La settimana lavorativa corta di quattro giorni è al centro di un dibattito sempre più acceso: per alcuni rappresenta una visione futuristica, per altri è già una soluzione concreta per migliorare benessere e produttività. In Italia, è ancora vista come un lusso o un costo eccessivo. Ancora oggi, il dibattito resta fermo alla solita domanda: lavorare meno significa produrre meno?
Ma forse è la domanda ad essere sbagliata. Le esperienze europee dimostrano che ridurre il tempo di lavoro può aumentare benessere, motivazione e produttività. E anche in Italia alcune aziende stanno ottenendo risultati positivi.
Produttività: serve un cambio di prospettiva
Per affrontare seriamente il problema della produttività, occorre superare l’approccio basato sul numero di ore, e adottare un paradigma incentrato sull’efficienza, sui risultati e sull’organizzazione intelligente del lavoro. Ciò significa ottimizzare i processi, eliminare le attività superflue, anche grazie all’uso dell’intelligenza artificiale, e misurare il contributo delle persone non in base alla loro presenza ma agli obiettivi raggiunti.
Meno tempo a disposizione può tradursi in scelte più consapevoli, meno spreco di energia e di risorse e maggiore concentrazione su ciò che davvero genera valore. Un esempio significativo è quello di Microsoft Giappone, che nel 2019, ha ridotto la settimana a quattro giorni, registrando un aumento del 40% della produttività e una riduzione dei costi dell’elettricità del 23%.
La settimana corta funziona: esempi concreti dall’estero
Persiste l’idea che lavorare di più significhi automaticamente produrre di più. Eppure, le esperienze internazionali dimostrano il contrario: Paesi come la Spagna, il Regno Unito, l’Islanda e il Giappone hanno sperimentato la settimana corta lavorativa, registrando livelli di produttività molto più elevati, ma anche un miglioramento del benessere psicofisico. In questi contesti, il valore del lavoro non risiede nella quantità di ore trascorse in ufficio, ma nell’efficacia e nella qualità con cui il tempo viene utilizzato.
Un esempio recente arriva dalla Spagna, in particolare da Valencia, dove nel 2023 è stato lanciato un programma pilota basato sulla settimana lavorativa di quattro giorni. I risultati hanno dimostrato un miglioramento dello stato di salute, meno stress e un generale miglioramento dell’umore. Sulla scia di questi dati, la Spagna ha avviato politiche per ridurre gli orari di lavoro, passando da 40 ore a 37,5, senza abbassamento dei salari.
Le aziende italiane che hanno già adottato la settimana lavorativa ridotta
In Italia non esiste ancora una legge che preveda la settimana lavorativa corta. Anche se, sono in discussione diverse proposte di legge per favorire la progressiva riduzione dell’orario a 32 ore settimanali. Quindi, attualmente, l’adozione di questo modello rimane una scelta delle singole aziende.
Alcune realtà italiane si sono già distinte per aver introdotto la settimana corta con risultati positivi. Carter & Benson, società milanese di consulenza ad esempio, dopo un anno di sperimentazione, nel 2021 ha confermato la settimana lavorativa di quattro giorni a parità di stipendio. Intesa Sanpaolo, invece, nel 2023, ha introdotto la possibilità di lavorare su base volontaria 36 ore, distribuite su quattro giorni. A fine 2024, circa la metà degli impiegati abilitati aveva aderito all’iniziativa, reputandola innovativa e utile per aumentare il benessere e conciliare vita privata e lavoro.
Anche Lamborghini ha sperimentato la flessibilità, alternando settimane da quattro a cinque giorni, con turnazioni che offrono venerdì liberi a rotazione, conciliando cosi produttività e benessere. Infine, la SIAE ha introdotto nel 2025 la settimana corta mista, che permette ai dipendenti di alternare settimane da quattro e cinque giorni, senza che questo comporti modifiche nel salario, ma introduce un riconoscimento di ulteriori strumenti di welfare.
Il futuro del lavoro non è lavorare meno, ma lavorare meglio
Il dibattito sulla settimana corta va ben oltre la semplice riduzione dell’orario: è un cambio di paradigma culturale e organizzativo. Ripensare il tempo di lavoro significa mettere al centro il benessere delle persone e l’efficienza e valorizzare la qualità del lavoro, abbandonando modelli rigidi e ormai obsoleti basati sulla presenza e sul controllo.
In un contesto sempre più digitale e dinamico, la settimana corta non è solo una scelta etica, ma anche una strategia competitiva. La vera sfida per l’Italia è ridefinire la modalità di lavoro per massimizzare i risultati, garantendo allo stesso tempo una maggiore qualità della vita.
Non è un’utopia, molte aziende stanno dimostrando che è possibile. Serve solo il coraggio, sia politico che manageriale, di superare vecchi schemi, guardare oltre e progettare un futuro del lavoro più umano, sostenibile ed efficace.

