Chi non ricorda il certificato COVID-19 digitale dell’Unione europea? Fu un elemento cruciale nella risposta dell’Europa alla pandemia di COVID-19: noto come EU Digital COVID Certificate (EU DCC) o  “Green pass europeo”, attestava le vaccinazioni realizzate e permetteva a tutti di effettuare spostamenti in sicurezza nell’Europa e all’estero. La sua efficacia è scaduta il 30 giugno 2023, eppure la sua eredità sembra già essere raccolta a livello globale, perché l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) vorrebbe utilizzarne la struttura informativa e tecnologica per istituire un “certificato digitale mondiale” con le medesime finalità. Vediamo perché e in che modo.

Un certificato digitale sanitario unico contro le emergenze sanitarie future

Si parte da una necessità ormai impellente: rafforzare la preparazione sanitaria globale di fronte alla possibilità di un aumento delle minacce sanitarie attuali (ebola, malattie non trasmissibili come cancro o diabete o delle minacce future) le nuove pandemie che potrebbero derivare ad esempio dai cambiamenti climatici. Facendo tesoro della lezione appresa durante la pandemia da Covid-19, l’OMS intende assicurare a tutti i cittadini uno strumento digitale, un Certificato che attesti a livello internazionale le vaccinazioni effettuate e abbia un mutuo riconoscimento fra tutti i Paesi.
Per questo l’Organizzazione ha avviato già dall’inizio della pandemia un dialogo con tutti gli Stati aderenti, per definire linee guide generali di questi Green pass allargati e allestire una rete globale di certificazione sanitaria digitale per far beneficiare tutti di certificati digitali uniformemente riconosciuti.

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Come garantire questo risultato? La soluzione sta in un accordo che l’OMS ha stretto con l’UE per avere accesso alla tecnologia che sta alla base dei certificati EU DCC e sviluppare insieme anche altre soluzioni digitali nel settore sanitario mondiale.

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OMS e UE insieme per la Sanità digitale globale

L’intesa sviluppata da OMS e UE dovrebbe portare alla digitalizzazione del certificato internazionale di vaccinazione, una soluzione fondata sulle solide basi del quadro, dei principi e delle tecnologie aperte dal Green pass Covid, l'”EU DCC” avviato il 1° luglio 2022 che abbiamo conosciuto in Pandemia quando ne scaricammo oltre 2,3 miliardi per garantirci l’accesso alle attività produttive e per viaggiare in Europa e altrove, nonostante le diverse restrizioni. Quel Certificato, riconosciuto non solo in Europa ma da quasi 80 Paesi, nel tempo ha rappresentato un modello standardizzato globale “unico” valido ed efficace.

L’OMS vuole quindi ripartire da quelle tecnologie aperte e standard open source dei Certificati Covid-19, già pienamente interoperabili e in collegamento con certificazioni sanitarie emesse fuori dall’UE, come base per una “convergenza” globale dei certificati digitali di tutto il mondo. E l’Intesa con l’UE punta anche a garantirne la massima diffusione e condivisione internazionale, anche coinvolgendo i soggetti più bisognosi, ossia i Paesi a basso e medio reddito.

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Certificato sanitario globale: rischi e vantaggi

La soluzione digitale del Certificato sanitario unico realizzato sulla falsariga dell’efficace Certificato Covid EU-DCC pone però anche un problema non indifferente di sicurezza: condividendo questi dati sanitari personali a livello mondiale non si rischiano violazioni della privacy?
A quanto pare, no, perché l’OMS è già impegnata a definire norme specifiche per la convalida delle firme digitali per prevenire le frodi, rendendo l’accesso ai dati strettamente personali di sola esclusiva competenza dei governi. Inoltre, garantisce Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale OMS, tale strumento sanitario digitale open source sarà fondato sui principi di equità, innovazione, trasparenza, protezione dei dati e privacy e potrà aiutare le persone di tutto il mondo a ricevere servizi sanitari di qualità in modo rapido e più efficace.

Più vantaggi che rischi, quindi. Eppure, un altro ostacolo potrebbe essere rappresentato dall’accoglienza dei futuri utilizzatori, molti dei quali già contrari ai certificati Covid-19 e poco avvezzi a dover testimoniare il proprio stato di salute. In attesa di superare le ambiguità e i tecnicismi, il primo passo concreto, al momento, sarà quello di continuare a far funzionare efficacemente gli attuali certificati digitali dell’UE oltre la loro naturale scadenza, per estenderne la struttura informativa al mondo.

Resta un risultato positivo: una soluzione di successo europeo che diventa apripista per la sicurezza sanitaria globale, una lezione “di emergenza” appresa sotto Covid-19 che potrebbe tramutarsi in uno strumento di sicurezza alla portata di tutti.

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Antonio Mazzuca

Antonio Mazzuca

Dal 2007 sono redattore editoriale tecnico-giuridico esperto e formatore in materia di salute e sicurezza sul lavoro e tutela ambientale. Sono il coordinatore editoriale della Testata tecnica InSic.it e dal 2015 editore della testata culturale registrata Gufetto.press dedicata al mondo della cultura off per le quali scrivo news, articoli, recensioni, interviste e approfondimenti e svolgo formazione ai redattori sia per la parte critica che redazionale e per la scrittura in ottica SEO.

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