Il 5 dicembre il Senato ha approvato in via definitiva la legge che regola il diritto all’oblio oncologico. Finalmente, verrebbe da dire, entrerà in vigore nei prossimi giorni una legge che a tutti gli effetti abbatte la discriminazione delle persone guarite da tumore. C’era bisogno di questa legge?

A quanto pare sì. Fino ad oggi un ex malato oncologico faceva molta fatica a tornare alla “normalità”. E non per problemi clinici dovuti al decorso della malattia, ma per carenze normative che tutelassero la qualità della sua vita. Poteva avere difficoltà nell’accedere ad un semplice prestito, ad un mutuo, trovare le tariffe di un’assicurazione sulla vita più alte del normale. Per cosa? Per una stima sulla prospettiva di vita che ha poco dello scientifico e molto del discriminatorio.  Con questa legge, un guarito potrà “far dimenticare” agli altri la sua malattia.

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Diritto all’oblio oncologico: cos’è?

La nuova legge sul diritto all’oblio oncologico sancisce che ogni persona guarita da cancro possa non sentirsi obbligata a dichiarare di avere avuto il male in precedenza.

Questo semplice e, nella maggior parte dei casi, condiviso assunto, in passato ha creato non poche difficoltà pratiche a coloro che sono riusciti a vincere la battaglia contro il cancro. Una guarigione che fino ad oggi non era supportata da una legge che aiutasse queste persone nel loro percorso di vita. Alcuni dati di un ex paziente oncologico potevano venire richiesti da banche ed assicurazioni, per esempio, o dal datore di lavoro al momento della stipula di un nuovo contratto. Molti ex pazienti hanno visto, per questo motivo, venire rifiutata una richiesta di finanziamento, un mutuo, un’occasione di lavoro. Un danno economico ma anche, e soprattutto, psicologico. Nonostante il quadro clinico consideri la persona a tutti gli effetti guarita.

Guarito, secondo una nota dell’AIRC (Associazione italiana per la ricerca sul cancro), è colui che a distanza di 10 anni dalla fine dei trattamenti, non della data di diagnosi, non ha più bisogno di cure.

Oggi in Italia vivono circa 3,6 milioni di persone che hanno avuto un’esperienza di tumore, e di queste circa un milione ha un’aspettativa di vita del tutto simile a quella di un individuo con le stesse caratteristiche (per esempio età, sesso eccetera) che però non ha avuto il cancro

Così commenta Giordano Beretta, ex-presidente della Fondazione AIOM (Associazione italiana di oncologia medica). Il 27% di questi, un milione di persone, in Italia è guarito da neoplasia. Un successo della medicina che non regge il passo della normativa fino ad oggi vigente.

I problemi superati

Il diritto all’oblio oncologico non si riduce ad una serie di norme burocratiche. Continua l’AIOM nella figura del suo nuovo Presidente, Francesco Perrone: “Il valore di questa legge va oltre quello puramente amministrativo. Se è vero che noi oncologi riusciamo a guarire (complice la prevenzione) dal cancro un numero sempre più elevato di pazienti, è anche vero che permangono delle difficoltà che in qualche in modo non consentono a queste persone di percepirsi come veramente e definitivamente guarite”.

Oggi, per legge sono 10 gli anni che devono trascorrere dall’interruzione delle cure. Se la malattia è stata diagnosticata in età giovanile ne bastano addirittura cinque.

“Di fatto venivano considerati ancora attuali una storia e un vissuto di malattia che dal punto di vista clinico erano ormai superati. Un’ingiustizia e al tempo stesso un elemento che in qualche modo vanificava almeno in parte il buon lavoro fatto in ambito clinico“.

L’accesso all’acquisto di un’automobile di proprietà, un lavoro, un’assicurazione sulla vita, una carta di credito, un mutuo per la casa, la possibilità di partecipare ad un concorso pubblico o privato. Possibilità che un guarito prima vedeva spesso negate e che oggi la legge sul diritto all’oblio oncologico garantisce.

Non solo. Una controversia, oggi ancora di poco clamore, suscita gli interessi futuri. Il diritto all’oblio oncologico obbligherebbe i social a rimuovere dal web le foto e tutti i contenuti che ritraggono l’ex malato in quel periodo storico. Ciò non è da considerarsi una “damnatio memoriae” del male, quindi. Non è un tentativo di cancellare il vissuto di una persona, il suo dolore passato. Nessuna legge potrebbe farlo. Si tratta, piuttosto, di un riconoscimento al futuro positivo delle persone, certamente un segnale di ottimismo e di apertura alla vita. Una prospettiva che uno Stato che auspica l’eguaglianza e la prosperità delle persone dovrebbe imporsi.

E per una volta l’ha raggiunta.

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Andrea Pezzullo

Andrea Pezzullo

Redattore, autore e conduttore radiofonico. Lo sguardo ben puntato su ciò che succede oggi intorno a noi. Mi occupo di attualità, economia e lavoro. Aspirante pubblicista, scrivo per BuoneNotizie.it grazie al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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