Le cause dei femminicidi sono complesse e multifattoriali, ma possono essere ricondotte a un denominatore comune: la disuguaglianza di genere. La violenza maschile sulle donne è alimentata da una mancanza di educazione al rispetto, alla parità, alla diversità, che dovrebbe iniziare fin dall’infanzia. Oltre la scuola anche la famiglia ha un ruolo fondamentale per la prevenzione.

Quali sono le cause che portano al femminicidio?

106 le donne che sono state uccise nel 2023 in Italia. Una donna ogni tre giorni. Questo è il dato del ministero degli Interni. Il femminicidio e la violenza domestica, però, affliggono tutte le società del mondo.

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Le cause dei femminicidi sono complesse, ma partono sempre dalla violenza sulle donne e dalla disuguaglianza di genere. La violenza si palesa in varie forme, può essere fisica ma anche psicologica, economica, culturale. Molto spesso è motivata da sentimenti di possesso, controllo, gelosia e rabbia.

Alla base della violenza c’è una mancanza di educazione che dovrebbe iniziare sin dall’infanzia. Al rispetto, alla parità, alla diversità. Inoltre, bisogna anche riflettere sui figli e le figlie di chi subisce queste violenze, che possono sviluppare problemi psicologici, comportamentali e relazionali e riprodurre poi i modelli violenti appresi.

La persistenza di questi fenomeni sottolinea la presenza di una cultura fondata sulla disuguaglianza di genere e la persistenza di stereotipi sessisti. Queste discriminazioni si rivedono anche nei modelli educativi, che rendendo questa dinamica violenta circolare, un continuo riproporsi.

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Immagine di Freepik

Cosa si può fare per prevenirlo?

Per fermare i femminicidi la prevenzione è fondamentale. Secondo molti psicologi e psichiatri, spesso il femminicidio è preceduto da una serie di segnali. Si inizia con la violenza psicologica, poi con quella fisica. Minacce, maltrattamenti, vittimismo, sono tutti campanelli d’allarme a cui bisogna intervenire immediatamente. Inoltre, è molto importante proteggere e aiutare le vittime. Assistendole e riconoscendo le loro opportunità e la loro autonomia. Oltre che offrire sostegno psicologico sia alle vittime che agli aggressori. Che possono avere terapie psicologiche e programmi di riabilitazione.

Anche implementare leggi che proteggano le vittime e puniscano adeguatamente gli aggressori può contribuire a ridurre il fenomeno. In Inghilterra, ad esempio, il metodo Scotland, promosso da Patricia Scotland, è riuscito a far diminuire il numero delle vittime tra il 2003 e il 2010. A Londra i femminicidi sono infatti diminuiti del 64%. Questo sistema è basato su tre elementi: cooperazione tra sistema giudiziario, polizia e servizi medico-sanitari, incremento economico derivato dalla diminuzione di assenze dal lavoro causate da violenze domestiche e promozione di politiche sociali.

Quali misure si adottano? L’allontanamento della vittima dal luogo delle violenze, la sistemazione in un alloggio pubblico o privato differenze, l’affiancamento a dei tutor. In questo progetto vengono anche coinvolte delle aziende per fare in modo che le donne possano continuare a lavorare e non perdere la loro indipendenza.

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L’educazione familiare

Per prevenire i femminicidi è fondamentale soprattutto l’educazione, che deve partire dalla famiglia, per riuscire a creare un cambiamento degli atteggiamenti dei singoli e della società.

È il tema di cui si occupa Daniele Novara su Avvenire“La violenza contro le donne non ha matrici passionali o amorose”, scrive Novara, “si tratta di brutalità allo stato puro, inadeguatezza totale a gestire le proprie reazioni emotive, volontà di possesso e di dominio assoluto, come se i corpi fossero una proprietà privata e potessero essere resi in schiavitù perpetua. Esiste un nesso molto stretto tra uomini violenti e un’educazione che, quando erano bambini, ha precluso la possibilità di litigare, impedendo loro di imparare a stare nelle contrarietà: non imparano ad ascoltare l’opinione degli altri; non imparano ad affrontare la divergenza; non imparano a tollerare un’opposizione alla propria volontà. E così non riescono a relazionarsi nelle situazioni critiche ed esplodono in rabbia e violenza.

L’educazione e la consapevolezza sono essenziali perché aiutano a cambiare le norme e a riconoscere i segnali di violenza, oltre a promuovere rispetto ed uguaglianza di genere. Promuovere relazioni sane e rispettose nell’ambiente familiare aiuta i ragazzi ad esserlo anche fuori dalle mura domestiche e ad interrompere il ciclo di violenza. Metterli in guardia contro le insidie, formarli al rispetto per le persone, ma anche far capire gli errori commessi, ad accettare i no.

Serve insegnare che gli stereotipi di genere sono dannosi e che uomini e donne hanno gli stessi diritti e le stesse opportunità. Ma bisogna anche imparare a stare attenti alle reazioni emotive e psicologiche dei giovani, non sminuendo le loro emozioni e sofferenze. L’ascolto e la comunicazione sono fondamentali per capire preventivamente segnali di disagio, dolore o rabbia che potrebbero portare al compimento di gesti violenti.

L’educazione affettiva e sentimentale è importante perché l’incapacità di gestire le emozioni può provocare reazioni impulsive. Molti ragazzi crescono in contesti in cui gli viene insegnato che la forza e il controllo dell’altro sono fondamentali per essere considerati veri uomini. Ma questa è una visione distorta della mascolinità che favorisce comportamenti aggressivi.

Porre fine ai femminicidi e alle violenze è complicato ma possibile. Iniziare a lavorare già dall’educazione dei bambini è il primo passo per creare una società più sicura e libera.

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Eva Ricevuto

Eva Ricevuto

Laureata in Arti Tecnologiche e appassionata di cinema, femminismo e sostenibilità. Sono un'aspirante giornalista pubblicista e cinematografica. Collaboro con BuoneNotizie.it e partecipo al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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