La chirurgia refrattiva è la branca della chirurgia cui pertengono gli interventi per il recupero della vista. Negli anni si è nettamente evoluta, al fine di semplificare e rendere le operazioni quanto più semplici per i chirurghi e quanto meno traumatiche per i pazienti. L’ultima tecnica è Smile, acronimo inglese. In cosa consiste?

Chirurgia refrattiva: gli albori della tecnica

Occorre premettere che i principali difetti visivi sono: la miopia, l’ipermetropia, la presbiopia e l’astigmatismo. Le immagini appaiono sfocate, dai contorni non definiti, troppo lontane o troppo vicine rispetto a chi guarda. Spesso – e soprattutto nel caso in cui la miopia non superi le cinque diottrie – indossare un paio di occhiali o di lenti a contatto aiuta, nel quotidiano, a compensare la patologia.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici

La chirurgia refrattiva venne sperimentata, per la prima volta, a metà degli anni Sessanta. Alla base vi erano le tecniche di trapianto della cornea, sviluppate dal medico russo Sviatoslav Fëdorov. I primi interventi erano eseguiti con bisturi diamantati. Si recideva la cornea, si asportava il disco corneale dall’occhio del paziente, lo si modificava per poi reinserirlo. Queste operazioni comportavano lunghi tempi di convalescenza e rischi di infezioni. Esistevano sostanzialmente due tecniche: la cheratomileusi e la cheratofachia. La prima, come già detto, riguardava la modifica della forma del disco corneale. La seconda prevedeva la sostituzione del disco corneale con una nuova lente, creata per correggere il difetto visivo.
Negli anni Ottanta, Fëdorov inventò la cheratomia radiale: per correggere la miopia, decise di incidere la cornea, al fine di ridurne la concavità e migliorare la miopia.

L’utilizzo del laser: PRK, LASEK e LASIK

A partire dagli anni Novanta, l’incisione a laser diventa la tecnica predominante: viene preferito al bisturi per rapidità e precisione. Le nuove tecniche hanno nomi di acronimi: PRK, LASEK e LASIK.

PRK (photo refractive keratectomy, cheratomia fotorefrattiva) prevede la rimozione dell’epitelio corneale, la parte superficiale della cornea, utilizzando un laser ad eccimeri che ne modifica la curvatura. I tessuti in eccesso evaporano. Ha però alcune controindicazioni, ovvero tempi di recupero lunghi nel paziente e rischio fotofobia. I tempi di recupero si aggirano attorno alle due settimane dall’intervento.
LASEK (Laser epithelial keratomileusis, cheratomileusi epiteliale a laser) e LASIK (Laser Assisted In-situ Keratomileusis, cheratomileusi laser assistita in situ) sono tecniche che prevedono entrambe il sollevamento di un lembo di cornea (flap epiteliale). Il laser viene applicato agli strati sottostanti. La tecnica LASIK, a differenza di LASEK, prevede l’assenza di punti di sutura. Il flap epiteliale, a intervento concluso, viene riposizionato per essere “autosaldato” dalla cornea stessa.

La tecnica Smile (Small incision lenticule extraction)

La tecnica più recente è SMILE, che in inglese significa sorriso e che è l’acronimo di piccola incisione con estrazione lenticolare. I vantaggi, rispetto alle precedenti, sono molteplici. La durata dell’intervento è minore; il paziente viene sottoposto ad anestesia locale, riducendo così l’esposizione ad anestetici e mitigando il decorso post-operatorio. La tecnica Smile prevede un’incisione parziale della cornea, attraverso la quale viene estratto un lenticolo corneale, precedentemente inciso con un laser a femtosecondi. I tempi di recupero sono molto rapidi, circa quattro o cinque giorni dall’intervento. É consigliata agli sportivi, poiché permette di ritornare in fretta alla propria attività, senza rischi di cedimento delle suture (ridotte al minimo, grazie alla cauterizzazione della microincisione).

I risultati delle tecniche di ultima generazione, LASIK e SMILE, sono sorprendenti se confrontati con le tipologie di intervento precedenti. La refrazione (cioè la capacità di recuperare la vista e di correggere il difetto, nel miope) resta stabile anche dopo dodici anni. Ovviamente, non esiste una soluzione generica e univocamente calzante per ogni paziente. L’idoneità di ogni intervento deve essere ben valutata insieme all’oculista di fiducia.

Leggi anche:

Recupera la vista a 91 anni grazie a un intervento

Condividi su:
Donatella Bruni

Donatella Bruni

Mi occupo di economia, lavoro e società, con uno sguardo alle dinamiche del lavoro, ai consumi e ai cambiamenti della società (fisica e digitale). Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

Riscopri anche tu il piacere di informarti!

Il tuo supporto aiuta a proteggere la nostra indipendenza consentendoci di continuare a fare un giornalismo di qualità aperto a tutti.

Sostienici