L’imprenditore della Metallurgica Legnanese regala 1500 euro ai propri dipendenti, in occasione della Pasqua, come aiuto per pagare le bollette. Un regalo che aumenta la soddisfazione ma non la motivazione, sebbene contribuisca al welfare aziendale.

Secondo le previsioni del Bollettino del Sistema informativo Excelsior, realizzato da Unioncamere e Anpal di marzo 2023, la domanda di lavoratori supera l’offerta. L’azienda come può attrarre lavoratori? Il welfare aziendale può servire a questo scopo? In generale comunque il benessere all’interno delle aziende rappresenta un modo per avere lavoratori più produttivi. Cos’è quindi il welfare aziendale?

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Significato di welfare aziendale

Con il termine welfare si raggruppano una serie di misure ed iniziative promosse dall’azienda con il fine di creare e diffondere il benessere nel luogo di lavoro e migliorare il clima aziendale. Esiste una stretta relazione tra il benessere del dipendente e l’incremento delle sue performance lavorative.
Non c’è invece una stretta relazione tra il benessere e la retribuzione. Un’adeguata retribuzione è condizione necessaria ma non sufficiente ad aumentare la motivazione e quindi il miglioramento delle performance. Questo è ciò che risulta da una ricerca di Bustillo Llorente e Fernandez Maciàs (2000) condotta in 23 Paesi in condizioni economiche diverse.

Il premio economico non rientra nelle misure per migliorare la motivazione ma serve a sviluppare un sentimento di appartenenza e concorre al welfare aziendale.

La motivazione, invece, aumenta con il raggiungimento degli obiettivi che innesca un circolo virtuoso facilitando la spinta verso traguardi ancora più alti, come descritto da tre professori universitari Prochaska, Norcross e Diclemente sugli stadi del cambiamento, fin dall’inizio degli anni 80. Si può essere motivati senza essere soddisfatti, ma non si può essere soddisfatti senza essere motivati.
Inoltre, il feedback positivo dell’ambiente circostante costituisce un incentivo all’autostima, sappiamo infatti che la percezione che abbiamo di noi stessi, e di conseguenza il senso del valore personale, derivano in gran parte da ciò che gli altri ci trasmettono: se nel contesto aziendale i traguardi raggiunti si accompagnano a commenti positivi, l’autostima ne risulterà rafforzata.

Lo smart working è la soluzione alla conflittualità?

La rivoluzione digitale e la pandemia hanno cambiato comportamenti, aspettative e bisogni delle persone anche nei riguardi dell’organizzazione del lavoro, più orientata ai risultati piuttosto che alla presenza in ufficio. Smart working è sinonimo di flessibilità in quanto concilia al meglio i bisogni dei collaboratori con le esigenze di business. Un modo di lavorare gradito per via di un miglior bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa.

Lo smart working, ha ridotto i momenti di contatto e quindi anche di conflitto tra colleghi. Sia la conflittualità sia lo stress, nei luoghi di lavoro, incidono sulla soddisfazione. Questo è quanto si evince dalla Relazione 2022 del Comitato Unico di Garanzia – ISTAT. In effetti, scopriamo che la conflittualità si è solo spostata dall’ambiente di lavoro a quello familiare. La linea di confine è molto sottile: da una parte gli spazi e i tempi di lavoro e dall’altra quelli familiari, vissuti in casa. Dalla stessa relazione del CUG, si apprende che i lavoratori in smart working lamentano orari di lavoro interminabili.

Gli obiettivi, la formazione e il welfare aziendale

Ecco quindi che gli obiettivi hanno diverse valenze: dal lato dell’imprenditore servono a misurare il lavoro del dipendente. Dal lato del lavoratore servono ad accrescere la motivazione e l’autostima. Importante quindi, è la definizione degli obiettivi che devono essere chiari, concreti e raggiungibili, come descritto da Paul J. Meyer nel libro “Attitude Is Everything: If You Want to Succeed Above and Beyond”.

Un altro aspetto del welfare aziendale riguarda la formazione: un dipendente che ha seguito un corso di formazione su un’attività specifica aumenta la propria competenza e quindi la capacità di svolgere quella mansione correttamente, così da raggiungere l’obiettivo più facilmente. Anche la formazione ha una duplice valenza restituendo dei benefici al lavoratore e al datore di lavoro. Nel lavoratore aumenta la competenza che si traduce nel sentirsi valorizzato come professionista. Il datore di lavoro ottiene il beneficio di innalzare il livello di specializzazione e un conseguente aumento della produttività. La formazione, paradossalmente, può avere lo svantaggio di ridurre la soddisfazione nel lavoratore. Quando la formazione crea delle aspettative nel lavoratore riguardo il suo impegno professionale e queste non possono essere soddisfatte per questioni di organizzazione interna, genera demotivazione. Questo aspetto è frutto di uno studio condotto da Arvey, Carter e Buerkley nel 1991.

Il benessere del lavoratore è il benessere dell’azienda

Gli obiettivi e la formazione devono essere ben calibrati sulla realtà aziendale in modo da costituire delle leve che possano aumentare il benessere del dipendente e di conseguenza la produttività. Lo smart working è un’opportunità che permette di avere un lavoratore più motivato e performante ma che deve essere regolato. Concretamente l’iniziativa dell’imprenditore della Metallurgica Legnanese aiuta il dipendente ad affrontare il carovita in un periodo in cui l’inflazione subisce un aumento. Secondo i dati Istat, si registra ad ottobre 2022 un incremento e a marzo 2023 una piccola diminuzione pari allo 0,4%.

Il welfare aziendale è quindi, l’insieme delle condizioni ambientali, le problematiche personali, le relazioni interpersonali, le aspettative, i bisogni e il coinvolgimento. Questi presupposti attraggono nuovi lavoratori, aumentano la fidelizzazione dei dipendenti e diminuiscono il turnover, cioè la percentuale tra il personale in uscita e quello in entrata.

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Francesco Ravenda

Francesco Ravenda

Francesco Ravenda, informatico. Appassionato di gestione aziendale e di podcast, attento alle dinamiche sociali, mi piace informare, raccontando. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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