Diverse fattori sia economici che sociali segnalano un trend in controtendenza rispetto allo scorso decennio: gli iscritti alle app di incontri stanno scemando. Le dating app come Tinder, Hinge e Bumble (app dell’empowerment femminile alternativa a Tinder) hanno radicalmente cambiato il modo di cercare l’Amore con la A maiuscola – non necessariamente al primo colpo.

Arrivando a dare una percezione delle relazioni gamificata, riducendo il primo approccio a uno swipe. Una proposta relazionale che sembra stia iniziando a stancare.

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Le prime crepe? Nel fatturato delle app d’incontri

I primi segni del divorzio tra utenti e app sono riferibili alla sfera economica. Perché sì, in fondo le app d’incontri sono aziende con obiettivi di fatturato da rispettare e, senza un mercato di single, non hanno ragione di esistere. Anzi, qualcuno sospetta pure che sotto sotto il loro algoritmo voglia mantenerci cuori solitari. E così a inizio novembre il Gruppo Match – che annovera nella sua schiera nomi leader del settore come Tinder, Hinge, OkCupid e Match.com – ha riportato dati inaspettatamente (per la prima volta) sotto le aspettative, che lo hanno fatto crollare in Borsa. In particolare, il segno negativo più significativo è rappresentato dal calo degli iscritti a pagamento su Tinder. Che può essere visto in una duplice ottica.

Infatti l’app della fiamma più popolare al mondo (contando finora 55 miliardi di match), si porta dagli esordi una fama ambigua. Perché è la preferita per organizzare quello che in inglese definiscono hook up, ossia un incontro senza impegno a sfondo sessuale che può iniziare e concludersi nel giro di qualche ora.

In Italia è stata la prima a spopolare e – complice una vera assenza di alternative rispetto ad altre nazioni – in realtà è stata e viene usata tuttora da buona parte degli utenti in “buona fede”. Cioè con la volontà precisa di conoscere in profondità l’altro e stringere relazioni più impegnate. Quindi, il calo di utenti potrebbe essere un segnale in un senso e nell’altro: non vi si cercano più sconosciuti disponibili per incontri-lampo di una sera. Ma non la si ritiene adatta nemmeno per trovare un potenziale partner a lunga scadenza.

Il futuro dell’amore è (di nuovo) offline?

E mentre a conferma della crisi anche Whitney Wolfe Herd, fondatrice di Bumble, molla la direzione, il Washington Post riporta la stanchezza espressa dagli iscritti riguardo le app d’incontri. Si tende a percepire l’uso di queste come una nuova forma di “lavoro part-time”. Questo perché curare la propria presenza online richiede un’iper-analisi del sé. Un’accurata selezione di foto e biografia – che possa essere percepita accattivante quanto autentica e spontanea. Se il curriculum convince c’è poi da affrontare un primo “colloquio” virtuale e forse poi quello di persona. Non in ufficio, al bar.

Gli utenti, in conclusione, sembrano percepire una sorta di ansia da prestazione, che viene sempre più mal sopportata. Non è strano che questo sia un altro cambiamento che si manifesta dopo la pandemia. A distanza di ormai tre anni si possono infatti osservare diversi effetti collaterali, spesso consequenziali alle esperienze di isolamento forzato – i lockdown. Un primo esempio è stato il Great Resignation: l’ondata di dimissioni di massa a cui si è assistito nel 2022.

Il desiderio di una connessione umana genuina è forte e l’approccio online – più asettico e costruito a tavolino – sembra non essere più il prediletto dai single. In aggiunta, il panorama che si presenta all’utente di una dating app può essere sconfortante. Sia da un lato per match che vanno a vuoto o scarseggiano (come lamentano gli uomini) – generando quindi insoddisfazione nei confronti dell’algoritmo. Ma per gli users avere troppa scelta davanti a sé può avere altresì un effetto paralizzante. Come decretava già a inizio Ottocento il filosofo danese Søren Kierkegaard.

Il calo d’interesse del pubblico di riferimento nei confronti delle app d’incontri pone quindi una nuova incognita per il futuro delle relazioni umane. Non è ancora chiaro se torneremo indietro ad approcci più alla vecchia maniera. Oppure se, nell’era dell’intelligenza artificiale, le dinamiche relazionali si modificheranno nuovamente.

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Virginia Allegra Donnini

Virginia Allegra Donnini

Con un background di studi ed esperienze lavorative a cavallo tra economia, marketing e moda scrivo di tendenze, pop culture, lifestyle. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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