Nel cuore delle dinamiche sociali si cela una realtà dolorosa e complessa: la violenza di genere. Un’ombra che si manifesta in svariate sfaccettature, dal più evidente abuso fisico a forme più insidiose di discriminazione. In questo contesto, esploriamo le diverse manifestazioni della violenza di genere e il ruolo cruciale che l’educazione alla consapevolezza di sé stessi e alle altre competenze dell’intelligenza emotiva, può svolgere nel suo superamento.

I diversi volti della violenza di genere

Le Nazioni Unite in occasione della Conferenza Mondiale sulla Violenza contro le Donne tenutasi a Vienna nel 1993, la definiscono come “ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà”.

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La violenza di genere è una grave violazione dei diritti umani, una violenza rivolta alle persone in base al proprio sesso, fondata appunto sul genere. Essa è un fenomeno sociale che affonda le sue radici nella cultura del patriarcato, alla base di una cultura maschilista si vengono a creare una serie di stereotipi che tendono a definire il ruolo della donna dal punto di vista sociale. Questo porta alla normalizzazione e all’accettazione di dinamiche discriminatorie che vengono interiorizzate e che diventano difficili da riconoscere.

Non sempre si incontra solo la violenza fisica, molto spesso essa si manifesta in diverse forme. Quali sono i vari tipi di violenza? L’Istat ha riportato alcuni indicatori di base:

  • Sessuale: ogni azione che impone pratiche sessuali indesiderate
  • Fisica: si esprime con tutti quei comportamenti che ledono l’integrità fisica
  • Psicologica: comprende atteggiamenti che indeboliscono la dignità della vittima
  • Economica: si ha quando viene ostacolata l’indipendenza economica
  • Stalking: si tratta di ricorrenti atti persecutori, minacce o molestie
  • Femminicidio: l’esito estremo della violenza che conduce all’uccisione della donna

Non si tratta quindi solo di problemi legati alla sicurezza fisica e psicologica, ma è una vera e propria discriminazione e violazione dei diritti fondamentali alla vita, alla libertà, alla sicurezza, alla dignità, all’integrità e all’uguaglianza tra i sessi.

Il ruolo chiave dell’educazione emotiva

Cosa si può fare per evitarla? Innanzitutto, bisogna andare a capire le sue radici culturali e le sue cause. Per questo l’educazione ha un ruolo chiave per prevenire la violenza di genere, per sensibilizzare e riconoscere le pari opportunità.

La scuola è il primo luogo in cui si struttura l’identità di genere e la personalità, per questo ha un doppio ruolo: luogo in cui possono essere riconosciute e portate alla luce situazioni violente in famiglia o nelle relazioni, ma anche istituzione che può cambiare la cultura che giustifica la violenza, che può combattere le disuguaglianze e le discriminazioni e che può promuovere lo sviluppo di relazioni fondate sul rispetto reciproco.

In particolare, è importante educare i ragazzi all’intelligenza emotiva, quella capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni in modi positivi, comunicare in modo efficace ed entrare in empatia con gli altri, riconoscendo e comprendendo anche le emozioni altrui. Imparando così a costruire relazioni più forti, connettersi con i propri sentimenti e sviluppare il controllo sulle proprie reazioni.

Nella nostra società, talvolta, si limita l’intelligenza emotiva al controllo delle emozioni, ignorandone la loro complessità. Educare a questa competenza implica insegnare ai bambini che nessuna emozione è sbagliata, ma ogni reazione emotiva trasmette un messaggio utile da interpretare. È essenziale promuovere un cambiamento di mentalità, perché solo attraverso un apprendimento completo delle emozioni sarà possibile svolgere appieno il ruolo educativo e preventivo.

 

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Eva Ricevuto

Eva Ricevuto

Laureata in Arti Tecnologiche e appassionata di cinema, femminismo e sostenibilità. Sono un'aspirante giornalista pubblicista e cinematografica. Collaboro con BuoneNotizie.it e partecipo al laboratorio di giornalismo per diventare giornalista pubblicista.

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