La ricerca in medicina sta facendo passi da gigante nell’ambito della terapia delle “malattie rare”: una delle aree più promettenti consiste nella terapia genica. Questo trattamento innovativo mira a correggere o sostituire i geni difettosi che sono alla base delle malattie genetiche. Recentemente, la terapia genica ha dato risultati insperati nella Sindrome di Usher.
Questa patologia, denominata anche “sordocecità congenita”, rappresenta una delle sfide terapeutiche più complesse, ma anche una delle più promettenti. Qualche giorno fa sono stati resi noti i risultati di una terapia genica innovativa, effettuata un anno fa a Napoli. Grazie a questo trattamento, un paziente italiano di 38 anni ha recuperato completamente la vista: è il primo caso al mondo di successo della terapia genica per questa sindrome.
Cos’è la Sindrome di Usher?
La sindrome di Usher è una malattia ereditaria rara. Secondo uno studio recente basato su dati genetici (GnomAD) si stima che nel mondo ne siano affette oltre 720.000 persone, e che ogni anno nascano circa 12.000 bambini con questa sindrome.
Il tipo 1B è una delle forme più gravi. Causata da mutazioni di un particolare gene, si manifesta con sordità dalla nascita, alterazioni dell’equilibrio, e perdita progressiva della vista nei primi anni di vita, a causa di una patologia degenerativa denominata “retinite pigmentosa”. Finora era possibile trattare solo la sordità, mentre risultavano inefficaci le terapie utilizzate per curare la retinite pigmentosa, che invalida progressivamente la funzione visiva.
Come funziona la terapia genica?
La terapia genica fondamentalmente è mirata a ripristinare i geni difettosi o a introdurre geni efficienti nelle cellule malate. Il meccanismo più utilizzato per veicolare il materiale genetico alle cellule interessate impiega, come vettori, virus modificati. L’obiettivo è ripristinare la normale funzione delle cellule patologiche, in maniera da rallentare o fermare la progressione della malattia.
Non sempre la terapia genica porta ai risultati sperati. Questo è dovuto a difficoltà legate alle modalità di somministrazione del materiale genetico, oppure alle caratteristiche del gene stesso da veicolare. Quest’ultima era proprio la difficoltà riscontrata finora nella Sindrome di Usher. Questa patologia è causata dal gene MYO7A, troppo voluminoso per essere trasportato con i vettori virali usati normalmente per correggere i difetti genetici oculari.
Come si è arrivati al successo con la terapia genica nella Sindrome di Usher?
“L’intuizione che ha consentito il successo”, ha spiegato, in una recente conferenza stampa, la prof.ssa Simonelli, Direttrice della Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania ‘Luigi Vanvitelli’, “è stata quella di sdoppiare le eliche del gene da sostituire, iniettando al di sotto della retina due vettori virali distinti, che hanno trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina mancante nei pazienti“.
Il recupero dall’intervento è stato rapido e l’effetto sull’acuità visiva è stato sorprendente già dopo pochi giorni. A qualche settimana di distanza il paziente trattato mostrava già un miglioramento della capacità visiva. Dopo appena un mese era in grado di leggere e distinguere gli oggetti anche in condizioni di scarsa luminosità.
Quali sono le sfide e le speranze future della terapia genica?
La terapia genica rappresenta dunque una delle frontiere più promettenti nella lotta contro le malattie genetiche come la Sindrome di Usher. Sebbene ci siano ancora ostacoli da superare, i progressi scientifici di oggi ci fanno guardare con speranza al domani, quando questa tecnologia potrà aiutare a migliorare la vita di molte persone. Presso il Centro di Ricerca TIGEM (Istituto Telethon di Genetica e Medicina) di Napoli, diretto dalla prof.ssa Simonelli, sono stati avviati a terapia altri sette pazienti, con le stesse modalità che hanno portato al successo sul primo paziente.
Nel frattempo la soddisfazione per il primo significativo successo è palpabile. Ci sono voluti numerosi anni di ricerca per giungere a un risultato oggi incredibile e che si sintetizza perfettamente nelle parole del primo guarito, il Sig. Antonio D’Amore, di professione magazziniere. “Ho accettato di essere il primo paziente, non solo per me, ma per tutti quelli che vivono le mie stesse difficoltà. Prima della terapia genica tutto era confuso, indistinto. Ora riesco a uscire la sera da solo, riconosco i colleghi, le forme degli oggetti, leggo i sottotitoli in TV anche da lontano, vedo le corsie del magazzino dove lavoro senza inciampare. Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere”.

