È innegabile, quando si parla di fake news, il fatto che esse gravitano sempre più attorno ai social network. Le piattaforme in cui predomina la comunicazione scritta – come FacebookTwitter – sono tra le più esposte, in quanto vi si possono condividere link che rimandano a fonti informative poco affidabili.

A contrastare tutto questo, però, non ci sono più soltanto gli algoritmi messi in campo dai social stessi. Alcune forme di resistenza alla cattiva informazione stanno nascendo anche dal basso, fra gli utenti delle piattaforme, i quali esigono che i temi d’una certa importanza siano affrontati con competenza, e non in modo improvvisato.

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La fiducia nella scienza e le fake news sui social 

Si consideri, ad esempio, un argomento come la scienza. Il “3M State of Science Index” – che monitora l’atteggiamento globale al riguardo – ha mostrato, di recente, dati significativi. Nello specifico, risulta che la maggior parte degli europei (ivi compresi gli italiani) nutre fiducia nei ricercatori. Non solo: l’88% degli abitanti del Belpaese sembra auspicare – contro il 79% degli europei – che alla scienza sia dato sempre più spazio, specie a livello di informazione mediatica.

Tuttavia, quando entra in gioco il rapporto tra i social network e le notizie scientifiche, la fiducia si ridimensiona. Secondo la stessa indagine, mentre il 72% degli italiani si fida dei media tradizionali, solo il 33% dà credito ai social. Il motivo principale è proprio la difficoltà a individuare, nel mare magnum di post e link condivisi, delle fonti che possano risultare credibili, poiché la fake news è sempre dietro l’angolo.

È a ciò che si deve l’aumento, negli spazi social, di fenomeni di aggregazione da parte degli internauti. I quali, in diversi casi, danno vita a gruppi dai nomi divertenti, se non proprio pittoreschi (come “Protesi di complotto”, “Complottisti Fantastici e dove trovarli”, “La Società della Terra Piatta”, solo per citarne alcuni). Tutte pagine dedite a smascherare le notizie antiscientifiche, e soprattutto a ironizzare su chi le diffonde. È infatti raro che chi fa disinformazione metta in campo, a sostegno delle proprie tesi, degli studi riconosciuti dai consessi accademici. Ed è facile, quindi, che i suoi post diventino oggetto degli “appunti” goliardici di chi è ben informato.


social media

I social network sono tra i canali più esposti alla diffusione di fake news


Le teorie del complotto e gli utenti che le combattono

Un altro aspetto legato alle fake news è la diffusione online delle cosiddette teorie del complotto, che sembrano rivolte a screditare l’immagine della medicina e della ricerca istituzionali. Perciò, molti dei sopracitati gruppi social hanno come bersaglio proprio tali teorie.

È sufficiente aprire Facebook e digitare il termine “complottismo” per accorgersi di quanto questo tema riesca a tener alta l’attenzione degli utenti. Infatti, se è innocuo diffondere dei post in cui si nega, per esempio, lo sbarco sulla Luna, lo stesso non si può dire di altri contenuti. Fatta salva la tutela della libertà di opinione, argomenti quali la salute, o le cure mediche, sono troppo delicati per lasciare che ne parlino persone non qualificate.

Anche per questo nascono le pagine anti-complottiste. Iscrivendovisi, e scorrendone i contenuti, si capisce quanto gli admin e i moderatori – nonostante i toni leggeri utilizzati – prendano sul serio la loro missione. In tal senso, l’impegno è ripagato dai numeri, dal momento che i membri e i follower di questi spazi (almeno, riferendosi ai più popolari) viaggiano nell’ordine delle diverse migliaia.


Gruppi sui social

Aumentano sui social network i gruppi di utenti che combattono le fake news


Il mondo dei social network può essere costruttivo

Dunque, questo popolo virtuale che ogni giorno dà battaglia alle fake news sembra dirci cose interessanti. In primis sulla stessa natura dei social network – spesso liquidati come qualcosa di fatuo, quando invece possono essere anche costruttivi. Essi non isolano le persone: anzi, le mettono in contatto con altri esseri umani che, in un’epoca diversa, non avrebbero potuto conoscere. In questo modo, la condivisione delle informazioni e del sapere (nonché delle produzioni artistiche e librarie) si amplia a un livello che non ha precedenti.

In secondo luogo, quanto detto evidenzia un ulteriore dato: i fruitori di internet sono, sempre più spesso, dei fruitori “di qualità”, con una solida cultura di base. Ed è ciò che li rende più agili nel destreggiarsi, ogni giorno, fra i tranelli della disinformazione.

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Edoardo Monti

Edoardo Monti

Ho lavorato per anni come freelance nell'editoria, collaborando con case editrici come Armando Editore e Astrolabio-Ubaldini. Nel 2017 ho iniziato a scrivere recensioni per Leggere:tutti, mensile del Libro e della Lettura, e dal 2020 sono tra i soci dell'omonima cooperativa divenuta proprietaria della rivista.

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