In un’epoca in cui le fake news sul coronavirus sono all’ordine del giorno, la percezione dell’opinione pubblica è più che mai distorta.

Da mesi stiamo vivendo un’emergenza globale. Un’emergenza la cui pericolosità viene continuamente e pericolosamente ampliata dalla proliferazione di fake news sul coronavirus, le quali non fanno altro che creare confusione, panico generale e sfiducia verso le informazioni mediche verificate. Un problema a cui le istituzioni, politiche e non, stanno provando a trovare una soluzione. Un problema non solo italiano, bensì tanto globale quanto la pandemia stessa.

Le difficoltà comunicative della scienza

Se la comunicazione e i media stanno dunque peccando, come sta comunicando la scienza? Prima di scandagliare la questione va fatto un distinguo tra comunicazione interna e comunicazione esterna. Se la comunicazione interna, a detta degli esperti, sta continuando a funzionare efficientemente con i suoi iter e le sue dinamiche, così non si può dire riguardo alla comunicazione esterna, comunemente definita divulgazione.

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Seppur considerando l’imprevedibilità della situazione e il suo essere un caso unico nella storia contemporanea, spesso riguardo affermazioni di enti scientifici e di importanti esperti si è denotato un basso grado di cautela, con smentite anche fragorose. Dal punto di vista comunicativo non si è sicuramente contraddistinta l’Organizzazione Mondiale della Sanità, istituto dell’ONU specializzato nella salute. La prima situazione criticata è stata il dietrofront circa le mascherine: se ora viene raccomandato il loro utilizzo nei luoghi chiusi o dove non sia possibile mantenere il distanziamento sociale, prima sosteneva invece che potessero creare un falso senso di sicurezza, consigliandone l’utilizzo solamente al personale sanitario e a chi fosse a contatto con familiari malati di COVID-19.

Un’altra situazione particolare di cui si è tanto discusso è stata quella della dichiarazione di Maria Van Kerkhove, capo del gruppo tecnico dell’OMS che si sta occupando dell’emergenza coronavirus: «È molto raro che una persona asintomatica possa trasmettere il coronavirus». Una dichiarazione smentita dalla stessa Van Kerkhove a distanza di poche ore, dichiarando che «affermare che a livello globale siano rari i contagi di Covid-19 da soggetti asintomatici è stato un errore di comunicazione». Una frase arricchita anche dalla seguente analisi:

“Le stime della trasmissione da persone asintomatiche provengono principalmente da modelli che potrebbero non fornire una rappresentazione accurata. Questa è, e rimane, una grande incognita”

Maria Van Kerkhove

Van Kerkhove coronavirus

Maria Van Kerkhove, capo del gruppo tecnico dell’OMS che si sta occupando dell’emergenza coronavirus.

La guerra alle fake news sul coronavirus da parte del Governo

Nell’epoca di internet niente va dato per scontato. Capita così che anche durante una grave emergenza di questo tipo il Governo con un vademecum sia costretto a smentire una serie di fake news sul coronavirus alcune delle quali, analizzate, lasciano più che perplessi. La più strana da questo punto di vista è quella legata all’utilizzo della candeggina: «Fare gargarismi con la candeggina, assumere acido acetico o steroidi, utilizzare oli essenziali e acqua salata protegge dall’infezione da nuovo coronavirus». Ma ancora «tagliarsi la barba evita il contagio», «se vieni contagiato dal nuovo coronavirus te ne accorgi sempre», «gli animali domestici possono trasmettere il virus» e «mangiare aglio può aiutare a prevenire l’infezione da nuovo coronavirus». Capita poi anche che torni a soffiare il vento del razzismo con fake news sul coronavirus del tipo «gli extracomunitari sono immuni all’epidemia grazie al vaccino contro la Tubercolosi».

Cos’altro è successo in Italia?

Nella nostra penisola si è assistito ad una grande proliferazione di fake news sul coronavirus soprattutto tramite social network, vere e proprie e app di messaggistica come Whatsapp. Ha contribuito a questa diffusione sicuramente la rapidità e l’agilità nell’inoltrare messaggi con l’app recentemente acquisita recentemente da Facebook, il cui utilizzo sociale in ambito informativo è molto pericoloso vista la possibile viralità, l’assenza di spirito critico di una buona fetta di popolazione e l’usuale assenza di fonti.

Si passa così dal coronavirus originato dal 5G fino al virus creato in laboratorio. Per quanto riguarda questa seconda fake news la smentita è arrivata direttamente dal celebre settimanale inglese Nature, il quale ha pubblicato l’articolo L’origine prossima del SARS-CoV-2 in cui si evidenzia l’origine naturale e zoonotica del virus, ovvero la caratteristica di essere trasmesso dagli animali all’uomo.

Nature coronavirus

Articolo “L’origine prossima del SARS-CoV-2” della celebre rivista Nature.

L’esempio del servizio del TG Leonardo

Il problema reale nasce quando una fake news sul coronavirus sembra esser supportata da dati affidabili o da servizio giornalistici, e quindi percepita come reale. È il caso per esempio di un servizio del TG Leonardo, il telegiornale scientifico curato dalla redazione del TGR Piemonte. Durante un servizio del 2015 si parlava della creazione di un «super virus polmonare da pipistrelli e topi» a scopo di studio, evidenziando quanto la comunità scientifica fosse perplessa circa la pericolosità di un esperimento simile.

Un servizio che è diventato virale a distanza di cinque anni, cavalcato da chi ha avuto intenzione di diffondere il panico attraverso false notizie. Se il servizio è effettivamente affidabile, è altrettanto vero che non abbia nulla a che vedere con l’attuale situazione coronavirus. Il TGR Leonardo ha infatti deciso a marzo di tornare sul tema con una nuova puntata, arricchita dalle parole di Antonio Lanzavecchia, uno degli scienziati che simularono nel 2015 gli effetti di un coronavirus. «Niente a che vedere con il SARS-CoV-2», afferma l’esperto, «il nostro virus era diverso e non poteva vivere fuori dal laboratorio». Nulla in contraddizione dunque rispetto all’origine zoonotica denotata dalla rivista Nature.

Fake news sul coronavirus dal mondo

L’Italia non è il solo Paese in cui sono proliferate fake news sul coronavirus. Secondo i rapporti di EUvsDisinfo, progetto europeo legato al Servizio Diplomatico dell’UE, una grossa percentuale di notizie false sarebbero apparse in primis su media legati alla Russia, con rapporti più o meno diretti, come Sputnik e TV Zvezda.

Tante teorie del complotto si sono dunque diffuse in svariati Paesi. Dalla creazione del virus per bloccare lo sbarco dei migranti, a quella per fermare l’ascesa dei Gillet Gialli in Francia, a quella per aiutare la Cina a fermare le proteste ad Hong Kong. Pericolose e bizzarre anche numerose teorie sulla cura dell’infezione da coronavirus: in Madagascar si è parlato perfino dell’utilizzo di tisane alla salvia come cura.

Ma in tutto ciò la situazione che più è diventata virale è stata quella di Donald Trump, presidente USA che durante una conferenza stampa ad aprile ha rivolto la seguente domanda a Deborah Birx, coordinatrice della task force sul coronavirus:

“Vedo il disinfettante che lo uccide in un minuto. Un minuto. E c’è un modo in cui possiamo fare qualcosa del genere, mediante iniezione all’interno, o quasi una pulizia?”

Donald Trump

Non un’affermazione, bensì una domanda. Ma una domanda che ha spinto comunque persone più vulnerabili psicologicamente e culturalmente a testare questo rimedio in America, con conseguenze ben immaginabili. Il tutto un mese dopo che il Washington Post e il New York Times lanciarono la proposta di non trasmettere più le conferenze stampa del presidente in diretta per permettere un attento fact checking.

Diffidenza verso i vaccini per il coronavirus

Un’ulteriore grave conseguenza di tutta la questione delle fake news sul coronavirus è la diffidenza di una grossa fetta di popolazione verso i futuri vaccini. Da anni ormai si sta assistendo, sempre a causa della disinformazione, ad un processo di sfiducia nei confronti della scienza in ambito medico, con annessa crescita dei cosiddetti gruppi No-Vax. Una crescita che rischia di causare enormi problemi una volta che sarà trovata una soluzione definitiva alla pandemia, soprattutto per i soggetti immunodepressi.

vaccino coronavirus

Secondo un sondaggio dell’EngageMinds HUB dell’Università Cattolica di Milano in Italia il 41% della popolazione italiana non sarebbe predisposta al vaccino, con una variazione geografica di percentuale che va dal minimo del 40% nel Nord Ovest al massimo del 43% al Centro. Una situazione dunque che dovrà essere curata nel dettaglio anche dal punto di vista comunicativo per far sì che gli sforzi economici, scientifici e medici non vadano sprecati a causa della proliferazione di fake news.

Quali le conseguenze positive in questa emergenza?

Un aspetto sicuramente positivo in questa situazione di emergenza è che, a detta degli esperti, la comunicazione interna al mondo scientifico stia continuando a funzionare al meglio. Per quanto riguarda la divulgazione numerosi Paesi ed enti istituzionali hanno sviluppato delle autentiche task force per combattere la diffusione di fake news sul coronavirus e permettere alla popolazione di poter verificare cosa ci sia di vero nelle notizie che vengono diffuse ogni giorno. Il consiglio degli esperti, tuttavia, rimane sempre lo stesso: informarsi solamente su canali ufficiali e quindi verificati. Solo così si può navigare in sicurezza nel mare del web, tanto una delle più grandi invenzioni dell’umanità quanto una delle più pericolose in situazioni emergenziali.

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Matteo Calautti

Matteo Calautti

Esterofilo e curioso osservatore di politica e attualità. Fondatore di Liguria a Spicchi e responsabile della comunicazione del Comitato Regionale Liguria di pallacanestro. Scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare pubblicista.

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