Plasmon, marchio italiano di alimenti per l’infanzia, prende posizione sul tema della decrescita demografica italiana lanciando un nuovo progetto, un corto che presenta la storia di Adamo, l’ultimo bambino nato in Italia nel 2050. Con questo progetto vuole coinvolgere le istituzioni e le altre aziende a trovare soluzioni a favore delle famiglie. Ma quali sono le soluzioni più in voga oggi e i relativi limiti?

Adamo, poche nascite, molti morti e gli immigrati non bastano

Immagina un’Italia in cui i bambini appartengono al passato. Plasmon esagera ma il numero di nascite in Italia ha raggiunto il picco di 1 milione nel 1964 e entro il 2050 sarà ridotto di quasi due terzi, a 346.000.

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Adamo è l’ultimo bambino nato in Italia, come racconta il cortometraggio che Plasmon ha realizzato con l’agenzia Dude e il regista Beppe Tufarulo che ci proietta in un futuro neanche tanto lontano, il 2050. Il progetto è stato presentato agli Stati Generali della Natalità che si sono tenuti a Roma lo scorso maggio con l’obiettivo di portare soluzioni per poi arrivare a una proposta di legge sul tema della natalità.

Un corto di Dude ci presenta la storia di Adamo, l’ultimo bambino nato in Italia nel 2050.

La storia di Adamo e di Plasmon

La carenza di neonati non fa bene alle vendite delle pappe, ma è innegabile che il rapido invecchiamento di molti Paesi in tutto il mondo e il calo della natalità saranno dannosi non solamente per alcune industrie o per i governi, ma per tutti, i costi aumenteranno mentre le entrate diminuiranno. Il calo del numero di giovani lavoratori istruiti che entrano nel mercato del lavoro ridurrà l’innovazione, indebolendo la crescita economica. E nemmeno gli immigrati cambieranno la rotta considerato che il fenomeno è globale e che, di conseguenza, i giovani in età da lavoro saranno sempre meno ovunque.

I numeri in Italia sono inequivocabili e il tema del calo demografico è oggi all’ordine del giorno. Si tratta però di un trend che non riguarda solamente l’Italia, molti altri paesi sono interessati dal fenomeno dell’invecchiamento progressivo della popolazione.

Graficodi The Economist sul calo demografico mondiale

Calo demografico mondiale

La crescita della popolazione si fermerà, non solamente in Italia

Più del 60% della popolazione mondiale ora vive in un Paese con un basso tasso di fertilità. The Economist ha dedicato un approfondimento sul tema e spiega come il problema interessi tutti.

La popolazione globale è cresciuta lentamente fino al 1700. L’altissima mortalità dei bambini nel ‘700 contrastava l’elevata fertilità, non facendo aumentare in maniera rilevante la popolazione. Il mondo era quindi all’inizio della transizione demografica.

Con il progredire della scienza e lo sviluppo industriale negli ultimi cento anni la popolazione mondiale è più che quadruplicata velocemente. Oggi la popolazione cresce in media dell’1% all’anno: un tasso di crescita ancora veloce. Ogni anno nascono 140 milioni di persone e ne muoiono 60 milioni, per un aumento di circa 80 milioni di persone all’anno.

Le stime delle Nazioni Unite prevedono che il tasso di crescita della popolazione continuerà a diminuire, arrivando allo 0,1% nel 2100, quando ci saranno 10,9 miliardi di persone. Fine della transizione demografica. Se queste proiezioni sono corrette la popolazione mondiale sarà aumentata di oltre 10 volte nell’arco di 250 anni.

A quel punto ci sarà un nuovo equilibrio, ma sarà diverso dal passato. Prima era l’altissima mortalità a tenere bassa la crescita demografica, mentre in futuro sarà la ridotta fertilità a tenerla a bada. Le previsioni sull’aumento della popolazione e sulle relative nefaste conseguenze dell’economista Thomas Robert Malthus erano sbagliate. E se stessimo sbagliando ancora, eccedendo in pessimismo?

L’inverno demografico, un falso problema

Il The Economist enfatizza il lato negativo dell’inverno demografico perché lo immaginiamo a parità di condizioni attuali. Ecco che si pensa alle culle vuote, alle scuole chiuse, alle città abbandonate.

Inquadrare il calo della popolazione come qualcosa di drammatico è sbagliato, ad affermarlo è Patrick Gerland, capo della sezione stime e proiezioni della popolazione delle Nazioni Unite. Piuttosto che incoraggiare le persone senza figli a iniziare ad avere bambini, le società deve iniziare ad adattarsi ad uno stile di vita in evoluzione. Ci sono prove che le società con reti di assistenza sociale più forti e una maggiore uguaglianza di genere hanno tassi di natalità più elevati. Oggi il tasso di fertilità è pari a 1, lontanissimo dal tasso che eviterebbe il declino demografico (2.1).

Le risorse stanziate per erogare sussidi, incentivi, creare strutture per l’infanzia, sono necessarie e qualcosa, seppur di timido, in Italia si sta vedendo, come ad esempio l’iniziativa Nidi Gratis in Toscana. Ma saranno insufficienti per fermare la tendenza. Paesi più avanzati rispetto all’Italia in termini di welfare hanno un tasso di fertilità sempre al di sotto del fatidico 2.1. È il caso della Svezia e della Danimarca a 1.7.

Se vogliamo garantire un buon livello di vita alla popolazione globale la nostra massima priorità non dovrebbe essere creare un mondo migliore oggi piuttosto che angosciarsi per i tassi di fecondità futuri?

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Carlotta Vercesi

Carlotta Vercesi

Parlo della nostra società e di come essa comunica. Il mio obiettivo è di scardinare la narrazione catastrofista e di raccontare le buone idee senza dimenticare i piani politici, sociali, economici. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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