Quando si racconta una guerra, il modo di riferire le news ha un impatto sull’opinione pubblica. Si può scegliere di raccontare gli eventi con un approccio costruttivo, anziché limitarsi a riportare una serie di eventi distruttivi.

Scegliendo la via del “peace journalism”, anche il giornalismo può diventare uno strumento di pace.

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News di guerra tra violenza, buoni e cattivi

Nelle news, la guerra tradizionalmente è trattata come una successione di singoli eventi. Il giornalista racconta un accadimento violento che segue un altro accadimento violento, poi inserisce una certa quantità di dettagli sul numero e sulla natura delle persone colpite, sulle modalità dell’attacco, sulle contromisure che saranno adottate.

Questo modo di riportare le news genera sensazioni ed emozioni, porta chi legge a empatizzare con l’una o con l’altra parte in conflitto. Mentre gli eventi raccontati si susseguono, il lettore si identifica e si commuove fino a parteggiare per una delle fazioni. Nel pubblico il dibattito si polarizza, la guerra appare come un gioco a somma zero, in cui – come in un incontro sportivo – si può soltanto vincere e prevalere oppure perdere e soccombere.

In breve tempo, si assiste alla trasposizione nell’opinione pubblica della lotta armata a cui stava assistendo. Il dibattito è esacerbato e la violenza sembra l’unica strada possibile.

Oltre le news di guerra: il giornalismo di pace

L’intuizione di adottare un approccio diverso e ulteriore al racconto delle crude news di guerra affonda le radici negli anni Sessanta. Si fa ricondurre al pensiero di Johan Galtung. Sociologo e matematico norvegese, dalle sue idee è scaturita un’area di studi interdisciplinare (denominata irenologia o scienze per la pace) che si occupa della costruzione della pace positiva, cioè non la semplice assenza di guerra, ma il prodotto di azioni pacifiche.

Il giornalismo di pace, chiamato internazionalmente “peace journalism“, rappresenta un modo di sviluppare l’attività giornalistica alla luce dei principi dell’irenologia. Secondo questo filone, il racconto della guerra non è una successione di news dove spiegare quale parte sta vincendo.

Il giornalismo di pace indaga il processo più dei singoli eventi del conflitto. Ne scopre le radici profonde e le analizza per creare ponti tra le posizioni in lotta

Le regole del giornalismo di pace

I giornalisti Jake Lynch e Annabel McGoldrick hanno stilato un primo elenco dei principi da seguire perché le news siano riconducibili al giornalismo di pace. Nelle loro intenzioni, si trattava di una lista di controllo; il Center for Global Peace Journalism li ha poi utilizzati per creare un vero e proprio decalogo del giornalismo di pace.

Secondo questo codice, il giornalista di pace:

1. è proattivo, esamina le cause del conflitto e promuove discussioni sulle soluzioni.

2. cerca di avvicinare le fazioni, piuttosto che dividerle, ed evita la narrazione troppo semplificata del “noi contro loro” e del “buoni contro cattivi”.

3. rifiuta la propaganda ufficiale e cerca invece fatti da tutte le fonti a disposizione.

4. è equilibrato e racconta esigenze, sofferenze, proposte di pace provenienti da tutte le parti del conflitto.

5. dà voce a chi non ha voce, invece di limitarsi a scrivere di e per le élite che detengono il potere.

6. fornisce profondità e contesto, anziché semplici resoconti superficiali e sensazionali di violenza e lotta.

7. tiene presente le conseguenze che avrà il suo reportage.

8. sceglie attentamente le parole da usare, perché sa che le parole scelte con superficialità sono spesso considerate provocatorie.

9. seleziona con cura le immagini, perché sa che possono fare travisare un evento, esacerbare una situazione già difficile e vittimizzare ancora coloro che hanno già sofferto.

10. offre contro-narrazioni che contraddicono stereotipi, miti e percezioni errate create o perpetuate dai media.

Il principio cardine del giornalismo di pace è fornire una alternativa alle news di guerra sensazionali e irresponsabili, le quali ignorano o svalutano le risposte pacifiche mentre inaspriscono situazioni già tese, controverse e difficili.

Spezzare il successo della violenza nelle news di guerra

Il giornalismo di pace ha bisogno anche di lettori di pace. Le regole della SEO rischiano di incoraggiare le news che più fanno leva nell’emotività inconscia del pubblico. Premiare questo approccio significa contribuire ad allontanare le parti della guerra.

Ecco perché ha un ruolo determinante il singolo utente, il quale è chiamato a scegliere di educare innanzitutto se stesso alla pace. Questa educazione implica anche una scelta consapevole delle fonti di informazione e una continua richiesta di nonviolenza alle testate giornalistiche.

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Giovanni Pigozzo

Giovanni Pigozzo

Nei modi più vari mi sono sempre occupato di quel che succede nel mondo del Lavoro. Analizzo come è fatta e come evolve l'attività umana che più di tutte occupa le nostre giornate. Aspirante giornalista pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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