fattore da considerare è la possibilità di porre fine ai conflitti con i Curdi che sono distribuiti negli altri Paesi della regione, soprattutto in Siria.  Se i Curdi nella vicina Siria seguissero l’esempio dei Curdi turchi finirebbe un conflitto regionale di lunga data e aiuterebbe il nuovo governo alleato a Damasco.

La necessità di consolidare il fronte interno rende urgente per Ankara un accordo con i Curdi. Mentre la fine delle ostilità libererebbe l’esercito turco del grosso peso relativo alle operazioni anti-curde in Turchia, Siria e Iraq. Il percorso potrebbe essere complesso e rischioso ma porterebbe alla fine un conflitto che è durato decenni. Un altro tassello per stabilizzare il Medioriente.

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Gloria Scacchia

Aspirante giornalista pubblicista, ho lavorato per la Farnesina e l’OSCE, mi interesso di  Diritti Umani, Geopolitica, Società, Cultura e Attualità. Scrivo per Buone Notizie.it e frequento il master e il laboratorio di giornalismo costruttivo

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