Il tifo dei genitori sugli spalti è il miglior supporto che un bimbo o un giovane atleta può sperare durante una gara o una partita. È talmente importante da poter essere decisivo per un buon risultato. Questo è l’effetto del tifo positivo nel mondo dello sport ed è anche un modo per prevenire il bullismo.

Ci sono genitori che non sanno perdere, che con troppa facilità dimenticano il loro ruolo mancando in modi ed educazione, diventando così un cattivo esempio. Molti di loro proiettano le proprie aspettative sui figli, condizionandone la crescita e il percorso di vita. La vicenda raccontata da Andrea Franzoso nel libro “Ero un bullo: la vera storia di Daniel Zaccaro“, ne è un esempio. Un goal mancato e le parole svilenti di un padre, spingono il giovane protagonista del libro, promessa del calcio, a diventare un bullo. Solo il sostegno positivo e un percorso formativo adeguato, porteranno Daniel a riscattarsi.

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“Ero un bullo”: una storia di campionismo e riscatto

Daniel ha 10 anni e gioca già con la maglia dell’Inter. Viene dai quartieri popolari di Milano e da una famiglia difficile. Daniel non vuole deludere le aspettative, soprattutto quelle di quel padre che non accetta errori. Quando durante una partita Daniel manca il goal decisivo, il sogno di diventare un calciatore famoso è infranto per sempre. Un goal mancato non rende campioni, ma un padre affetto da campionismo impedisce a un talento di uscir fuori. Il campionismo è quel fenomeno che si manifesta quando un bambino o adolescente viene forzato a raggiungere ossessivamente la vittoria. Se poi il giovane atleta è una promessa dello sport, i risultati positivi sono vissuti come un riscatto sociale.

Ed è questo di cui è affetto il padre di Daniel. “Non vali niente. Nella vita non combinerai mai nulla” gli dice a fine partita. Così Daniel vorrà sempre essere il più forte: a scuola diventa un bullo, in strada prima un teppista, poi un rapinatore. Arrestato e condannato, sconterà la pena nelle carceri minorili. Le sue vicende vengono narrate da Andrea Franzoso, in “Ero un bullo: la vera storia di Daniel Zaccaro“. Un libro motivazionale dove ai ragazzi si ricorda che “nella vita non esiste un copione già scritto ma fino all’ultimo puoi decidere di cambiare il finale”. Tanto che nel 2020, Daniel segna il goal della vita laureandosi in Scienze dell’Educazione. Con lui quel giorno le persone che lo hanno aiutato: la pm del Tribunale per i minori che l’ha fatto condannare; Fiorella, l’insegnante in pensione che in carcere l’ha fatto studiare; don Claudio, cappellano del Beccaria e fondatore della comunità Kayròs, che l’ha rimesso in piedi.

Tifo positivo nello sport contro il campionismo

Il tifo positivo nello sport è supportato da corsi per genitori che non sanno perdere per combattere il campionismo. L’identikit del campionista è il genitore assiduamente presente in campo, con buoni rapporti con staff tecnico e società, e che subissa di consigli tecnici il figlio. In alternativa, il campionista potrebbe essere l’allenatore che, sotto la spinta motivazionale al successo, proietta le proprie aspettative sull’allievo.

Il ruolo del genitore a livello sportivo è invece quello di fare tifo positivo ed essere un supporter, in qualunque sport si pratichi. Questo si insegna nella “Genitori tifosi!Scuola di tifo!“. Un progetto itinerante ideato da Katya Iannucci, psicologa e mental coach, che interviene nelle società sportive per insegnare alle famiglie ad essere di supporto durante le partite. Un supporto ai giovani atleti perché giochino al meglio e senza ansie di prestazione.

Altra iniziativa è quella di Maurizio Mondoni, Docente di Teoria, Metodologia e Didattica dei Giochi Sportivi, Stella d’oro al merito sportivo del CONI, Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Suoi sono “i 10 comandamenti del genitore” per il tifo a bordo campo. Tra le leggi c’è: non limitare mai l’attività sportiva dei figli per punizione. Incoraggiare a impegnarsi con costanza perché l’impegno in campo o in palestra e a scuola sarà in futuro fonte di soddisfazione. Spiegare ai figli che la delusione di una sconfitta diventa un mezzo per crescere. Vivere la gara in modo positivo e rispettate i ruoli di arbitri, allenatori e giocatori.

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Anna Restivo

Anna Restivo

Editor e creator freelance nel motorismo sportivo e storico.  Ho collaborazioni in F1 dal 2014, passando anche dalla Motogp, e dal 2019 in manifestazioni di auto e moto d'epoca. Mi piace raccontare il motorismo e le sue connessioni con società, arte, ambiente, creando format e progetti. Attualmente collaboro con BuoneNotizie.it, grazie al quale ho avuto l'opportunità di conoscere il giornalismo costruttivo.

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