Dallo scoppio, lo scorso maggio, dei primi casi di vaiolo delle scimmie, l’emergenza sulla malattia non è ancora conclusa anche se gli ultimi dati registrati mostrano un calo costante a livello globale. Come si prende il vaiolo delle scimmie? Esiste un vaccino? Oggi, per riconoscere i sintomi del vaiolo delle scimmie e prevenire la malattia, ci viene in aiuto un’app che è in grado di analizzare le lesioni cutanee e riconoscere gli eventuali sintomi.

Come si prende il vaiolo delle scimmie

Il virus del vaiolo delle scimmie (chiamato anche monkeypox virus o Mpox ) è riconosciuto per la prima volta in alcune scimmie in cattività nel 1958. Il primo caso su un uomo è stato riscontrato nel 1970. Il vaiolo delle scimmie è una malattia infettiva piuttosto rara nell’uomo ma, dalla scorsa primavera, i casi sono aumentati.

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Il virus si trasmette attraverso il contenuto liquido delle vescicole che appaiono nei soggetti infetti. Quali sono i sintomi? Febbre, mal di testa, linfonodi gonfi, dolori muscolari e, a qualche giorno dalla comparsa dei primi sintomi, un’eruzione cutanea con lesioni che si evolvono in vescicole. Al momento, non sono disponibili delle cure per il vaiolo delle scimmie ma in genere i sintomi tendono a risolversi spontaneamente in 2-4 settimane. I casi di decesso sono estremamente rari e riguardano quasi sempre persone già affette da altre patologie; in Italia non sono avvenuti. Non è una malattia sessualmente trasmissibile, ma sin dall’inizio c’è stata grande disinformazione a riguardo.

Recentemente, a livello globale, è registrato un calo costante dei casi. L’OMS ha scelto di mantenere lo stato di emergenza sanitaria pubblica internazionale (PHEIC), sostenendo gli sforzi per la sorveglianza, la prevenzione e la cura. Sarà mantenuta la vaccinazione delle persone ad alto rischio e saranno combattuti lo stigma e la discriminazione che si cela dietro la malattia.

La Regione Europea dell’OMS sta lavorando a un piano quinquennale per raggiungere e sostenere l’eliminazione di Mpox in tutti gli Stati membri. Con il piano saranno promosse le necessarie misure preventive e sarà garantito assistenza clinica, compresa la prevenzione e il controllo delle infezioni.

Attualmente il vaccino per il vaiolo delle scimmie in Italia è il MVA-BN. La disponibilità delle dosi è limitata e la vaccinazione viene offerta a personale di laboratorio con possibile esposizione diretta e persone che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM).

Un’app per riconoscere i sintomi del vaiolo delle scimmie

Di recente è stata lanciata un’app in grado di riconoscere i sintomi del vaiolo delle scimmie: in caso di eruzioni cutanee sospette, è sufficiente scattare una foto con il proprio smartphone e rispondere ad alcune domande.

L’applicazione è stata sviluppata da un gruppo internazionale di ricerca guidato dall’Università di Stanford (Stati Uniti). Coadiuvato dall’ospedale universitario della Charité di Berlino e con il coinvolgimento dell’Università di Bologna con il dott. Angelo Capodici, medico chirurgo, specializzando in Igiene e Medicina preventiva.

Si chiama PoxApp: è gratuita, anonima e open source ed è in grado di riconoscere le eruzioni cutanee provocate dal vaiolo con un tasso di affidabilità di circa il 95%. Il suo funzionamento si basa sull’Intelligenza Artificiale addestrata a partire da un dataset di circa 140.000 immagini di lesioni cutanee. L’utilizzo è semplice: basterà scattare una foto con il proprio smartphone sulla lesione, rispondere ad alcune domande e aspettare una risposta.

L’app restituisce una valutazione di rischio, raccomandando se necessario, di effettuare un test per il vaiolo delle scimmie o una vaccinazione. È in grado anche di riconoscere la presenza del vaiolo delle scimmie nelle sue diverse fasi di sviluppo, a cui corrispondono tipologie diverse di sintomi.

Capodici, in un’intervista passata, spiega come l’idea dell’app sia nata insieme a un collega tedesco. Quando è stata diramata l’allerta globale dall’OMS, consci delle conseguenze portate dal Covid19, hanno subito iniziato a lavorare ad un sistema per velocizzare la diagnosi.

L’app, presentata con un articolo su Nature Medicine, è già stata resa disponibile in alcuni Paesi come la Germania e la California e si può utilizzare, collegandosi al sito dell’Università di Stanford.

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Carlotta Vercesi

Carlotta Vercesi

Parlo della nostra società e di come essa comunica. Il mio obiettivo è di scardinare la narrazione catastrofista e di raccontare le buone idee senza dimenticare i piani politici, sociali, economici. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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