I climatologi concordano nel dire che a causa del cambiamento climatico, i disastri naturali saranno sempre più frequenti e di maggiore intensità, come da poco accaduto in Romagna, porzione d’Italia maggiormente esposta al rischio alluvione.
Ma nel corso degli anni ci sono stati dei progressi nella gestione delle emergenze ambientali? Ci stiamo “adattando” al cambiamento climatico, o accettiamo passivamente i disastri naturali e le loro conseguenze?

Per fare un po’ di chiarezza sul tema abbiamo intervistato il Dott. Alessandro Novellino, geologo presso il British Geological Survey ed esperto in telerilevamento a supporto del governo britannico e delle organizzazioni internazionali Nazioni Unite e Banca Mondiale nel mitigare l’impatto di disastri naturali.

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Anche se c’è ancora da lavorare per diffondere la cultura della prevenzione, il modo in cui in Italia si riesce a gestire l’emergenza è migliorato nel tempo?

“Sicuramente nel corso degli anni è migliorato il modo in cui gestiamo le emergenze e i disastri naturali a livello mondiale. Da mezzo milione di morti all’anno ora se ne contano un decimo, principalmente in Asia, dove l’intensità dei disastri naturali (alluvioni, frane, sismi e uragani) è maggiore che in Europa, così come la loro frequenza. La nostra protezione civile è tra le migliori al mondo, quello che è successo in Emilia-Romagna era stato previsto, l’allerta rossa era stata diramata almeno 24 ore prima della tragedia. Non bisogna dimenticare che la pianura padana è tra le zone con il maggior rischio alluvione in Italia. Possiamo sicuramente migliorare il modo in cui prevediamo i fenomeni e diramiamo le allerte, ma non possiamo azzerare il rischio. Questo vorrebbe dire poter governare la natura, cosa che non è possibile”.

La gestione dell’emergenza ambientale

rischio alluvione

Cosa potremmo provare a migliorare nel diramare le allerte?

Di sicuro possiamo migliorare la comunicazione. La protezione civile aveva diramato l’allerta rossa in Emilia-Romagna, diffondendo consigli e norme di comportamento da adottare in caso di esondazioni e allagamenti. C’è però una platea di soggetti che non legge i bollettini, perché ha poco tempo per informarsi, non guarda la televisione, non legge i giornali o non è sui social. Ciò non accade solo quando c’è il rischio alluvione ma anche in molti altri casi, quando esiste un pericolo caduta valanghe e gli alpinisti si recano in zone dove è fortemente sconsigliata la presenza dell’uomo. Nel caso delle alluvioni potremmo implementare sistemi di messaggistica che avvisano le persone presenti in zona e le spingono a mettersi in salvo con anticipo. Inoltre, proprio perché la Romagna è una zona altamente a rischio, bisognerebbe costruire più casse di espansione. Con un numero sufficiente di opere di questo tipo, la portata dei danni sarebbe inferiore”.

Casse di espansione e maggiore permeabilità del terreno per mitigare i danni delle alluvioni

Oltre a migliorare la comunicazione dello stato d’emergenza nella diramazione delle allerte, si può agire costruendo opere idrauliche. Le casse di espansione servono a raccogliere parte dell’acqua dei fiumi che stanno esondando ed evitano così che la zona si allaghi. Ma al momento sono presenti soprattutto in Emilia, tra Modena e Parma, in Romagna ce ne sono poche e alcune erano state iniziate ma sono state fermate.

Tra le maggiori criticità legate alla loro costruzione i costi elevati, la necessità di spazio (quindi di esproprio dei terreni) e di conseguenza tempi piuttosto lunghi.

casse di espansione sul torrente Parma

casse di espansione sul torrente Parma ad opera dell’impresa Pizzarotti

 

Inoltre, un territorio in pianura così antropizzato come la Romagna (9% vs 7% del resto d’Italia) presenta rischi maggiori legati alla scarsa permeabilità del terreno.

Quando si costruisce troppo, materiali impermeabili come il cemento si sovrappongono al terreno, che non è più in grado di assorbire e rilasciare lentamente ingenti quantità d’acqua proveniente da fiumi e canali durante le piogge torrenziali. L’acqua insieme a fango e detriti si accumula causando allagamenti persistenti, danni economici e rischi sanitari (acqua stagnante che contiene rifiuti e carcasse di animali morti).
Ad aggravare la scarsa permeabilità del terreno in Romagna ha contribuito il lungo periodo di siccità della scorsa estate.

L’Unione europea richiede agli Stati membri di predisporre dei piani di gestione del rischio alluvione e la definizione di misure idonee che riguardino ogni fase: prevenzione, protezione, preparazione, ricostruzione e valutazione post-evento.

Ora è tempo di ricostruire. Considerata la portata mediatica dell’evento, si può puntare su una maggiore partecipazione della comunità, corsa solidale e raccolte fondi. Difficile stimare i tempi della ricostruzione ma in Romagna tornerà presto a splendere il sole.

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Mariarita Persichetti

Mariarita Persichetti

Laureata in Management con una tesi in marketing territoriale. Viaggio, scrivo, fotografo e degusto formaggi. Su Buonenotizie.it parlo di progetti sostenibili e innovativi nel turismo, cultura gastronomica e mondo. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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