Se è vero che il 2020 passerà alla storia come l’anno della Pandemia, il 2021 ha delle buone probabilità di venire ricordato come l’anno in cui si sono messi in discussione diversi paradigmi di stili di vita.

Il processo di riorganizzazione della quotidianità ha avuto un impatto forte sul mondo del lavoro, che si trova oggi nel pieno di una crisi di identità. I vecchi ruoli si scontrano con le nuove esigenze dettate dalla pandemia, dalla rivoluzione digitale e da nuovi modi di vivere la socialità.

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In questa sfera di cambiamento rientra la Great Resignation, nota anche come Big Quit o Great Attrition. Il fenomeno consiste nell’ondata di dimissioni volontarie molto al di sopra del dato medio mensile, da parte dei lavoratori dipendenti. La causa è la nuova consapevolezza su diversi stili di vita percorribili, dovuta agli effetti della pandemia.

Per dimissioni volontarie si intende la comunicazione, da parte del lavoratore dipendente, della risoluzione del rapporto di lavoro. In Italia esiste una procedura specifica da seguire che è stata recentemente digitalizzata (tutto ciò che c’è da sapere per rassegnare le dimissioni volontarie).

Le dimissioni volontarie di massa sono un fenomeno mondiale?

La Great Resignation è un fenomeno registrato prevalentemente negli Stati Uniti. I primi dati delle anomalie sulle dimissioni si sono osservati a partire da marzo 2021, mese dal quale il tasso di abbandono volontario del lavoro ha superato la media stagionale per crescere anche nei periodi successivi.

Gli analisti si stanno chiedendo oggi se questo trend del mercato del lavoro statunitense abbia raggiunto, o raggiungerà di riflesso, anche l’Europa. Lo studio dei dati attualmente non permette di trarre conclusioni a livello europeo, sia perché l’orizzonte temporale osservato non è ampio, e di conseguenza non si può parlare di evidenze solide provenienti dalle numeriche, sia perché il mercato del lavoro in Europa presenta un proprio particolare ecosistema di leggi e normative, processi e caratteristiche nazionali, estremamente diversi da paese a paese.

Premesso questo va altresì detto che in alcuni paesi europei si stanno verificando delle dinamiche che, seppur acerbe, fanno pensare che il fenomeno d’oltreoceano delle dimissioni volontarie di massa stia arrivando.

Dalla Germania arrivano infatti delle evidenze sulle crescenti opportunità di carriera per i lavoratori specializzati, e quindi sulla possibilità di un aumento di turnover per queste risorse. Il 34,6% delle aziende tedesche lamenta infatti una mancanza di personale con skills specifiche.

Nel Regno Unito invece si parla di più di un milione di vacancy nell’estate 2021. Un numero record, anche rispetto ai livelli pre-pandemici. Sempre in UK la società di recruiting Randstad UK ha condotto una intervista fra circa 6.000 lavoratori. Tra questi il 69% percento si dichiara disposto a cambiare lavoro nei mesi successivi. Per contestualizzare correttamente la percentuale Randstad precisa che mediamente ci si aspetta che solo l’11% di lavoratori voglia cambiare occupazione nel corso di un anno.

Tenere d’occhio l’evoluzione dei data set provenienti dall’Europa e osservare l’andamento delle variabili entro i confini nazionali dei singoli stati è l’unico modo per capire se queste avvisaglie siano sintomi di una Great Resignation europea oppure se siano fenomeni simili ma non strutturati.

Quali sono le motivazioni dietro alla Great Resignation?

Sono molteplici gli studi attualmente in atto al fine di comprendere le dinamiche dei cambiamenti nel mercato del lavoro.

Il Microsoft Work Trend Index 2021, riporta le risposte di più di 30.000 lavoratori provenienti da 31 diversi paesi del mondo. I risultati parlano del 41% di occupati che attualmente sta valutando la possibilità di rassegnare le dimissioni volontarie. Di questi, il 46% dichiara che l’apertura al cambio di lavoro è motivata dalla presenza di offerte di lavoro remoto provenienti da diverse società. Queste aziende, prima dell’avvento dello smart working, potevano infatti risultare alternative attraenti ma non praticabili a causa della localizzazione geografica.

Sempre il Microsoft Work Trend Index 2021 dà evidenza del fatto che gli annunci su LinkedIn inerenti ad offerte di lavoro da remoto sono aumentati di 5 volte, durante la pandemia.

Appurato che il fenomeno è effettivamente in atto, per comprenderlo al meglio occorre soffermarsi sulle motivazioni che hanno spinto e stanno spingendo un numero così alto di lavoratori a lasciare la propria occupazione.

La società di ricerche di mercato YPulse ha condotto una survey recentemente pubblicata nel lavoro WE What’s Next for Work Report per indagare le principali spiegazioni dietro alla Great Resignation.

La ricerca è stata condotta fra più di 13.000 persone appartenenti alle generazioni Z e Millennials, residenti in Italia, Spagna, Francia, Germania e UK.

Alla domanda: Cosa influenzerebbe maggiormente la tua decisione di rassegnare le dimissioni? il 44% degli intervistati ha risposto la sensazione di burnout provata nel luogo di lavoro. Il 42% la percezione di mancanza di equilibrio fra la vita lavorativa e quella privata. Il 32% la mancanza di uno scopo nel ricoprire la propria posizione lavorativa.

Dietro queste risposte è impossibile non notare come l’esperienza del Covid-19 abbia drasticamente cambiato la vita di molte persone.

Come ogni esperienza ad alto impatto emotivo, la pandemia ha permesso una riflessione ad ampio spettro su dinamiche lavorative che prima venivano tacitamente considerate normali. La tecnologia ha reso percorribile la strada dello smart working, prima relegato a poche virtuose realtà isolate, ponendoci di fronte ad alternative tangibili di vita lavorativa e di conseguenza personale. È impossibile sapere se la Great Resignation sia una conseguenza diretta delle risposte che i lavoratori si sono dati alla luce del cambio di prospettiva che il Covid-19 ha imposto loro.

Quello che però si può fare è raggiungere la consapevolezza del fatto che una importante rivoluzione culturale è in atto.

I lavoratori stanno ripensando il proprio rapporto con il lavoro, mostrando sul mercato il loro punto di vita. Ora spetta ai datori di lavoro raccogliere la sfida. Loro dovranno scegliere se subire gli effetti di un elevato tasso di turnover o comprendere cosa i loro stessi dipendenti stanno chiedendo.

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Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale. Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese. Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

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