Da sei anni in Italia è possibile compilare il testamento biologico o, più precisamente, le DAT (disposizioni anticipate di trattamento). Grazie alla legge 219 del 2017 si può decidere in anticipo a quali trattamenti sanitari o scelte terapeutiche dare o meno il proprio consenso.

Ad oggi, però, solo lo 0,4% degli italiani maggiorenni ha fatto testamento biologico. I dati fanno riferimento ad un’inchiesta del 2022 dell’associazione Luca Coscioni, che si occupa di diritti civili e tematiche del fine vita. Sono numeri ridotti, a cui contribuisce una scarsa informazione sull’argomento. Vediamo cosa si intende per testamento biologico e quali sono i passi pratici da compiere per farlo.

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Testamento biologico, eutanasia e suicidio assistito

Quando si parla di fine vita, spesso i termini testamento biologico, eutanasia e interruzione dei trattamenti vengono erroneamente accostati. Si tratta di pratiche molto diverse e con risvolti sociali e giuridici distinti.

Per testamento biologico si intende la possibilità di esprimere in anticipo la volontà di sottoporsi o meno a determinate cure e trattamenti in previsione di una futura incapacità a farlo. È uno strumento pensato per garantire l’autodeterminazione della persona. L’eutanasia e il suicidio assistito sono invece pratiche attive tramite cui, in particolari situazioni di malattia irreversibile, si può decidere di porre fine alla propria vita.

Come si fa il testamento biologico?

Uno dei motivi per cui attualmente poche persone in Italia hanno fatto testamento biologico è che l’iter per farlo risulta complicato e, soprattutto, poco conosciuto. A partire dal modulo da compilare, di cui il ministero della Salute non fornisce modelli. Tuttavia, alcuni Comuni ed associazioni private (Fondazione Veronesi e associazione Luca Coscioni) hanno proposto moduli, che i cittadini interessati possono scaricare.

All’interno del documento per il testamento biologico si trovano una serie di interventi e procedure, come la rianimazione cardio-polmonare o la nutrizione artificiale, che si può scegliere di accettare o meno. Il prerequisito delle DAT è che vengano espresse dalla persona nel pieno delle proprie facoltà mentali. Queste si applicano, come cita la stessa legge 219, “nel contesto di una malattia irreversibile ed associata a grave disturbo cognitivo tale da compromettere le nostre capacità di conoscenza o giudizio”. Per chi sia impossibilitato ad esprimere in forma scritta le proprie DAT, queste possono essere redatte come video registrato.

Dalla stesura del modulo, alla banca dati nazionale

Nella stesura delle DAT si può chiedere l’aiuto del proprio medico di fiducia. Questo permette di ricevere le informazioni tecniche e sanitarie specifiche sui trattamenti che si intendono accettare o rifiutare. Tuttavia, i medici di base non hanno alcun incarico formale a svolgere questa funzione ed attualmente non sono previste campagne di informazione ministeriale sull’argomento. La legge prevede poi che chi fa testamento biologico debba individuare un fiduciario. Si tratta di una persona delegata a interagire con i medici e ad occuparsi di eventuali controversie legali.

Una volta redatto e firmato, il documento deve essere depositato personalmente al proprio Comune di residenza. In alternativa viene accettato anche all’ufficio dello stato civile, dal notaio o, per i residenti all’estero, al consolato di riferimento, che lo inseriscono in una banca dati nazionale. Questa è accessibile a tutte le strutture sanitarie del Paese, che potranno consultarlo in caso di necessità. Il testamento biologico può essere modificato in ogni momento dal diretto interessato.

I dati ci dicono che in Italia il testamento biologico è uno strumento a cui in pochi riescono ad accedere. Il dibattito pubblico si interessa però sempre più spesso di questo argomento. Anche grazie al lavoro di associazioni, le informazioni per attuare questo importante mezzo di autodeterminazione diventano, mano a mano, più fruibili e alla portata di tutti.

Testamento biologico

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Caterina Poli

Caterina Poli

Medico Chirurgo con focus sulla salute materno-infantile. Credo in un tipo di informazione chiara e accessibile a tutti, ma sempre rigorosa. Amo parlare di salute, benessere e diritti. Collaboro con Buonenotizie e partecipo al laboratorio di giornalismo costruttivo.

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