Dalla Convenzione di Istanbul del 2011, la normativa italiana ha messo in atto numerose innovazioni e modifiche per rendere sempre più concreta la tutela delle donne vittime di violenza. Le novità introdotte dall’ordinamento italiano, come il Codice Rosso e la futura Riforma della giustizia, che entrerà in vigore da luglio 2023, fanno emergere la presa di coscienza del legislatore sulle situazioni di violenza di genere che offre nuovi strumenti e soluzioni per proteggere le vittime.

La Convenzione di Istanbul

La Convenzione di Istanbul è un provvedimento adottato dal Consiglio d’Europa nel 2011 che rappresenta un momento fondamentale nella lotta europea alla violenza contro le donne e alla violenza domestica. L’obiettivo della Convenzione è quello di promuovere la collaborazione internazionale al fine di prevenire, perseguire ed eliminare le situazioni di abuso, predisponendo un quadro globale di azioni politiche e di assistenza.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

Il trattato è stato firmato da 45 Paesi e in particolare in Italia la legge del 27 giugno 2013 ha autorizzato la ratificazione della Convenzione nel Bel Paese. Al fine di monitorare la corretta attuazione delle previsioni vincolanti contenute nel documento, la Convenzione ha istituito un gruppo di esperti indipendenti (GREVIO) che hanno il compito di controllare l’avanzamento dei lavori tramite visite, questionari e inchieste

Il Codice Rosso a tutela delle donne vittime di violenza

La legge italiana 69 del 19 luglio 2019, denominata “Codice Rosso” contiene delle modifiche di natura penale alla gestione di casi di violenza domestica e di genere. Una delle più importanti disposizioni della norma prevede l’accelerazione del provvedimento penale per alcuni reati, tra cui i maltrattamenti in famiglia, la violenza sessuale e lo stalking. Tale efficientamento processuale è finalizzato all’adozione tempestiva dei provvedimenti di tutela delle vittime, in modo da prevenire il degenerare di situazioni di denuncia in casi drammatici.

Il Codice Rosso introduce quattro nuovi reati nel Codice Penale: il delitto di diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso della vittima (il cosiddetto revenge porn), la deformazione dell’aspetto della persona, l’induzione al matrimonio e quello di violazione dei provvedimenti di allontanamento.

Dal punto di vista delle sanzioni, il Codice Rosso inasprisce i termini già previsti nel Codice Penale e in più prolunga l’orizzonte temporale entro il quale la persona offesa è nella condizione di poter sporgere querela da 6 a 12 mesi, riconoscendo e tutelando il diritto delle donne vittime di violenza di elaborare il trauma in un tempo più consono.

La riforma Cartabia

Nel Piano per la ripresa dell’Europa, concordato nel 2020 dai leader di tutti i Paesi dell’Unione europea, dal Parlamento e dalla Commissione europea, l’Italia ha preso l’impegno di ridurre nell’arco temporale di cinque anni il 40% il tempo medio di durata dei procedimenti civili, il 25% di quelli penali e di diminuire del 90% le procedure arretrate degli uffici giudiziari. Da questa premessa nasce la Riforma che entrerà in vigore nel 2023, conosciuta anche come riforma Cartabia, dal nome dell’allora Ministra della Giustizia, Marta Cartabia.

Dal punto di vista della tutela delle donne vittime di violenza, le novità fondamentali previste dalla Riforma sono due: il ruolo proattivo riconosciuto al giudice civile e l’obbligo di ascoltare la testimonianza dei minori, qualora presenti.

Riguardo al primo punto, la Riforma prevede la possibilità che il giudice civile possa richiedere autonomamente degli atti o richiedere delle istruttorie d’ufficio, coinvolgendo anche direttamente le forze dell’ordine. La violenza può quindi essere accertata non solo dal giudice penale ma anche da quello civile, che può muoversi più rapidamente poiché non sottoposto alle regole garantiste del processo penale e che non deve limitarsi alla violenza fisica, ma può ravvisare anche altre forme di abuso, come la violenza psicologica o quella economica.

Il giudice civile, abilitato a questi strumenti ulteriori di indagine, è nella situazione di poter rispondere meglio al quesito che spesso si pone sulle modalità di affidamento dei figli minori. Uno dei punti maggiormente criticati dalle associazioni attive nella tutela delle donne vittime di violenza è la mancanza di ascolto diretto da parte dei giudici dei minorenni coinvolti, preferendo la pratica dell’ascolto del testimone delegato a intermediari o CTU (consulenti tecnici d’ufficio). La riforma Cartabia impone l’obbligo di sentire il minore.

Il bambino però, come sostiene il Magistrato delle donne Fabio Roia, va “Ascoltato da un giudice competente e capace nel riconoscere la violenza, questo non è scontato“. Risulta essenziale prevedere un programma di formazione specifico verso tutti gli operatori coinvolti come giudici, avvocati e CTU, ma anche assistenti sociali e forze dell’ordine. L’aspetto culturale della sensibilizzazione alla violenza deve procedere di pari passo con l’innovazione normativa.

Oggi il problema che abbiamo è quello della scarsa capacità di lettura della violenza domestica. Molte volte il bambino non vuole vedere il papà perché ha in mente un modello di padre violento. Questo aspetto di criticità verrà, credo, risolto dalla Riforma Cartabia che imporrà di fare un’istruttoria al giudice civile in presenza di una semplice allegazione di violenza domestica da parte di una delle due parti in causa, quindi nel caso di specie da parte della madre.”

Le innovazioni legislative impatteranno fortemente il processo civile, ma agirà anche come incentivo sulla formazione e specializzazione.

“Verrà fatta l’acquisizione degli atti se c’è un procedimento penale ma anche in assenza di questo andrà fatta una attività istruttoria. Inoltre è previsto un ampliamento dell’albo dei CTU, laddove debbano essere conferiti incarichi di natura tecnica questi potranno essere conferiti solo a professionisti che abbiano documentato una esperienza specifica nella violenza domestica. Questa buona pratica tra l’altro è già attiva presso il Tribunale di Milano.”

Leggi anche:

Buone pratiche: soluzioni per la violenza sulle donne in Spagna

Condividi su:
Chiara Bastianelli

Chiara Bastianelli

Laurea in Economia e Direzione Aziendale.Project manager in una società di consulenza strategica per le imprese.Appassionata di aziende, finanza e letteratura.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici