Parlare di educazione sessuale e affettiva è un tema molto complicato e, allo stesso tempo delicato, ma probabilmente ancora non abbastanza approfondito. Buonenotizie.it ha incontrato Paolo Pagone, psicologo, formatore e Parent Coach, figura professionale che ha l’obiettivo di aiutare le persone ad essere genitori migliori e migliorare il rapporto con i propri figli. Gli abbiamo rivolto alcune domande per fare il punto sull’argomento e comprendere il punto di vista degli adolescenti, il ruolo dei genitori e l’importanza dell’educazione affettiva sin dall’ età dell’infanzia.

Oggi ci sono tante possibilità per informarsi, ma i giovani sono più informati e consapevoli loro sessualità? 

I giovani ritengono di essere consapevoli “di tutto ciò che serve”, ma di fatto presentano dispercezioni sulla definizione stessa di sessualità e su come viverla con agio e sicurezza. Da una ricerca compiuta dalla Fondazione PRO ONLUS (un’organizzazione che si occupa di diffondere la cultura della prevenzione nella popolazione maschile e promuovere il benessere dell’uomo in ogni fase di vita) è emerso che non c’è mancanza di consapevolezza, ma una “maleducazione sentimentale dei giovani”. Il sondaggio ha trattato temi come contraccezione, uso di alcol e droghe e salute sessuale, rivelando statistiche su come i giovani “maltrattano” il proprio corpo e la propria salute con sigarette, superalcolici, sesso non protetto, diffusi tra il 18-33% degli intervistati. 

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Crede che parlare di educazione sessuale e affettiva rappresenti ancora un tabù per molti di loro?

Parlare di sesso in senso lato non rappresenta un tabù: i giovani parlano di sesso e sessualità, ciò che manca è il trattare l’argomento in modo “scientifico”. L’adolescenza è il periodo dell’invincibilità, della ricerca della propria identità e del gruppo tra pari. Queste tre variabili prendono il sopravvento sulla quotidianità del giovane che si traduce, molto spesso, nel fare ciò che fanno gli altri, sperimentare nuove esperienze e minimizzare i rischi delle proprie decisioni. Non è né giusto né sbagliato: ogni adulto è stato adolescente e ha modellato se stesso anche grazie a queste caratteristiche, a volte imparando dagli errori.

Con chi ne parlano volentieri? Quali sono le domande o le paure più frequenti?

Non c’è una risposta univoca: sono domande che evocano paura e per questo rivolte a persone che fanno sentire l’adolescente al sicuro, in base all’educazione e ad esperienze che ha avuto nella vita. Potrebbe essere una figura esperta perché la conoscenza infonde certezze (una persona più grande o un tecnico del mestiere), una figura affettiva significativa (genitori, fratelli, amici del cuore), quindi con il calore della relazione, una figura vicaria (che ha già vissuto la stessa esperienza in passato) che crei sintonia, potrebbe essere “nessuno” perché l’adolescente potrebbe star bene da solo non esprimendo i propri dubbi e le proprie paure all’esterno. È importante quindi per chi accoglie l’adolescente mettersi in una posizione d’ascolto attivo, non giudicante.  

Ritiene che sia importante introdurre l’educazione sessuale e affettiva sin dalla scuola primaria? Se sì, in che modo e attraverso quali strumenti?

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha emanato linee guida per chi si occupa di educazione sessuale, sancendo definizioni, competenze degli educatori e formatori, argomenti da trattare per un’educazione sessuale completa e efficace. L’obiettivo è quello di diffondere una buona cultura della salute sessuale adeguata all’età e allo stadio di sviluppo dell’individuo. Non si parla quindi solo di sesso. I bambini già a 3 anni capiscono che maschi e femmine sono diversi e che i genitori sono reticenti a parlare di questi argomenti. Sin dall’età di 3 anni si può educare all’affettività, all’importanza delle coccole e dell’affettuosità, educare alla diversità poiché può vivere sé stesso in modo completamente unico ed individuale, educare al rispetto di sé e dell’altro.

Sviluppare una salute affettiva e emotiva sin da bambini crea un terreno fertile al normale sviluppo psicosessuale che passa dalle scuole elementari con il primo amore e le prime vergogne, fino alle scuole medie con i primi desideri sessuali (e anche i primi rapporti sessuali) per poi arrivare alle scuole superiori con le prime relazioni mature.

Sesso, adolescenti e pandemia: com’è cambiato il sesso durante e dopo la pandemia?

I cambiamenti sono stati trasversali su tutti, adolescenti e adulti. La pandemia e il lockdown hanno costretto le persone all’isolamento e per ovvi motivi hanno causato una diminuzione dell’attività sessuale. Si può affermare, tuttavia, che sono state messe in atto delle strategie integrative e adattive: in particolare una maggiore attenzione alla masturbazione e l’incremento di sesso online (sesso via cam o sexting via chat). Questo potrebbe (se fatto con onestà e rispetto dell’altro) essere anche un risvolto positivo, in quanto ha permesso alle persone di sperimentare qualcosa di nuovo e forse anche divertente e piacevole. L’effetto collaterale di questo cambiamento è la contaminazione della definizione di “intimità”, poiché le mascherine, il mancato contatto, la paura di toccarsi e di stare vicini potrebbe aver modificato una predisposizione cerebrale e genetica dell’ essere umano, che vede nel contatto con l’altro, a livello evoluzionistico, una via di conoscenza e relazione. 

Ritiene che i genitori debbano essere coinvolti nell’educazione sessuale e affettiva a scuola e in che modo?

I genitori sono indispensabili per un corretto sviluppo sessuale del giovane per vari motivi. Spesso sono loro stessi che avrebbero bisogno di un’educazione sessuale perché a loro volta non l’hanno ricevuta da giovani. É un gesto di cura e di apertura nel confronto del giovane che, probabilmente si sentirà più aperto nel parlare in caso di dubbi, domande o problemi. Infine, è fondamentale per creare terreno fertile al rapporto di fiducia e sicurezza tra adulto e giovani. Le modalità possono andare dall’informazione basica ai genitori, oppure dall’includere i genitori nei corsi e nei laboratori, fino a instaurare delle attività strutturate (anche ludiche e giocose) di dialogo e confronto tra genitori e figli.

 

 

 

 

 

 

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Francesco Bia

Francesco Bia

Docente di lettere e aspirante pubblicista. Ho collaborato per sei anni con due settimanali locali scrivendo di attualità, cultura, spettacolo, cronaca e sport. Oggi collaboro con BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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